(26-7-2013) Lo psichiatra Vittorino Andreoli elogia la capacità di Papa Francesco di abitare la grande storia e di essere dentro la piccola storia nella quale ci muoviamo tutti noi. E osserva come bambini e anziani non abbiano voce. Contano solo le classi produttive che inseguono il denaro. Il Papa, invece, “ha in mente che nelle società antiche il rispetto per i vecchi c’era: i vecchi, nella Bibbia, sono i depositari della conoscenza e della saggezza”.
“Io ho cinque nipoti. I nonni sono una forza straordinaria per passare da una società di potenti a una società dei saggi”. Lo psichiatra Vittorino Andreoli parte dalla sua esperienza di “pluri-nonno” per commentare le parole pronunciate oggi dal Papa all’Angelus, durante il quale ha fatto gli auguri ai nonni, nella festa a loro dedicata. Lo abbiamo intervistato.
– I bambini e gli anziani costruiscono il futuro dei popoli; i bambini perché porteranno avanti la storia, gli anziani perché trasmettono l’esperienza e la saggezza della loro vita”: come legge questa affermazione del Papa?
“Quella usata oggi da Papa Francesco è un’espressione bellissima, che dimostra come questo Papa sia proprio dentro il quotidiano. Si può essere dentro la storia, dentro la grande storia, ma anche essere dentro la ‘piccola storia’, quella di tutti i giorni. E dentro questa ‘piccola storia’ c’è ciascuno di noi: in questa storia, non c’è dubbio che i vecchi e i bambini siano quelli più lasciati soli, i più abbandonati. Diciamo di amare i bambini, ma spesso siamo poco attenti ai loro bisogni. Ci dimentichiamo facilmente anche dei vecchi perché, come i bambini, non hanno voce per poter difendere il loro ruolo, il contributo che possono offrire alla società”.
– Incontrando i suoi connazionali argentini, Papa Francesco ha parlato di una sorta di “eutanasia culturale”…
“Il Papa mette un dito dentro un grande problema, un grande dramma: il 22% della società europea, e anche italiana, è formato da una popolazione che supera i 65 anni di età: sono persone ancora giovani nel senso del proprio fisico, visto che l’aspettativa di vita, negli ultimi decenni, è molto aumentata, ma che hanno perso il loro significato sociale. Ci sono tre morti alle quali andiamo incontro come persone: la prima è la morte fisica; la seconda è quella psicologica, della personalità, in cui il fisico c’è, ma muore l’io; la terza, infine, è la morte sociale, che si verifica quando perdiamo il nostro ruolo nella società. La nostra è una società attenta esclusivamente al mondo degli adulti: i giovani vengono abbandonati fin dall’infanzia e dall’adolescenza, i vecchi è come se non contassero più. Questo vuol dire che esistono delle morti anche per chi è vivo: il vecchio ha un fisico debole, ma è già morto, perché la società l’ha abbandonato. Il Papa, invece, ha in mente che nelle società antiche il rispetto per i vecchi c’era: i vecchi, nella Bibbia, sono i depositari della conoscenza e della saggezza”.
– Solitudine e abbandono sono, quindi, le parole-chiave?
“Bisogna distinguere la solitudine dall’abbandono: un conto è poter stare solo, ma avendo attorno qualcuno, un altro conto è essere abbandonato. Nella società digitale, tutti ‘cliccano’ per parlare, magari, con qualcuno che è all’altro capo del mondo, ma nessuno va a trovare un vecchio. Il Papa ha colto una verità sociale, e non l’ha fatto da sociologo, ma da uomo che sa capire la gente: ha colto che le persone da aiutare, in modo particolare, sono i bambini e gli anziani, che non hanno voce. È molto bello che Papa Francesco li metta insieme e lanci un appello a favore di entrambi”.
– Perché è così difficile oggi il dialogo tra le generazioni, caldamente auspicato dal Papa?
“In primo luogo, perché questa società sta cambiando con una rapidità incredibile: la tecnologia c’è sempre stata, ma questo è il primo tempo in cui ci sono non protesi fisiche, ma protesi mentali, e il mondo digitale non è che una protesi mentale. La nostra è una società che corre follemente: i ragazzi sono più abili di noi a usare le tecnologie, ed è la prima volta che si verifica questo sorpasso netto. Le persone anziane e i bambini, inoltre, sono gli unici per i quali il denaro non ha importanza, che sono disinteressati al denaro, perché non sono più – o non sono ancora – in grado di produrlo. Le generazioni produttive, al contrario, considerano il vecchio e il bambino inutili. Se sommiamo il 22% di popolazione anziana e il 15% di bambini, totalizziamo circa un 40% di popolazione distaccata dal denaro, contro il 60% di popolazione malata di denaro, o perché ne ha troppo, o perché ne ha troppo poco. Corriamo dietro al denaro, e ci dimentichiamo della vera ricchezza che sono i vecchi”.
M.Michela Nicolais
(Fonte: SIR)