Nel tempo favorevole della quaresima, la Congregazione per la dottrina della fede indirizza ai vescovi della Chiesa cattolica la lettera “Placuit Deo”. Lo spunto per il titolo è dato dalla benedizione iniziale della lettera agli Efesini in cui S. Paolo benedice Dio perché ha rivelato in Cristo il mistero della Sua volontà (cf. Ef 1,9).
“Placuit Deo” è una lettera propositiva che intende diffondere i principali lineamenti per la salvezza dell’uomo contemporaneo: una salvezza che non riguarda soltanto l’anima, ma la persona umana nella sua integrità. Per questo la salvezza proposta in “Placuit Deo” è, nello stesso tempo, salute e sanità. Le parole d’accesso alla lettera sono vangelo, grazia, corpo e progetto. In “Placuit Deo” il vangelo è inteso non come semplice libro, ma come dono di salvezza realizzato da Dio in Cristo. E poiché la salvezza s’identifica con Gesù Cristo, la grazia è il suo vettore dominante. Destinatario del vangelo della salvezza è il corpo, approfondito nella lettera secondo tre accezioni: il corpo di Gesù di Nazaret, della Chiesa suo corpo nel tempo e dell’eucaristia, il sacramento della salvezza.
Il mistero o il progetto di Dio rivelato in Cristo orienta la salvezza verso il suo compimento finale, in occasione dell’incontro con il Risorto.
Il mondo contemporaneo è attraversato da quelle che “Placuit Deo” denomina neo-pelagianesimo e neo-gnosticismo: due termini poco comprensibili ai più, ma che alludono a due eresie antiche nella denominazione, ma sempre nuove nelle forme. Neo-pelagiana è una salvezza autogestita o dominata dal self-service, arbitraria perché del tutto soggettiva e artificiale giacché è costruita come se Dio non fosse. Sull’altro piatto della bilancia, neo-gnostica è una salvezza soltanto interiore che non abbisogna di relazioni umane e con Dio, precostituita perché determinata dal destino e senza speranza o incapace di tendere verso la soglia dell’oltre. Le tendenze appena evocate esprimono comunque l’esigenza innata di una salvezza integrale. Si pensi alle nuove forme di sincretismo religioso, di superstizione e ai nuovi culti misterici che pullulano in ogni continente.
Nell’ottica non difensiva, né conservativa, bensì propositiva “Placuit Deo” proclama il vangelo della salvezza, mediato dalla Sacra Scrittura. Una fitta rete di citazioni bibliche attraversa “Placuit Deo”, dove risaltano la salvezza realizzata da Dio in Gesù e l’annuncio che Paolo ha diffuso per le città più importanti dell’impero su Gesù Cristo il salvatore. A Gesù che ha realizzato la salvezza nei miracoli e la predicazione del regno, segue Paolo per il quale la fede in Cristo è condizione imprescindibile per essere salvati. Resta sempre vero che la fede viene dall’ascolto e questo dalla Parola di Cristo, come sostiene con incisività la Lettera ai Romani.
“Placuit Deo” dischiude tre orizzonti per l’uomo contemporaneo: la Parola di Dio, la corporeità nella sua integrità e la relazione.
Non è fortuito che la lettera sia stata inviata all’indomani del centenario della Riforma luterana e ben precisa: “Gesù è illuminatore e rivelatore, redentore e liberatore, Colui che divinizza l’uomo e lo giustifica” (nr. 9). Il dialogo fra le confessioni cristiane sulla giustificazione, in quanto salvezza e divinizzazione si fa sempre più necessario e proficuo, soprattutto di fronte a espressioni imperanti di secolarismo salvifico. La corporeità è il destinatario della salvezza e a proposito della Chiesa, corpo di Cristo, “Placuit Deo” afferma con permanente verità che “in essa tocchiamo la carne di Gesù, in modo singolare nei fratelli più poveri e sofferenti” (nr. 12). Evangelizzare i poveri non è una scelta di moda, ma appartiene alla missione di Gesù e della Chiesa. In sintonia con il magistero di Papa Francesco, “Placuit Deo” pone al centro della Chiesa, corpo di Cristo, i poveri non per escludere i ricchi, ma perché scegliendo gli ultimi si raggiungono i primi.
Poiché “Placuit Deo” è rivolta ai vescovi della Chiesa cattolica, assume un linguaggio teologico che richiede di essere mediato; ed è mediato dalla Sacra Scrittura. Non a caso uno dei testi più citati della Scrittura in “Placuit Deo” è la Lettera ai Romani che identifica nella salvezza il cuore dell’evangelo. Ogniqualvolta la Chiesa si trova di fronte agli interrogativi su come, quando e quale uomo si salvi rilegge la Lettera ai Romani: questo vale anche per l’uomo del nostro tempo che non s’avvede quanto la salute senza salvezza si trasforma in inutile salutismo. L’annuncio pasquale del Risorto libera qualsiasi istanza di salvezza dalle risacche dell’intimismo e dell’autogestione per orientarla verso la partecipazione della morte e risurrezione di Cristo.
Antonio Pitta