Dopo l’intervista, fatta qualche giorno fa, al prof. Francesco Domanti (fiduciario) e alla prof.ssa Lucia Scuto (referente del progetto) entrambi docenti all’istituto scientifico-linguistico “Michele Amari” di Linguaglossa, è il turno della dott.ssa Rosita Salanitri, pedagogista dello sportello ascolto.
Quali le motivazioni pedagogiche di tale progetto?
“Viviamo, purtroppo, in una società dai ritmi sempre più incalzanti, che lascia poco spazio per coltivare se stessi e quanto vi sia di più importante, inducendo anche all’alienazione dalla realtà. Da ciò scaturisce in maniera sempre più evidente la mole inesauribile di oltraggi che si è costretti a subire, individualmente e socialmente”.
Cosa intende, nello specifico, per “oltraggi”?
“Si pensi ai danni sociali, cognitivi, dettati anche dall’errata ed eccessiva provocazione multimediale a cui i giovani sono sottoposti, spesso motivo di atteggiamenti scolastici inadeguati e percorsi tormentati”.
Lo sportello si pone quale intervento mirato?
“Decisamente sì. Intanto è un intervento integrato, momento progettuale in risposta alle varie difficoltà adolescenziali. Perché si parte dall’idea che la relazione sia l’asse portante su cui basare ogni pratica educativa. Si cerca di sopperire alla carenza di luoghi e momenti idonei riservati allo scambio comunicazionale; all’insufficiente conoscenza delle iniziative presenti sul territorio; di mediare-facilitare la risoluzione di problematiche individuali, sociali e prevenire le varie forme di disagio”.
Cos’è lo sportello ascolto?
“Mi piace definirlo “spazio”. Proprio così, perché si dedica ai ragazzi un tempo di ascolto e cura. Si tende loro una mano, per scortarli nella loro esplorazione della vita. Un pilastro in età di sviluppo. Non bisogna, però, cadere nell’errore e considerare l’ascolto come qualcosa di passivo, tutt’altro!”
Quale metodologia viene utilizzata?
“L’approccio è quello di una pedagogia interculturale, che tiene in considerazione la complessità interattiva dei fattori personali (cognitivi, sociali, educativi). L’attività di ascolto è rivolta agli alunni seguendo il metodo del colloquio, così da stimolare l’auto-osservazione. Si accoglie la richiesta del ragazzo in un’ottica che nulla condivide con il “giudizio”, lo si segue all’analisi del problema e alla comprensione del vissuto. L’ascolto attivo, il confronto, l’andare incontro all’altro, sono aspetti fondamentali per un contatto efficace e attendibile dell’azione in sfera educativa”.
Cosa fa affiorare questa tecnica?
“Favorisce la consapevolezza di sé, quindi dei propri bisogni, facendo emergere le potenzialità presenti, così da attivarle e creare equilibri. Perché è in quel dato momento, che noi accogliamo la persona e mettiamo a sua disposizione uno spazio, che in gergo definiamo “setting” e del tempo da donare a sé, dove sentirsi liberi di esprimere idee, emozioni”.
Questo servizio quale supporto “attivo” alle difficoltà?
“Le problematiche riguardanti la vita scolastica e personale dell’individuo, se opportunamente e tempestivamente fronteggiate, possono tutelarne l’equilibrio. Lo si consideri come un “andare insieme” molto paziente che, se ben fatto, condurrà ad un miglioramento emotivo e razionale, così da approdare all’individuazione del problema e ad una maggiore consapevolezza, in modo tale da trovare una tecnica o ancor più, una soluzione”.
Come si estrinseca il servizio, quali le modalità?
“I ragazzi scrivono le loro generalità in un bigliettino, che imbucano in un’apposita cassettina, a garanzia di riservatezza, dopo di che, individualmente, si presenteranno. Di solito l’incontro non supera mai i 45 minuti. Sono previsti quattro incontri mensili”.
Come hanno reagito i ragazzi a questa iniziativa?
“Devo dire che nella prima fase erano un po’ titubanti, ma in seguito il numero è divenuto un continuo crescendo. E vorrei precisare che, venuti a conoscenza di questo progetto, i ragazzi stessi si sono cimentati nel sistemare lo spazio a loro riservato”.
Le finalità dello “spazio”?
“Dovrebbe essere un’occasione per i ragazzi di sentirsi ascoltati, accolti, accettati. Un sostegno alla crescita, attraverso la mediazione, orientamento, informazione; non si propongono soluzioni, si mette il ragazzo in condizione di trovarle da sé, così da responsabilizzarlo. Un gestire e risolvere i problemi/conflitti attraverso la condivisione e lettura delle proprie emozioni”.
Maria Pia Risa