(24-7-2013) Qui “è avvenuto un fatto bellissimo”, ha detto Papa Francesco. I pastori si sentivano “incoraggiati, accompagnati e, in certo senso, ispirati” dai pellegrini che venivano ogni giorno ad affidare la loro vita alla Madonna. Non erano due Chiese, la docente e la discente separate, magistero e discepolato considerati come settori a parte, l’uno attivo e l’altro passivo nel formulare la dottrina e nell’attuazione pratica, ma una bellissima armonia, quasi un prodigio avvenuto nella casa della Madre.
La Giornata della gioventù, nella sua specifica dimensione religiosa e spirituale, per Papa Francesco è iniziata nel Santuario di Aparecida e da lì ha preso avvio. Non è una scelta occasionale, né un gesto di compiacimento, una “captatio benevolentiae” verso un popolo devoto della Madonna. Papa Francesco non ha bisogno di ciò, come dimostrano le manifestazioni di simpatia nei suoi confronti da parte della gente. La scelta dell’Aparecida l’ha spiegata lui stesso in maniera esplicita in due passaggi dell’omelia, con il suo stile essenziale e scarno che va diritto al segno.
Bergoglio si è rivolto all’assemblea liturgica confidando di essere pieno di gioia: “La gioia di venire alla casa della Madre”. Lo ha detto con il tono di chi esprime un bisogno del cuore, come per confidare agli amici un intimo segreto e subito dopo racconta un’esperienza personale, “un fatto bellissimo”, di notevole importanza, che ricorda con grande gioia e vuol comunicare a tutti. Questa prima parte dell’omelia getta una luce nuova sul pensiero di Papa Francesco e assume il ruolo di chiave interpretativa della sua azione pastorale. Si riferisce alla V Conferenza generale dell’episcopato dell’America Latina e dei Caraibi (2007) che si è tenuta in questo santuario dove, appunto, “è avvenuto un fatto bellissimo”. Qual è questo fatto bellissimo? Lo dice in termini precisi, nella forma di una sintesi teologica ed ecclesiologica di grande impatto per la storia della Chiesa: qui si è vista realizzata l’unità profonda tra la fede del popolo e il magistero dei vescovi.
Nel lavoro di riflessione e di presa di coscienza dei gravi problemi riguardanti la Chiesa latino-americana i pastori si sentivano “incoraggiati, accompagnati e, in certo senso, ispirati” dalle migliaia di pellegrini che venivano ogni giorno ad affidare la loro vita alla Madonna. Non erano due Chiese, la docente e la discente separate, magistero e discepolato considerati come settori a parte, l’uno attivo e l’altro passivo nel formulare la dottrina e nell’attuazione pratica, ma una bellissima armonia, quasi un prodigio avvenuto nella casa della Madre. Quell’esperienza che Bergoglio ha vissuto e che gli è rimasta nel cuore, ora la pone al centro dell’attenzione della Chiesa universale. Sembra che egli voglia suggerire e proporre un modello, un movimento, una corrente del modo di agire del magistero pastorale che si ponga in ascolto dei sentimenti che si sprigionano dalla pietà popolare, le ragioni del cuore, le esigenze di mondi pieni di sofferenza e povertà, sete di santità e di vita.
Papa Francesco ha detto che il documento di Aparecida (vale la pena di andarlo a rileggere) sia frutto di “un intreccio fra i lavori dei pastori e la fede semplice dei pellegrini”. Questo discorso punta a favorire l’unità profonda della Chiesa, Corpo di Cristo e Popolo di Dio, in cui tutti i membri hanno pari dignità e spazio, pur nel rispetto dei compiti e carismi diversi suscitati dallo Spirito per l’unità di tutti in Cristo. Questa parte dell’omelia rivaluta sul piano ecclesiale la fede semplice dei pellegrini, che non può essere guardata con sospetto come forma di superstizione e ignoranza, ma considerata come un luogo teologico, dal momento che è ritenuta capace di “incoraggiare, accompagnare e, in certo modo, ispirare” l’azione pastorale dei vescovi. Dall’altra parte, il discorso richiama i pastori al realismo e alla concretezza, a tenere conto della preghiera e del grido dei poveri che sale verso la Madre. I pellegrini vengono qui a chiedere protezione sostegno consolazione, ad “affidare la loro vita alla Madonna”.
Senza voler forzare i discorsi si potrebbe dire che, dal santuario di Aparecida, viene un invito alla speranza e alla gioia, e ciò è più che normale, ma viene anche l’invito a un cambiamento nel pensare e programmare la vita ecclesiale e l’azione pastorale. La semplicità e la povertà di mezzi e di stile di comportamenti – sembra dire il Papa – devono essere assunte anche nel modo di fare i documenti ecclesiastici e, in generale, nel proporre il magistero ecclesiastico a tutti i livelli.
Il riferimento all’Aparecida è contenuto anche per spiegare il secondo dei tre atteggiamenti da lui consigliato, quello di “lasciarsi sorprendere”, che fa seguito al “mantenere la speranza”. Il Papa ha voluto raccontare la storia del Santuario: “Tre pescatori, dopo una giornata di pesca andata a vuoto, inaspettatamente nelle acque del Rio Paraiba, trovano qualcosa di inaspettato: un’immagine di Nostra Signora della Concezione. Chi avrebbe immaginato – si domanda il Papa – che il luogo di una pesca infruttuosa sarebbe diventato il luogo in cui tutti i brasiliani possono sentirsi figli di una stessa Madre?”. E noi ci domandiamo: chi si sarebbe aspettato un discorso simile alla Giornata mondiale della gioventù?
Elio Bromuri
(Fonte: SIR)