Fermo immagine: una finestra alla quale tutti guardano e dalla quale, dopo domenica 24 febbraio, non si affaccerà più Benedetto XVI. Il piano sequenza è lungo, lunghissimo. I minuti passano e la mente corre alle parole pronunciate dal cardinale Joseph Ratzinger, l’8 aprile 2005, durante la Messa esequiale di Giovanni Paolo II: “Per tutti noi rimane indimenticabile come in questa ultima domenica di Pasqua della sua vita, il Santo Padre, segnato dalla sofferenza, si è affacciato ancora una volta alla finestra del Palazzo Apostolico ed un’ultima volta ha dato la benedizione ‘Urbi et orbi’. Possiamo essere sicuri che il nostro amato Papa sta adesso alla finestra della casa del Padre, ci vede e ci benedice. Sì, ci benedica, Santo Padre”. L’inquadratura, a poco a poco, si allarga e dalla finestra emergono parole, gesti, emozioni e lo stupore per questi otto anni, già trascorsi. Vincenzo Corrado, per il Sir, ha chiesto al regista, attore e sceneggiatore, Alessandro D’Alatri, di sintetizzare e ripercorrere, con la sua sensibilità artistica, alcuni momenti di questo pontificato.
– Qual è stata la sua reazione alle parole “così umane”, con cui il Papa ha annunciato la rinuncia a vescovo di Roma?
“Onestamente ci sono rimasto male. È stato uno di quei gesti forti, destinati a restare incisi nei libri di storia come una data importante. Dapprima ho provato un forte senso di ‘pietas’ nei confronti della debolezza umana dal punto di vista fisico. Poi è maturato in me anche un sentimento di ‘pietas’ nei confronti di una debolezza dell’anima… E forse è stato il più doloroso”.
– Qual è il messaggio che giunge da questo gesto? Qualcuno parla di profezia di Nanni Moretti, pensando al film “Habemus Papam”…
“Al di là delle profezie (da Nostradamus a Malachia, a Moretti) l’ho percepito come un segno di debolezza della Chiesa contemporanea. Come se la modernità stesse davvero minacciando le basi del cattolicesimo”.
– Ci aiuta a ripercorrere con alcune immagini, come fossero sequenze di un film, questi otto anni di Pontificato?
“Sono immagini relative a un Papa che ha proiettato una forte immagine di ‘riservatezza’. Abituati al lungo papato di Giovanni Paolo II, che si è dato con grande slancio altruistico, Benedetto XVI è stato un Papa con meno ‘visibilità’. E dopotutto era prevedibile, vista la sua natura fortemente teologica. Un po’ come la figura di un altro grande Papa, Paolo VI, filosofo e pensatore, che poco è apparso e molto ha dato”.
– Una cifra sintetica per leggere questi anni è il rapporto fede-ragione, più volte sottolineato dal Papa. Anche agli artisti, ai quali così si rivolgeva nel 2009: “Non abbiate paura di confrontarvi con la sorgente prima e ultima della bellezza, di dialogare con i credenti, con chi, come voi, si sente pellegrino nel mondo e nella storia verso la Bellezza infinita! La fede non toglie nulla al vostro genio, alla vostra arte…”.
“È stato forse questo uno dei passaggi più incisivi, oltre a quello sulla condanna delle varie guerre accese per il mondo. Ho come l’impressione che ancora avrebbe potuto dare in questa direzione e che gli eventi più recenti lo abbiano distratto dalla sua vera vocazione teologica”.
– Come sintetizzare e descrivere il rapporto dei media con Benedetto XVI? Pensiamo ai viaggi, alle Gmg, ma anche ai tanti gesti compiuti in questi anni…
“Direi che Benedetto XVI è stato un Papa poco mediatico, nonostante il suo forte impegno su vari fronti. Un’immagine che, nonostante i suoi sforzi, i media hanno adombrato con i recenti fatti di cronaca (diatribe interne e fuga di documenti) indebolendo la figura e l’azione del suo papato”.
– Nel celebrare i funerali di Giovanni Paolo II, il cardinale Ratzinger usava l’immagine della finestra del Palazzo Apostolico. Cosa dice oggi a noi quella finestra?
“Purtroppo, e non solo metaforicamente, oggi quella finestra è vuota. Un segno che i credenti, ma non solo, fanno fatica a comprendere. Siamo tutti attoniti, scioccati, come se uno tsunami fosse appena passato…”.
– Un’ultima domanda: Benedetto XVI, padre conciliare, rinuncia al ministero proprio nell’anno del 50° del Concilio ecumenico Vaticano II, a cui ha dedicato l’ultimo incontro con i sacerdoti della diocesi di Roma. Verrebbe da dire: se fosse un film, non ci sarebbe finale migliore…
“Già. Direi però che più che a un finale sembra dar vita anche a un grande inizio…”.