Sulle dimissioni di Papa Benedetto XVI, abbiamo sentito l’opinione di alcuni rappresentanti della nostra Chiesa locale, tra cui quella del presidente diocesano dell’Azione Cattolica, dott. Ninni Salerno.
La notizia è risuonata nel cuore e nella mente di tutti, sorprendendoci, cogliendo la portata storica per il cammino della Chiesa, sapendo che la decisione di Papa Benedetto è sorta dal suo profondo amore e dalla sua fedeltà a Dio e alla Chiesa.Si possono fare tutte le dietrologie di sorta, perché sembra impossibile che qualcuno rinunci a una “poltrona” perché ritiene di non essere più adeguato a svolgere bene il proprio compito. Non per risparmiare se stesso, quanto per non far mancare nulla al popolo che gli è stato affidato. Perché i leader del mondo siamo abituati a vederli “mascherati” di false giovinezze e a sentirli sbrodolare menzogne, quando si tratta di riconoscere i propri limiti e la propria inadeguatezza.
Io, sostanzialmente, penso alla fedeltà a Dio e alla Chiesa.
Il suo gesto mi ha fatto venire subito in mente il messaggio essenziale del Concilio Vaticano II: «Chiesa come comunione», «Chiesa come popolo di Dio», «Chiesa come mistero».
Un Concilio che lo stesso Benedetto XVI nel discorso alla Curia Romana del 2005, lo definiva come di una “ermeneutica della discontinuità e della rottura”, da un lato, e di una “ermeneutica della riforma”, dall’altro, smontando la “schematizzazione di un prima e un dopo Concilio”, esponendo invece “la tesi per cui con il Vaticano II non nasce una nuova figura di cattolicesimo ma piuttosto un rinnovamento”.
Ma il Concilio ha sottolineato un altro aspetto ancor più fondamentale ed essenziale: il ricentramento della fede cristiana sul Dio Padre di Gesù, sulla sua Parola e sulla sua presenza nella storia vissuta dagli uomini.
E cosa ha fatto il Papa: mi è sembrato che compisse l’atto più bello per un pastore che ha a cuore il bene delle pecore: cari fratelli, non ho più le gambe agili per stare dietro a tutti, la vista si fa opaca e non riesco a scorgere i pericoli a tempo debito, la stanchezza mi impedisce di rimanere a vegliare su di voi per tutta la notte; e allora vi affido al Pastore Buono, perché trovi uno più adeguato.
Il Papa che a volte, anche a me, è sembrato un po’ conservatore, ci ha stupiti tutti con un gesto profetico e rivoluzionario: ci ha ricordato che il mondo lo ha già salvato Gesù Cristo. Per cui non dobbiamo salvarlo noi, di nuovo. Che tutti siamo solo poveri operai nella vigna del Signore e non i padroni della Terra. Che non dobbiamo temere la debolezza e il limite, ma l’ostentazione e la superbia, piuttosto.
Mi sembra che Papa Benedetto con il suo comportamento sia riuscito in pienezza a vivere lo spirito del Concilio, ma principalmente a darci una grandissima esperienza di fede.
E’ chiaro che si aprono davanti a noi giorni intensi da vivere con prudenza e senza timore. Che in ciascuno di noi si ravvivi la grazia di credere e di porre nelle mani del Signore la vita della Chiesa, con la certezza di sapere che è Lui – ieri oggi e sempre – che guida la barca di Pietro.
Mi permetto, allora, di ricordare le stesse parole utilizzate da Papa Benedetto lunedì 11 febbraio:
“Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice.”
Ninni Salerno