Nel cuore di Acireale, tra barocco e tradizioni popolari, si è celebrata la tre giorni, dal 20 al 22 settembre, dedicata ad arte, cultura del ferro battuto e folklore, intitolata “La Via del Barocco”. L’attività, dal vivace respiro europeo ha avuto, come attori principali, il Comune di Acireale, la compagine amministrativa locale e l’associazione “Città Domani”. Inoltre, si menzionano le partecipazioni di Nellina Ardizzone, presidente del Club Unesco di Acireale e di Peppino Vecchio, direttore del giornale “La Voce dell’Jonio”. Per l’evenienza, via Dafnica, piazza Pasini, via Mons. Salvatore Bella e piazza Marconi sono divenute protagoniste dell’evento acese, unitamente ad artisti ed artigiani del ferro battuto. In particolare tra le attività del palinsesto, si ricorda l’iniziativa “L’anello del ferro”, curata dal maestro Pippo Contarino, a cui hanno aderito eminenti maestri forgiatori di richiamo europeo.
Incontro-studio sulla “Storia del Teatro dell’Opera dei Pupi”
In questo clima celebrativo, è confluito altresì lo svolgimento di un convegno, dai tratti unici, per discorrere di spettacolo ed arte relazionati ai pupi siciliani. L’incontro-studio è intitolata “La Storia del Teatro dell’Opera dei Pupi”.
Si rende noto che l’opera dei pupi è invero un’attrazione figlia dell’originalità di provetti maestri pupari e vanta natali siciliani.
Così, per lodare quest’arte “endemica” ottocentesca, la chiesa del Collegio Santa Venera di Acireale, il 20 settembre, è divenuta proscenio per dialogare sull’opera dei pupi. In più, nel corso dell’evento divulgativo, si è inaugurata la mostra “Come nasce un pupo”. Siffatto momento espositivo proviene, a sua volta, dalla Galleria Principe di Napoli.
La tematica sull’opera dei pupi è stata esaurientemente dibattuta dalla prof.ssa Nellina Ardizzone, presidente del Club Unesco di Acireale. Al tavolo dei relatori era presente anche il maestro puparo Salvatore Pulvirenti unitamente a Emanuele Giardina, nipote del grande maestro puparo Emanuele Macrì.
Storie di Maestri pupari
Il maestro Puparo acese Salvatore Pulvirenti, allievo di Emanuele Macrì, nella sua bottega dal sapore d’altri tempi, continua a dare forma all’arte della costruzione di Pupi. Egli è un grande esperto nella lavorazione dei metalli e delle teste. Per perfezionarsi, tra le altre cose, si è trasferito a Milano. Qui è stato allievo del maestro ramaio Angelo Cardello, da cui ha appreso la tecnica che gli consente di realizzare l’elmo del Pupo come pezzo unico.
Riguardo ad Emanuele Macrì, storico puparo acese, il nipote Giardina ha elogiato il modo con cui viene preservata la memoria non solum del suo predecessore, sed etiam di un’arte antica con la creazione di un’area museale ad hoc, sita nell’acese via Alessi. Dell’opera dei pupi Macrì è, in continuum, anima e animatore. L’Opera dei Pupi di Acireale ha raggiunto persino nomea internazionale. Così, il teatro dei pupi che, nell’oggi, indossa finanche vesti museali coopera a quel valore aggiunto utile per la città. Esso diviene anche elemento culturale prestigioso e funzionale per implementare l’offerta turistica dei circuiti storici siciliani.
La prof.ssa Ardizzone traccia una panoramica storica dell’Opera dei pupi
La prof.ssa Nellina Ardizzone, nella sua prolusione, inserisce note storiche per configurare il tenore valoriale dell’opera dei pupi. Nella sua panoramica, riferisce che, nel momento del debutto storico, l’opera dei pupi ebbe il suo primo teatro ad Acireale in via Tono, nel 1887. In quel tempo, era puparo Don Mariano Pennisi.
A seguire, nell’anno 1928, il teatro venne spostato nell’odierna sede di via Alessi. Nell’isola – riferisce Nellina Ardizzone – spiccavano per operosità la scuola palermitana e quella catanese. In tutto ciò, Don Mariano, oriundo acese, si distinse per il suo stile innovativo. Egli introdusse nuove tecniche di manovra dei pupi, soluzioni sceniche che consentivano alle marionette di differenti dimensioni di muoversi anche longitudinalmente.
Alla sua scomparsa, avvenuta nel 1934, Emanuele Macrì, figlio adottivo, ne acquisì l’eredità esportandola in tutto il mondo, riscuotendo ovunque ovazioni. Macrì era un vero factotum! Infatti costruiva da sé le armature, si occupava perfino della stesura dei testi. In più, grazie ad un peculiare studio inerente al carattere dei personaggi, elaborò una “rinnovata concezione recitativa”. Secondo la tradizione, si inscenavano varianti della “Chansons de geste” dell’epoca di Carlo Magno e dei suoi paladini. O ancora, si rappresentano temi religiosi e di santi e briganti.
Il Teatro dell’Opera dei Pupi di Acireale nell’orbita della Soprintendenza ai Beni Culturali di Catania
Il presidente del Club Unesco di Acireale Ardizzone rammenta ancora che, nel 1983, la Soprintendenza ai BB.CC e AA. di Catania ammise il Teatro dei Pupi sito in via Alessi, tra i beni di interesse culturale. Secondo tale esito, il teatro acese si configurava come esempio di Teatro Stabile correlato alla memoria dei pupi siciliani. Anche la Regione Siciliana ne riconobbe il valore e, dopo l’acquisto e il restauro, lo restituì ad Acireale con nuove vesti. Così, in questa culla di tradizioni e barocco, si enumera un ulteriore bene da ammirare, quale spazio culturale di rinnovato interesse regionale. Adesso, in via Alessi, oltre al teatro in sé, è possibile visitare una mostra permanente, la “Raccolta Teatro Pennisi – Macrì” di Acireale, quale compendio di pupi e attrezzature teatrali siciliane.
Peculiarità stilistiche del Teatro dei Pupi acese
Il tramandato teatro acese dei pupi si differenzia da altre scuole per alcune variazioni stilistiche. Si riscontra, ad esempio, un sistema di manovra secondo cui i pupi vengono mossi da un ponte più alto del boccascena posto dinnanzi al fondale. In tal contesto, i pupi presentano dimensioni più ridotte e i ferri di manovra – principale e del braccio destro – sono molto lunghi, con un uncino all’estremità superiore. Ivi, la figura del parlatore/trice presta la voce sia ai personaggi maschili che femminili.
L’Opera dei Pupi nell’Heritage list dei beni immateriali dell’Unesco
In chiosa, Nellina Ardizzone indirizza la sua eloquenza verso l’importanza di quest’arte che, nell’immanente, gode di tutela ed entra di diritto nell’Heritage list dei beni immateriali dell’Unesco.
In particolare, ella precisa che l’opera dei pupi, candidata a Capolavoro Unesco già nel 2001 – supportata da un’associazione dedita alla conservazione delle arti popolari – sortisce il riconoscimento nel 2008. Così, l’opera dei pupi viene iscritta nella “Lista del patrimonio culturale immateriale dell’Umanità” stante la ratifica, da parte dell’Italia, della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale dell’Umanità, (32° conferenza generale Unesco, Parigi 2003). La sopravvenuta attenzione dell’Unesco avvalora la rilevanza dell’arte dei pupari e dei pupi siciliani, un’arte a rischio d’estinzione. Nel qui ed ora, si formula l’auspicio di “mettere in agenda di enti istituzionali, accademici e scolastici” programmi e progetti attenti alla salvaguardia dell’enunciato patrimonio universale. L’opera dei pupi rievoca a sé un connubio di saperi, artigianato, arte, letteratura epica e ingegno teatrale.
La Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale dell’Umanità
Tenendo fede all’art. 2 della summenzionata Convezione Unesco, si possano esperire logiche d’ausilio a questa forma d’arte endemica e globale. L’opera dei pupi simboleggia, per l’appunto, “un patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un senso d’identità e di continuità, promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana”. In più, l’arte di pupari e pupi siciliani segue “cognizioni e prassi inerenti alla natura e all’universo”.
Si schiuda adesso il sipario per reinterpretare, nella coeva ribalta, la preziosa arte dell’opera dei pupi, un “teatro senza tempo”!
Luisa Trovato