Una maggiore sobrietà nello stile di vita. Ma la sobrietà che il Vangelo di Marco ci propone, in questa seconda domenica di Avvento, va ben oltre il cambiamento di stile di vita e ci parla di conversione. È vero, l’evangelista ci presenta lo stile sobrio di Giovanni Battista e ne descrive personalità e missione a partire dall’aspetto esterno del precursore di Cristo: “Una figura molto ascetica: vestito di pelle di cammello, si nutre di cavallette e miele selvatico, che trova nel deserto della Giudea. Gesù stesso, una volta, lo contrappose a coloro che stanno nei palazzi dei re e che vestono con abiti di lusso”.
Difficile da imitare nella sua ascesi Giovanni Battista. Ma è evidente che il suo esempio è richiamo per tutti i cristiani “a scegliere la sobrietà – afferma il Papa all’Angelus – come stile di vita, specialmente in preparazione alla festa del Natale, in cui il Signore – come direbbe san Paolo – da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà”.
Il deserto, il luogo del silenzio, in cui si scontrano assenza e presenza, aridità e fecondità. E la parola di Giovanni Battista risuona proprio in questo luogo arido, “voce di uno che grida nel deserto”. E cos’è il deserto se non anche il cuore dell’uomo dove la parola spesso non trova ascolto, soffocata da paure, inquietudini, smarrimenti e falsi messaggi; ma come nel deserto, quando arriva l’acqua tutto rifiorisce, così nel cuore dell’uomo che accoglie l’appello alla conversione. Avvento, tempo di attenzione, di attesa; esortazione a non dormire ma “a preparare con determinazione la strada del Signore, fonte di pace e di gioia, di amore e di speranza, che viene senza sosta a consolare il suo popolo”. Messaggio di speranza in un mondo segnato dall’incertezza e dalla violenza. Invito, nella solidarietà, a farsi carico dei rifugiati, di quanti “spesso forzatamente, debbono lasciare il proprio Paese, o sono privi di nazionalità”. Ed è in questo tempo di Avvento che la parola del Signore viene a svegliare dal torpore dell’abitudine, dell’ovvietà, della sicurezza e ci pone di fronte alla sola verità che non tradisce. Ecco l’appello straordinario della missione di Giovanni, appello alla conversione. Commenta papa Benedetto: “Il suo battesimo è legato a un ardente invito a un nuovo modo di pensare e di agire, è legato soprattutto all’annuncio del giudizio di Dio e della imminente comparsa del Messia, definito come ‘colui che è più forte di me’ e che ‘battezzerà in Spirito Santo’”.
L’appello di san Giovanni va “oltre e più in profondità rispetto alla sobrietà dello stile di vita: chiama a un cambiamento interiore, a partire dal riconoscimento e dalla confessione del proprio peccato”. Mentre ci prepariamo al Natale, afferma ancora il Papa all’Angelus, “è importante che rientriamo in noi stessi e facciamo una verifica sincera sulla nostra vita. Lasciamoci illuminare da un raggio della luce che proviene da Betlemme, la luce di colui che è ‘il più grande’ e si è fatto piccolo, ‘il più forte’ e si è fatto debole”.
La voce che grida nel deserto è soprattutto invito a farsi attenti ai desideri più profondi della nostra esistenza, ai segni dei tempi, a ciò che accade quotidianamente attorno a noi e che, a volte, nella nostra disattenzione cogliamo solo in minima parte. L’appello di Giovanni Battista ci chiama proprio ad essere attenti, pronti; a non lasciarsi sfuggire la grande occasione perché i nostri occhi e il nostro cuore sono distratti da altro: facciamo festa ma non ricordiamo il nome del festeggiato.
Abituati come siamo ai rumori, alla folla, al traffico, il silenzio e il deserto ci sembrano estranei, lontani dal nostro mondo. Eppure, proprio quando l’uomo raggiunge la sobrietà è capace di dare ascolto, cogliere, con le parole di Isaia, la voce che grida di preparare “la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio”. Marco, ricorda Benedetto XVI, “inserisce anche una citazione di un altro profeta, Malachia, che dice: ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via”. Questi richiami all’Antico Testamento, commenta il Papa, “parlano dell’intervento salvifico di Dio, che esce dalla sua imperscrutabilità per giudicare e salvare; a lui bisogna aprire la porta, preparare la strada”. Il tempo di Avvento è proprio tempo che prepara l’incontro, attesa non sterile, fatta di abitudini e stanchezze, ma acqua che fa fiorire il deserto.
Fabio Zavattaro