(28-8-2013) Da Damasco, il patriarca greco-cattolico di rito melchita, Gregorios III, lancia la sua invocazione di pace: “Fermate le armi”. E chiede: “Le potenze occidentali e i loro alleati perché non pensano a Ginevra 2, ai colloqui di pace invece di finanziare la guerra?”
“Fermate le armi, per carità di Dio! Usa, Gran Bretagna, Francia e loro alleati, ascoltate le parole di Papa Francesco. Fermate le armi! Non uccidete il dialogo!”: è l’accorato appello di Gregorios III, il patriarca greco-cattolico di rito melchita, la cui sede è Damasco, davanti al conto alla rovescia per l’attacco alla Siria. Tre giorni di raid aerei su siti strategici per punire il presidente Assad dell’utilizzo di armi chimiche. A fianco degli Usa si sono mosse Francia e Gran Bretagna, con l’Italia che invece chiede un via libera delle Nazioni Unite. L’offensiva dovrebbe vedere protagonisti anche i Paesi del Golfo e la Turchia. Dall’altra parte dello schieramento Russia e Iran ammoniscono sull’uso della forza evidenziando alti rischi per la stabilità della zona. Ancora domenica, all’Angelus, Papa Francesco aveva lanciato un forte appello per la Siria: “L’aumento della violenza in una guerra tra fratelli, con il moltiplicarsi di stragi e atti atroci, che tutti abbiamo potuto vedere anche nelle terribili immagini di questi giorni, mi spinge ancora una volta a levare alta la voce perché si fermi il rumore delle armi. Non è lo scontro che offre prospettive di speranza per risolvere i problemi, ma è la capacità di incontro e di dialogo”.
Patriarca, un appello che la Comunità internazionale ha intenzione di disattendere lasciando spazio alle armi…
“Le parole del Papa sono profetiche, sapienti e sagge: chiama a far tacere le armi, e far parlare il dialogo. Le armi non sono la soluzione ai problemi della Siria. Mi chiedo: chi ha portato la Siria nel baratro? Chi ha portato armi e combattenti stranieri da tutto il mondo nei suoi confini. Stiamo andando all’inferno. La Siria non è un campo aperto, è la nostra Patria. Non è criminale introdurre armi distruttive nel nostro territorio? Non è criminale dare sostegno a bande di radicali islamici che spargono morte e terrore nel popolo siriano? La stampa francese non ha scritto una riga delle cinquantaquattro chiese distrutte ma esalta la caduta di combattenti salafiti definiti martiri della democrazia. Questo è rovesciare la verità”.
A poche ore dagli attacchi – si parla di domani notte – che aria si respira in Siria?
“La situazione è esplosiva. Leggiamo che anche Russia e Iran sono contrari all’attacco, l’Iran è pronto a rispondere al fuoco. Il Medio Oriente rischia di accendersi come mai prima di oggi. Il Libano è forse il Paese a più alto rischio di caduta, è quello infatti più instabile politicamente. Dentro i suoi confini hanno trovato riparo 1,2 milioni di sfollati e rifugiati siriani. L’area, ripeto, rischia di esplodere. Lanciare un attacco oggi è da criminali. Questi Paesi occidentali non si rendono conto del pericolo. Cosa pensano di risolvere con le armi? Cosa…”.
Come sta vivendo la popolazione siriana queste ore di attesa?
“Sanno che a pagare per tutti saranno loro, i siriani che sono sempre più poveri. Le loro condizioni di vita peggiorano sempre di più. Non hanno il necessario per vivere. Sono allo stremo. Le potenze occidentali e i loro alleati perché non pensano a Ginevra 2, ai colloqui di pace invece di finanziare la guerra? Perché non favoriscono il dialogo? Perché? Purtroppo, credo che se Usa e Russia non troveranno un accordo sui loro interessi in Siria non avremo mai un’azione diplomatica seria e capace di riportare la pace nel Paese. Intanto il popolo soffre e piange”.
L’attacco potrebbe preludere alla caduta di Assad e con quali conseguenze?
“Non si può lasciare il Paese senza una guida adesso. Non possiamo permetterci un vuoto di potere. I primi a farne le spese sarebbero i cristiani. Abbiamo bisogno di stabilità. I siriani hanno la capacità di ricostruire il loro Paese ma è necessario che interessi stranieri e interventi militari esterni cessino subito. A trarne beneficio non sarà solo la Siria, ma anche il Libano e Paesi vicini e soprattutto la crisi israelo-palestinese. Una soluzione giusta ed equa per la Siria è la chiave di volta per disinnescare il conflitto tra Palestina e Israele”.
Dunque crede che ci sia ancora tempo per un’azione diplomatica e di dialogo?
“C’è spazio per dialogare e mediare e lo testimoniano tanti esempi che si stanno verificando e che vedono esercito siriano e armata libera dell’Opposizione regolare, senza uso delle armi, tante situazioni sul terreno. Se non ci sono interventi esterni c’è la possibilità di trovare una mediazione. Credo molto nella forza di riconciliazione dei siriani, è nella loro natura, fa parte della loro storia millenaria. La nostra salvezza è la riconciliazione, non le armi. Lasciateci riconciliare”.
Daniele Rocchi
(Fonte: SIR)