(23-9-2013) La visita a Cagliari segnata dall’incontro con i disoccupati e i giovani ai quali ha raccomandato di “non lasciarsi rubare la speranza”. Grandissima la risposta popolare con circa 400mila persone nelle strade del capoluogo, giunte da ogni angolo dell’isola.
Una interminabile e intensa domenica sotto il sole, sulle salite e discese della bellissima città di Cagliari. Circa 400mila persone da tutta la Sardegna (e 350 giornalisti) hanno seguito, scarpinando, Papa Francesco e le sue parole forti, pronunciate con il cuore e con la determinazione che lo contraddistingue. Non ha perso tempo il Papa argentino, e appena arrivato di buon mattino, dal palco di Largo Carlo Felice, ha deciso di mettere da parte il testo scritto e parlare moltissimo a braccio, invitando i lavoratori e i disoccupati – il diritto al lavoro è stato il tema forte della visita – a “non lasciarsi rubare la speranza” . Poi la messa sul sagrato del santuario di N.S. di Bonaria, con la sottostante piazza dei Centomila piena all’inverosimile, fino al mare. Quindi il seminario regionale e l’incontro in cattedrale con i poveri della Caritas, le comunità rom, i detenuti. Un altro discorso alla facoltà teologica regionale per concludere, in grande ritardo sulla tabella di marcia, con la festa in piazza con i giovani. Qui ha ricordato il Pakistan, ferito ieri da un grave attentato dinamitardo in una chiesa, con oltre 70 vittime.
“Senza lavoro non c’è dignità”. “Io vi dico coraggio, ma non voglio che questa sia una parola vuota detta con un sorriso – ha detto il Papa, dopo aver ascoltato con grande attenzione i problemi e le richieste di un cassintegrato della Sardinia green Island, di un imprenditore e di un pastore -. Non voglio fare l’impiegato della Chiesa che dice parole vuote”. ‘‘La mancanza di lavoro – ha scandito – porta alla mancanza di dignità. Non lasciatevi rubare la speranza, non lasciatevi rubare la speranza”. Il Papa ha parlato di sé, tra la commozione dei fedeli: “Sono figlio di un papà andato in Argentina pieno di speranza”, che ha conosciuto la sofferenza e le speranze deluse degli emigranti in seguito alla crisi degli anni ‘30: “Hanno perso tutto, non c’era lavoro, e io ho sentito nella mia infanzia parlarne a casa, non l’ho visto, perché non ero ancora nato, ma ho sentito parlare di questa sofferenza’’. Papa Francesco ha criticato “questo sistema economico globalizzato che ci fa tanto male” perché mette “al centro un idolo, il denaro, invece degli uomini e delle donne”. E ha nuovamente contestato la “cultura dello scarto”, come “l’abitudine di non curare gli anziani”, una sorta di “eutanasia nascosta”.
Un saluto in sardo. All’arrivo al santuario di Bonaria è stato accolto da 4.000 bambini, campane a festa, musiche sarde e perfino le sirene di una nave. Sul sagrato, 1.600 malati e persone disabili. Un’omelia tutta centrata sullo “sguardo materno di Maria”, conclusa con un saluto in sardo: “Nostra Segnora ‘e Bonaria bos acumpanzet sempre in sa vida”. Papa Francesco ha salutato personalmente un centinaio di persone disabili, tra cui un prete di Sassari in carrozzina e alcuni malati di Sla, poi ha sostato pochi minuti in preghiera nel santuario, a ricordare l’antico legame tra Cagliari e Buenos Aires. Le vie scoscese del capoluogo sardo erano invase da una folla incredibile, mentre il Papa pranzava con i vescovi assaggiando i piatti tipici, come le fregole con le arselle e i culurgiones, ha confidato in serata monsignor Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari. Durante il successivo incontro con il mondo della cultura nella facoltà teologica, ha perfino chiesto un po’ di mate, la cui preparazione è stata improvvisata al momento. Ovunque andava, accolto dai fedeli in attesa, un po’ provato dai ritmi molto serrati, non vedeva l’ora di scendere dalla “papamobile” per cercare il contatto ravvicinato con la gente, lanciare un sorriso radioso ad una bambina o baciare un neonato. In cattedrale ha incontrato i suoi preferiti: i poveri della Caritas, le comunità rom, i detenuti delle carceri cagliaritane. Qui ha invitato a non fare beneficenza e “usare Gesù per vanità, ma seguirlo sulla via della carità”. Perché “la carità non è assistenzialismo ma una scelta di vita, un modo di essere, di vivere”. Al mondo della cultura, riunito nella facoltà teologica regionale, ha poi chiesto di “cercare e trovare vie di speranza” in questo tempo di crisi.
Con i giovani. Il cerchio della lunga giornata cagliaritana si è chiuso in maniera festosa là dove era iniziato, di nuovo in Largo Carlo Felice, incontrando i giovani, che lo hanno accolto con i canti delle Gmg e l’inno creato per l’occasione “Getta le tue reti”. Papa Francesco anche stavolta ha interloquito direttamente con i ragazzi, che dal palco gli hanno rivolto domande precise. E ha farcito il testo scritto di ricordi personali e appelli accorati. “Ieri è stato il 60° anniversario dal giorno in cui ho sentito la voce di Gesù nel mio cuore, avevo 17 anni”, ha detto: “Da allora non mi sono mai pentito, perché anche nei momenti bui non mi sono mai sentito solo. Fidatevi di Gesù!”. Ma soprattutto, Papa Francesco ha chiesto ai giovani di “non lasciarsi vincere da pessimismo e sfiducia”, “non seguire la ‘dea lamentela’”, e “non vendere la gioventù ai mercanti di morte”. Le ultime parole prima di lasciare Cagliari sono state una preghiera per le vittime dell’attentato in Pakistan. Un invito ai giovani a “costruire un mondo migliore, di pace. Per favore, pregate per me. E arrivederci”.
Patrizia Caiffa
(Fonte: SIR)