Il Gruppo di Acireale del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale ha approfondito i temi affrontati dalla esortazione apostolica di Papa Francesco “Laudate Deum”, pubblicata il 4 ottobre 2023. Pubblichiamo una sintesi (che è un vero e proprio saggio) della relazione introduttiva svolta da Giuseppe Rossi.
Premesse
Di fronte ai gravi problemi dei cambiamenti climatici, la scienza, la politica e l’opinione pubblica hanno provato a rispondere a due interrogativi: la crisi climatica è un tema controverso che interessa soltanto la ricerca scientifica? Dobbiamo preoccuparci solo per l’equilibrio ecologico della natura?
L’esortazione apostolica di Papa Francesco Laudate Deum del 4 ottobre 2023 risponde a questi interrogativi con due chiarissimi no. Viene infatti ricordato che “gli effetti del cambiamento climatico si estendono a salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate e altri ambiti” (LD, 2) E viene confermato che “si tratta di un problema sociale globale intimamente legato alla dignità della vita umana” (LD, 3).
Ad otto anni dalla pubblicazione della enciclica Laudato si, viene ripreso il tema della “cura della casa comune” approfondendo in particolare la questione dei cambiamenti climatici Perché? Papa Francesco nella introduzione spiega che si tratta di un problema estremamente urgente. L’urgenza è dettata dalla preoccupazione che il pianeta terra “si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura” (LD, 2), come anche dalla constatazione che la politica internazionale è stata particolarmente debole a contrastare la crisi climatica.
Qualche commentatore ha ipotizzato che tra le motivazioni principali della esortazione c’era la volontà del Papa di dare un chiaro sostegno alla Conferenza delle Parti COP 28 di Dubai (in programma dal 30 novembre al 12 dicembre 2023) e il desiderio di non lasciare niente di intentato perché potesse ripetersi quello che è avvenuto nel 2015, quando, a detta di molti osservatori, la netta presa di posizione della Laudato sì (24 maggio 2015) sembra aver influito in modo significativo sui risultati positivi della COP 21 di Parigi, svoltasi pochi mesi dopo.
Cause della crisi climatica e misure di contrasto
Negli ultimi anni le istituzioni scientifiche internazionali (quale l’IPCC, Inter-governmental Panel on Climate Change e quelle italiane (come l’ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale), ma anche la stampa e l’opinione pubblica, hanno rilevato la crescita di eventi idrometeorologici estremi in frequenza, intensità, durata ed estensione spaziale. Gli eventi hanno interessato lo stato delle risorse idriche (siccità, accompagnate da incendi boschivi, scioglimento di ghiacciai), come anche i disastri idrogeologici (alluvioni, frane, inondazioni da aree costiere), oltre ai danni alla salute connessi alle ondate di calore. L’intensificarsi di questi fenomeni, per quasi unanime convincimento della comunità scientifica, viene attribuita ai cambiamenti climatici, dovuti con alta probabilità a fattori antropici, cioè alla emissione di gas a effetto serra, soprattutto al biossido di carbonio CO2, prodotto dai combustibili fossili, quali petrolio, carbone e gas naturale.
Fermarsi solo alla constatazione dell’aumento degli eventi estremi senza considerare le cause antropiche – come fanno i negazionisti -, sarebbe come se durante la pandemia dovuta al Covid si fossero registrati i ricoveri in ospedale e i morti per problemi respiratori senza considerarli come conseguenza della diffusione del virus
Per affrontare il problema della crisi climatica si è convinti della necessità e urgenza di adottare due tipologie di misure di contrasto: politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici e politiche di adattamento.
Le misure di mitigazione sono rivolte a ridurre e tendere ad azzerare i fattori antropici che producono l’aumento della temperatura, cioè l’emissione in atmosfera dei gas serra. Sono le misure proposte nella COP 21 (Conferenza delle parti) di Parigi del 2015, che segnò l’accordo di mantenere la temperatura media sotto i 2°C (meglio 1,5°) rispetto ai livelli pre-industriali, anche riprese nella COP 28 di Dubai.
A differenza delle politiche di mitigazione, quelle di adattamento comprendono tutte le azioni volte a proteggere la vita dei cittadini, l’economia, l’organizzazione sociale e gli ecosistemi naturali da cui dipende la vita umana. In particolare gli interventi contro il rischio idrogeologico, per la garanzia di disporre di risorse idriche per gli usi potabili, irrigui e industriali e per la tutela della salute. Sono cioè le misure rivolte a ridurre la vulnerabilità e migliorare la resilienza delle infrastrutture e dei sistemi sociali. Entrambe le misure sono avviate da alcuni anni nei paesi più sensibili, ma appaiono ancora troppo deboli e lo sforzo per una maggiore impegno da parte della comunità internazionale non può essere più rinviato.
La maggiore attenzione della COP 28 di Dubai, chiusa a dicembre 2023, è stata rivolta alle politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici, con risultati che sono stati definiti ambigui. L’aspetto positivo è che per la prima volta si è decisa la transizione in uscita (transiction away) dai combustibili fossili per raggiungere lo zero entro il 2050. A questo si aggiunge l’invito a triplicare la capacità di energie rinnovabili e a raddoppiare il tasso di miglioramento della efficienza energetica entro il 2030. D’altra parte si fa rilevare che sono mancati impegni precisi sui tempi per superare la crisi climatica e sui finanziamenti necessari ai Paesi poveri (stimati in100 miliardi di dollari /l’anno) per ridurre i danni alla salute e agli ecosistemi.
Rapporto della “Laudate Deum” con la “Laudato si”
Come è noto nella Laudato si,. Papa Francesco, riprendendo il gesto innovativo di Giovanni XXIII, che indirizzò la Pacem in terris a tutti gli uomini di buona volontà, si è rivolto ad “ogni persona che abita questo pianeta”. Ma Egli introdusse anche altri elementi significativi di novità: in particolare la valorizzazione dei risultati delle ricerche scientifiche e degli sforzi della comunità internazionale, le citazioni, oltre che dei messaggi del Patriarca ecumenico Bartolomeo, anche di varie Conferenze episcopali. La Laudate Deum, in continuità con tale impostazione, si rivolge “alle sorelle e fratelli del nostro pianeta sofferente”, riassume i documenti recenti sul cambiamento climatico predisposti dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) e cita i documenti di varie Conferenze episcopali.
Anche questa Esortazione apostolica può considerarsi ispirata alla figura di Francesco d’Assisi, che la Laudato si indicava come esempio per eccellenza di una ecologia integrale, nella quale “sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore” (LS, 10).Ma i toni sono più decisi nel prendere le distanze dai negazionisti che rifiutano i risultati della scienza sulle responsabilità dell’uomo per il riscaldamento globale, come anche dalle “diagnosi apocalittiche” di un ambientalismo esasperato che appaiono irragionevoli e non sufficientemente fondate.
In particolare viene riaffermata la tesi della responsabilità antropica del riscaldamento globale, cioè che gli attuali cambiamenti climatici non possono confondersi con i periodi di raffreddamento e di riscaldamento che hanno contraddistinto la vita del pianeta, perché il fatto nuovo è l’accelerazione del riscaldamento (LD, 6) che, provocando scioglimento dei ghiacciai e innalzamento del livello di mare , può essere percepita non nel corso di secoli o millenni ma nella vita di una stessa generazione.
Ma la differenza principale tra la Laudato si e la Laudate Deum sta nel peso accordato nel più recente documento agli aspetti politici sia della crisi climatica, sia soprattutto delle azioni per la mitigazione (riduzione delle emissioni di gas serra nell’atmosfera), sia di adattamento (riduzione della vulnerabilità alla crisi climatica). Infatti ben tre dei sei capitoli sono dedicati alle azioni politiche, con particolare riferimento alla Conferenza delle Parti di Dubai, definita con una certa enfasi come “punto di svolta” dell’azione contro la crisi climatica:
“Se abbiamo fiducia nella capacità dell’essere umano di trascendere i suoi piccoli interessi e di pensare in grande, non possiamo rinunciare a sognare che la COP 28 porti a una decisa accelerazione della transizione energetica con impegni efficaci che possano essere monitorati in modo permanente” (LD, 54).A parte questa maggiore attenzione alla responsabilità della politica a trascendere i piccoli interessi, c’è una sostanziale continuità tra i due documenti. Nella Laudate si si afferma che “un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri (LS, 49), La Laudate Deum, citando un documento dei Vescovi degli Stai Uniti più esplicitamente afferma che gli effetti dei cambiamenti climatici sono subìti dalle persone più vulnerabili (LD, 3) sia dei Paesi più poveri, sia delle fasce sociali più deboli. Viene anche riportata la dichiarazione dei Vescovi africani che la crisi climatica evidenzia un esempio scioccante di peccato strutturale (LD, 3).
I principali contenuti della esortazione apostolica
L’aspetto più importante del primo capitolo, dedicato a descrivere la problematica situazione attuale può considerarsi, come già detto, la netta affermazione che il cambiamento climatico, sulla base dei risultati delle ricerche della comunità scientifica, è innegabilmente causato dall’attività antropica. Viene rifiutata la posizione dei negazionisti scientifici, ma anche dei negazionisti di fatto che a parole sono sensibili al problema, ma non attuano le misure necessarie.
Viene anche ridimensionata (LD, 10) la preoccupazione che la riduzione dell’uso di combustibili fossili a favore di energie più pulite provochi una riduzione dei posti di lavoro perché lo sforzo di adattamento ai cambiamenti climatici è in grado di generare nuovi posti di lavoro in diversi settori.
C’è anche un primo giudizio politico molto netto, quasi brutale: “Purtroppo la crisi climatica non è una questione che interessi alle grandi potenze economiche, che si preoccupano di ottenere il massimo profitto al minor costo e nel minor tempo possibile (LD, 13). Il capitolo si chiude con una lettura della lezione che viene dalla pandemia del Covid: essa “ha confermato che quanto accade in qualsiasi parte del mondo ha ripercussioni sull’intero pianeta “(LD, 19). E papa Francesco aggiunge uno dei suoi commenti autoironici: “ribadisco due convinzioni su cui insisto fino a risultare noioso: tutto è collegato nessuno si salva da solo”.
Il secondo capitolo
Il secondo capitolo è dedicato al paradigma che sta alla base del processo di degrado ambientale. Riprendendo le preoccupazioni già espresse nella Laudato si, si afferma che il paradigma tecnocratico consiste nel pensare “come se la realtà, il bene, la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e della economia” (LD, 20). Il rischio principale di questa impostazione sta nella idea di una crescita illimitata, anzi dell’idea di un essere umano senza limiti grazie agli sviluppi tecnologici quali l’intelligenza artificiale” (LD, 22). Ma non meno negativo è il giudizio espresso subito dopo: “Fa venire i brividi rendersi conto che le capacità ampliate della tecnologia danno a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano e del mondo intero […] E’ rischioso che tanto potere risieda in una piccola parte dell’umanità” (LD, 23).Occorre prendere atto che non ogni aumento di potere è un progresso per l’umanità (ad es con riferimento alle bombe atomiche) (LD, 24).
Perché questo è avvenuto? La risposta è che “l’immensa crescita tecnologica non è stata accompagnata da uno sviluppo dell’essere umano per quanto riguarda la responsabilità, i valori, e la coscienza [LD, 24] in altre parole “è mancata un’etica solida, una cultura e una spiritualità che realmente diano un limite [all’essere umano] e lo contengono entro un lucido dominio di se” (LD, 24).
In contrasto al paradigma tecnocratico è necessario ripetere l’affermazione della Laudato si che il mondo non è oggetto di sfruttamento, di uso sfrenato, di ambizione illimitata, che la natura non è una “cornice” della nostra vita e dei nostri progetti (LD, 25) e che è necessaria “l’interazione dei sistemi naturali con i sistemi sociali (LD, 27).
E qui il Papa fa degli esempi molto calzanti: la realizzazione di un progetto con elevato inquinamento che viene presentato alla popolazione locale, illudendola delle opportunità economiche, occupazionali e di posizione umana che questo comporterà per i loro figli (LB, 29) o anche l’ubicazione di un deposito di scorie tossiche in cambio di denaro che servirà ad acquistare una casa che diventa tomba per le malattie che si sono scatenate (LB, 30).
Il terzo capitolo
Il terzo capitolo è dedicato alla debolezza della politica internazionale e alle possibili strade per superarla. In sintesi queste le principali indicazioni:
- anzitutto l’appello appassionato, ma forse difficile da attuare, che la giustizia e la solidarietà, come il bene e l’amore, vanno conquistati ogni giorno non si raggiungono una volta per sempre (LD, 34);
- poi l’auspicio di una riforma delle istituzioni internazionali che non siano basate su equilibrio di potere, ma su meccanismi globali per rispondere alle sfide ambientali sanitarie culturali e sociali, consolidando diritti umani e cura della casa comune;
- infine la forte sollecitazione a realizzare un “multilateralismo dal basso” riportando l’esempio del processo di Ottawa contro l’uso delle mine anti-uomo, che è stata una conquista ottenuta non attraverso i canali tradizionali dell’ONU (LD, 37).
Il quarto capitolo
Il capitolo 4 riassume il lungo cammino delle Conferenze sul clima attraverso due parole emblematiche “progressi e fallimenti”, a partire dalla Conferenza di Rio de Janeiro del 1992 e più in dettaglio attraverso i temi trattati nelle Conferenze delle parti di Kyoto (1997) e Parigi (2015).
Il quinto capitolo
Il quinto capitolo cerca di rispondere alla domanda: “cosa ci si aspetta della COP28 di Dubai?” tracciando un quadro realistico. Si prende atto che, malgrado gli accordi passati le emissioni globali hanno continuato a crescere e la transizione verso le energie pulite sembra essere meno veloce del previsto. E tuttavia si auspica che essa rappresenti un “punto di svolta”, anche richiamando i risultati positivi ottenuti in altri campi ambientali, ad es. per la protezione dello strato di ozono.
Anche le proposte per ripristinare la credibilità della politica internazionale appaiono efficaci: le “forme di transizione energetica devono essere efficienti, vincolanti e facilmente monitorabili (LD, 59). Ciò richiede che si pensi al bene comune e al futuro dei figli, piuttosto che agli interessi di qualche Paese o azienda (LD, 60).
Il sesto capitolo
Infine il sesto capitolo richiama ai fedeli cattolici alcune motivazioni spirituali dell’impegno auspicato, incoraggiando i fratelli e sorelle di altre religioni a fare lo stesso (LD, 31) (Riprova della delicatezza e del realismo di Francesco!)
I punti più significativi (in gran parte tratti dalla Laudato si, possono considerarsi i seguenti:
– dalle parole della genesi che conclude il racconto della Creazione “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona”, discende per l’essere umano la responsabilità a rispettare le leggi della natura e i delicati equilibri tra gli esseri del mondo;
– l’esempio della vita di Gesù mostra un contatto continuo con la natura ed una attenzione piena d’affetto e di stupore, ma anche un invito a non limitarla ad una realtà solo naturale, come quando parla del mistero da contemplare dei fiori dei campi e degli uccelli del cielo (LD, 65);
– c’è anche una sorta di mea-culpa sugli errori della visione giudaico-cristiana che, sostenendo il valore centrale dell’uomo ha stimolato un antropocentrismo onnipotente e illimitato che deve invece essere sostituito da un “antropocentrismo situato”, fondato sulla convinzione che la vita umana è incomprensibile e insostituibile senza le altre creature (LD, 67). (Riferimento al paper di Lynn White Le radici storiche della crisi ecologica, Science, 1967)
Conclusione
La conclusione è anche qui una mediazione: riconosce che “le soluzioni più efficaci non verranno da sforzi individuali ma dalle decisioni della politica nazionale e internazionale”, ma al tempo stesso riafferma che non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali nel modo di vivere e non ci sono cambiamenti culturali senza cambiamenti nelle persone. “Il semplice fatto di cambiare le abitudini personali, familiari e comunitarie alimenta la preoccupazione per le responsabilità non assolte da parte dei settori politici e l’indignazione per il disinteresse dei potenti” (LD,71).
- Punti di debolezza
La esortazione Laudate Deum presenta anche dei punti controversi.
Quello più significativo riguarda la condanna senza appello del paradigma tecnocratico. Certo la condanna non è rivolta alla tecnologia in generale. Già nella Laudato si, dopo aver riconosciuto i frutti positivi di una tecnica che “ha posto rimedio a innumerevoli mali che affliggevano e limitavano l’essere umano in particolare in medicina, ingegneria e comunicazioni” (LS, 103), si loda la capacità della tecnoscienza “a far compiere all’essere umano il salto nell’ambito della bellezza” (LS, 103). Tuttavia la Laudato si, riprendendo le convinzioni di Romano Guardini (specialmente in “La fine dell’epoca moderna”) giudica che “la tecnica ha una tendenza a far sì che nulla rimanga fuori dalla sua ferrea logica, rivolta non alla utilità o al benessere, ma al dominio nel senso estremo della parola” (LS, 108). Si sottolinea che i prodotti della tecnica non sono neutri, orientano verso gli interessi di determinati gruppi di potere. Il male maggiore perciò non è il degrado ambientale o l’idea così dannosa di “una crescita illimitata”, ma il “riduzionismo che colpisce la vita umana e la società. (LS, 107).
Una tale posizione sembra contraddire il metodo del Concilio (in particolare nella Gaudium Spes), che cerca di cogliere gli elementi positivi dello sviluppo tecnologico.
Anche l’analisi di don Giuseppe Cristaldi nel saggio L’uomo contemporaneo e il discorso di Dio, 1971) non si fermava alle sollecitazioni negative che vengono dal contesto tecnologico. Ma egli coglieva anche le possibilità di “aperture”, di “recuperi” e di “risvolti” nella civiltà tecnologica, con un discorso che può apparire paradossale nell’individuare aspetti positivi anche nelle spinte al consumismo, all’edonismo e all’erotismo. Così affermava che dal bene di consumo si può passare alla richiesta di un bene che colmi l’uomo senza consumarsi, cioè a Dio come bene supremo. Dal piacere come soddisfazione egoistica si può passare al piacere come equilibrio ed armonia, cioè al piacere che è bellezza e gioia. Dall’erotismo, come prepotenza dell’eros che dissolve l’agape, si può passare all’eros come supporto e segno dell’agape”.
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Un altro punto di debolezza della Laudate Deum può considerarsi la eccessiva fiducia nei risultati della COP 28 di Dubai, che, come abbiamo visto prima includono elementi positivi ma anche grandi inadeguatezze.
: E infine la debolezza delle considerazioni fatte nel cap.6 sulle motivazioni spirituali tratte dalla Laudato si che affrontano bene i problemi generali della tutela dell’ambiente, ma aggiungono molto poco sulle specifiche indicazioni per il contrasto ai cambiamenti climatici sotto il duplice profilo di misure di mitigazione (per la riduzione delle emissioni) e di misure di adattamento (per la crescita della resilienza).