Tra i riti e le tradizioni antiche della Settimana Santa nella barocca città di Noto c’era anche quello dello “sette parole” una catechesi speciale che, commentando le sette espressioni pronunziate da Gesù sulla croce, preparava i fedeli alla memoria della drammatica morte di Gesù e quindi seguiva il rito di una speciale deposizione dalla croce e l’immagine di Gesù veniva deposta nell’urna. Quest’anno in occasione del Venerdì Santo, Papa Benedetto XVI, per la prima volta nella storia, ha risposto in televisione – per la trasmissione “A Sua Immagine” – a sette domande postegli da altrettante persone di tutto il mondo, lanciando un forte messaggio di speranza e fiducia nell’amore di Dio per l’umanità.
All’evento inaspettato e per alcuni oggetto di curiosità ha fatto eco un positivo riscontro di ricca saggezza e sapienza di amore. Le sette risposte del Papa hanno dato luce ai drammi dell’umanità: il terremoto, la sofferenza il dramma sociale e nello stesso tempo hanno favorito lo sguardo verso l’alto, il trascendente, la dimensione spirituale dell’uomo che non può restare nella logica della materialità. Il tono paterno e comunicativo di Benedetto XVI ha spiazzato tanti e rivolgendosi alla bambina giapponese che ha tanta pura del terremoto con amorevolezza risponde : Cara Elena, ti saluto di cuore. Anche a me vengono le stesse domande: perché è così? Perché voi dovete soffrire tanto, mentre altri vivono in comodità?” La speranza che un giorno, si riuscirà a capire che “questa sofferenza non era vuota, non era invano, ma che dietro di essa c’è un progetto buono, un progetto di amore” costituisce la risposta fiduciosa che alimenta il cammino dell’uomo.
Alla mamma di Francesco, che vive in stato vegetativo dal giorno di Pasqua 2009, e chiede al Papa se suo figlio ha ancora un’anima, Benedetto XVI risponde : L’anima è ancora presente nel corpo ed utilizza la metafora una chitarra le cui corde sono spezzate, così non si possono suonare. La risposta si conclude con un paterno : vi incoraggio a continuare, a sapere che fate un grande servizio all’umanità con questo segno di fiducia, con questo segno di rispetto della vita, con questo amore per un corpo lacerato, un’anima sofferente.
La vicinanza della Chiesa di Roma alle Chiese del silenzio, che vivono la guerra, ai popoli divisi ed in lotta tra di loro è intessuta anche di concreti gesti di attenzione e di servizi e le parole del Papa sono balsamo per le tante ferite che sanguinano nella società umana. “Cari fratelli cristiani in Iraq, vi chiedo di avere fiducia, di avere pazienza, di avere fiducia in Dio, di collaborare in questo processo difficile. Siate sicuri della nostra preghiera.
Cercate la pace con i mezzi della pace e lasciate la violenza è questa la risposta alla donna musulmana della Costa d’Avorio un Paese in guerra da anni dove la crisi causata dalla politica, sta seminando divisioni tra cristiani e musulmani. Il Papa, salutato come “Ambasciatore di Gesù” ha condiviso il dramma sociale della Costa d’Avorio ed ha detto Possiamo fare una cosa, sempre: essere in preghiera con voi, e in quanto sono possibili, faremo opere di carità e soprattutto vogliamo aiutare, secondo le nostre possibilità, i contatti politici, umani.
La preghiera si fa carità e dono di pace L’unica via è rinunciare alla violenza, ricominciare con il dialogo, con tentativi di trovare insieme la pace, con la nuova attenzione l’uno per l’altro, con la nuova disponibilità ad aprirsi l’uno all’altro. E questo, cara Signora, è il vero messaggio di Gesù: cercate la pace con i mezzi della pace e lasciate la violenza.
Anche le domande sulla morte e risurrezione di Gesù che discese agli inferi e sul dramma della morte il Papa risponde da teologo puntualizzando che non può essere adoperata la logica dello spazio geografico e corporale , bensì la dimensione spirituale dell’anima Lo sguardo di Gesù ci purifica e ci rende capaci di vivere con Dio, di vivere con i Santi, di vivere soprattutto in comunione con i nostri cari che ci hanno preceduto. La discesa agli inferi, cioè nelle profondità del passato dell’umanità, è una parte essenziale della missione di Gesù che si inscrive nella storia dell’uomo e prende per mano Adamo ed Eva, cioè l’umanità, e la guida avanti, la guida in alto, verso il Cielo.
Rispondendo alla domanda “Cosa significa, esattamente, corpo glorioso? E la Risurrezione sarà per noi così?” il Papa risponde il corpo glorioso sta oltre le nostre esperienze. La fede cristiana si fonda infatti sulla certezza della risurrezione, e guardando la tomba vuota, si comprende come la materia ha anche la promessa dell’eternità. Gesù non muore più, da Risorto sta sopra le leggi della biologia, della fisica, vive una condizione nuova, diversa, che noi non conosciamo, ma che si mostra nel fatto di Gesù, ed è la grande promessa per noi tutti che c’è un mondo nuovo, una vita nuova, verso la quale noi siamo in cammino. Nell’Eucaristia, il Signore ci dona il suo corpo glorioso, non ci dona carne da mangiare nel senso della biologia, ci dà se stesso, questa novità che Lui è, entra nel nostro essere uomini, nel nostro, nel mio essere persona, come persona, e ci tocca interiormente con il suo essere, così che possiamo lasciarci penetrare e trasformare nella sua presenza.
Sono queste le parole di un “mistico” e mentre le pronunziava, con gli occhi chiusi, Benedetto XVI sembrava quasi immerso nella penetrazione e nella trasformazione spirituale. L’ultima domanda è su Maria. Come intendere l’ultima disposizione di Gesù. “Ecco tua madre”. Queste parole di Gesù risponde il Papa sono soprattutto un atto molto umano. Vediamo Gesù come vero uomo che fa un atto di amore per la madre e l’affida al giovane Giovanni perché sia sicura. Prima di ogni teologia vediamo in questo la vera umanità, il vero umanesimo di Gesù; e poi il Papa continua affermando: Non possiamo essere cristiani da soli, con un cristianesimo costruito secondo la mia idea. Maria è immagine della Chiesa, della Madre Chiesa, e affidandoci a Maria dobbiamo anche affidarci alla Chiesa, vivere la Chiesa, essere Chiesa con Maria.
Fede, speranza, carità, pace, dialogo, Eucarestia, devozione mariana sono le “sette parole” che il Papa dona all’umanità, viatico nel cammino della storia.
Giuseppe Adernò