La Manovra economica in discussione in Parlamento in questi giorni contiene un passaggio che sancisce un forte cambiamento dell’agroalimentare italiano. Per la prima volta, infatti, gli agricoltori potranno vendere direttamente i propri prodotti anche quando sono derivati da processi di manipolazione o trasformazione e pronti per il consumo. E’ di fatto il via libera a quello che è già stato chiamato street food contadino.
E non è una cosa di poco conto. La produzione agricola e la trasformazione agroalimentare passano così ulteriormente dai tradizionali canali di vendita e trasformazione (industrie e grossisti), a quelli collegati alla grande distribuzione organizzata (i supermercati nelle loro varie forme), a quelli della vendita diretta che oggi si completano con i prodotti trasformati. In parole semplici, se qualche tempo fa si andava “dal contadino” per cercare le cose genuine, presto potrà essere il contadino a portarcele praticamente quasi fino a casa.
Il mercato del cosiddetto “chilometro zero” che era già più che milionario, ha adesso tutte le condizioni per generare un giro d’affari ancora più importante.
A sottolineare la svolta è stata la Coldiretti il cui presidente, Roberto Moncalvo, nell’ambito dell’Assemblea di fine anno, ha parlato di “storico via libera allo street food contadino dal campo alla tavola”.
Difficile dire in che modo le abitudini alimentari degli italiani potranno cambiare dopo quanto previsto dalla Manovra (della quale fra l’altro occorrerà poi leggere il testo definitivo), ma, come dice sempre Coldiretti, è certo che si sia delineata una ulteriore opportunità per i consumatori con 1 italiano su 2 (50%) che ha mangiato cibo da strada nell’ultimo anno in tutte le sue forme secondo quanto rilevato da una indagine Coldiretti/Ixe’. Si tratta, spiegano sempre i coltivatori diretti, anche di un’opportunità “alla vigilia dell’anno del cibo italiano nel mondo per qualificare l’offerta delle città minacciata dalla banalizzazione e dall’omologazione ma anche per difendere l’identità alimentare nazionale che rischia di sparire dalle strade e dalla piazze invase dal kebab al sushi, dalla frutta fuori stagione come le caldarroste congelate disponibili durante tutto l’anno”. Questione di alimentazione, dunque, ma anche di difesa di una cultura importante (che non deve travalicare però nell’esclusione). Dal cibo a tutto il resto poi, il passo è brevissimo.
“Valorizzare l’identità culturale dei centri storici – dice quindi Coldiretti -, è importante per gli abitanti ma anche per i tanti turisti italiani e stranieri che quando arrivano nelle città si aspettano di mangiare prodotti della tradizione locale che sono la vera forza della vacanza Made in Italy, conquistata con la distintività, la biodiversità e il legame con il territorio”.
Ma agricoltura e agroalimentare nazionali certamente non si esauriscono con lo street food. Per questo, sempre Coldiretti ha valutato gli altri aspetti “agricoli” contenuti in quanto in Parlamento si sta discutendo. Importante, per esempio, è il cosiddetto il “Bonus verde” ossia la detrazione ai fini Irpef del 36% delle spese per lavori di “sistemazione a verde” di aree scoperte private di diverso genere. Ma soprattutto determinante per il futuro dei campi è
la riconferma per i giovani agricoltori sotto i 40 anni dell’esonero triennale dal pagamento dei contributi previdenziali,
di una riduzione contributiva nel limite del 66% per il successivo anno e del 50% per l’ulteriore anno. Con ragione Coldiretti vede in questa scelta un ulteriore strumento per aumentare il numero di imprese condotte da giovani (che comunque sono già oltre 53mila). Molte altre infine le misure che riguardano aspetti particolari dell’attività agricola come la frutticoltura e gli allevamenti. Ma rimane il tratto di fondo: la spinta verso lo sviluppo di un comparto che sta ancora cambiando non solo pelle ma anche sostanza.
Andrea Zaghi