A distanza di mesi, a riflettori spenti, un fluttuare continuo di cimeli – come un tarlo instancabile – alberga negli animi di quanti hanno vissuto di presenza, o tramite i media, la costernazione di migliaia di profughi.
Ritratti che raffigurano volti scarni, terrorizzati, dipinti di nero… come la disperazione di chi non ha più una madre che lo culli e lo ami. La patria. Pronti a tutto, pur di fuggir via dalla tortura, dal carcere, dalla fame. Del resto anche l’indigenza è un regime assoluto, che fortemente cozza con un sistema che consideriamo democratico. Cercano rifugio nello specchio-frontiera, una barriera invalicabile d’acqua, il Mediterraneo: scenario di scontri, carneficine, respingimenti, relegazioni. Chissà se un giorno da tutto questo nascerà qualcosa di positivo; si pensi ad Ulisse, a cui, arrivato sull’isola, non venne puntato contro un fucile, ma ne nacque un grande capolavoro: l’Odissea! Che ancor oggi tramanda ai posteri l’ospitalità di un popolo e non l’intolleranza. L’emergenza tace! Ma la ferita è pur sempre aperta in Sicilia. Si ha bisogno di concretezza, con proiettori accesi quotidianamente per arginare il problema. I disagi, che ne scaturiscono nei vari settori, sono notevoli. Questa volta è toccata al settore sportivo, considerato che la soluzione all’emergenza sbarchi è stata prevista al Pala Nebiolo, una struttura universitaria di Messina, con un grande spazio esterno che comprende un campo di baseball. Ci spiega Michele Bonaccorso, Presidente Fibs (federazione italiana baseball softball) Sicilia: “Ciò che a loro appare come un campo, in realtà per noi è molto di più: è un luogo di aggregazione ed inclusione sociale, è un’agenzia formativa, è campo di crescita personale e sportiva dei nostri ragazzi. I campi di baseball sono già così esigui. Limitatamente attenzionati nelle spese della Regione.”
“Siamo stanchi di vederci sottrarre risorse – prosegue Bonaccorso -; se ci tolgono i campi di gioco non immagino cosa sarà dello sport e del baseball siciliano!” Ed ancora precisa: “Non è un’assenza di solidarietà, bensì l’evidenziare una mancanza di rispetto nei confronti dello sport. Una dozzina di tende su di un campo scoperto non è un gesto di solidarietà, ma una soluzione frettolosa. Si poteva trovare una soluzione migliore, considerata la mole di strutture disabitate ed anche più idonee, senza per questo privare i ragazzi dello sport nelle sue svariate sfaccettature fisiche e mentali.”
Palese la collera e l’esasperazione che si colgono nelle parole del presidente Fibs, che continuerà a battersi per migliorare e dare sempre più possibilità ai suoi ragazzi.
Maria Pia Risa