La lenticchia nera di Leonforte, o degli Erei, rappresenta un prodotto d’eccellenza tra i presidi agroalimentari della zona dell’ennese. Questa varietà ha rischiato di scomparire del tutto e la sua coltivazione è stata ripresa con pazienza al fine di preservarne la qualità. Un prodotto della tradizione che si distingue per la caratteristica colorazione nera del tegumento. Una peculiarità che la rende particolarmente adatta alla preparazione di piatti particolari e sofisticati. Per non parlare dell’elevato potere nutritivo che la contraddistingue come fonte di ferro e proteine.
Oggi la lenticchia nera rappresenta un prodotto di nicchia: se ne coltivano poco più di 5 ettari nell’intero territorio delle colline ennesi. A contribuirne alla valorizzazione, la cittadina di Leonforte le ha trasformate in un prodotto identitario, assieme alle tradizionali pesche nel sacchetto IGP e alla fava larga. Il Presidio Slow Food sta cercando di recuperarne e riprenderne la coltivazione con le tradizionali semine in file larghe.
La lenticchia nera di Leonforte / Un’eccellenza siciliana
Coltivata in terreni sabbiosi, permeabili all’acqua e all’aria, la lenticchia nera di Leonforte è molto ricca di proteine e ferro. Rispetto alle varietà comuni, contiene inoltre una maggiore quantità di fibre e una percentuale inferiore di grassi. Questo la rende adatta al consumo in gravidanza, un tempo era infatti destinata al consumo proprio da parte delle donne in dolca attesa. Tra l’altro questa particolare varietà contribuisce a migliorare la fertilità del suolo.
Non tutti i semi sono neri, ma presentano un forte variabilità genetica. Questo non rappresenta un difetto, anzi è una peculiarità che le permette di sopravvivere facilmente e adattarsi ai cambiamenti climatici che stanno colpendo queste aree. Un territorio caratterizzato da freddo umido di inverno e caldo arido d’estate. Gli agricoltori si occupano della coltivazione dei legumi tradizionali nel periodo compreso tra l’inverno e la primavera.
Leonforte / La lenticchia nera della tradizione
I contadini hanno mantenuto le tecniche tradizionali di coltivazione per il consumo familiare. Ad oggi infatti è possibile ritrovarla all’interno di piccoli appezzamenti, solitamente coltivata assieme alla fava larga, con la quale condivide le pratiche colturali manuali e tradizionali. La raccolta stessa è effettuata a mano, quando le piante, a fine maggio – inizio giugno, ingialliscono e appesantite si adagiano al suolo.
Falciate con l’ausilio di falci a mezzaluna sono poi raggruppate e messe ad asciugare in piccoli covoni uniti poi in covoni più grandi. Quando i covoni sono ben essiccati, si trasportano nell’aia per la trebbiatura, un’operazione lunga e faticosa. Nelle ore più calde della giornata si battono le piantine con i forconi a più riprese per far cadere i semi. Rivoltando il raccolto più volte, con l’ausilio del vento, i coltivatori li separano dalla paglia, che rimane in superficie. L’ultima fase di lavoro prevede la selezione dalle impurità, lavoro che una volta era riservato alle donne.
Leonforte / La produzione della lenticchia nera
La lenticchia nera è denominata “oro nero”, ad indicarne la rarità e la qualità che la contraddistinguono. La sua storia risale agli anni ’50, quando nel secondo dopoguerra grazie alla sua resistenza alle avversità, si rivelò un’importante fonte di sostentamento per molte famiglie. Sul mercato ne esistono altre tipologie facilmente confondibili che spesso sono “spacciate” per lenticchia nera di Leonforte. Tuttavia, basta prestare un po’ più di attenzione per un consumo più consapevole. Le imitazioni presentano infatti delle imperfezioni e semi più chiari con puntini o lievi striature che consentono di riconoscerle.
Nonostante le ottime caratteristiche nutrizionali e non solo, la lenticchia nera è stata abbandonata fino a rischiare di scomparire. Molti produttori l’hanno sostituita con varietà più commerciali e facilmente meccanizzabili. La città di Leonforte è tra i pochi territori che cerca di riprenderne la coltivazione e valorizzarne le qualità. Nell’ultimo periodo molti giovani agricoltori si dimostrano interessati tanto da valutare l’idoneità dei propri terreni alla coltivazione. Un prodotto di nicchia, ma di alta qualità da valorizzare per non dimenticare l’importanza delle nostre tradizioni.
Mariachiara Caccamo