Libertà e umiltà, fondamenti dell’esistenza cristiana

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Libertà e umiltà. Due parole che in questa ultima domenica di settembre accompagnano la riflessione che il Papa offre a conclusione della sua visita in Germania, la terza volta nella sua patria. La nostra libertà è limite che il Signore mette al suo potere, perché lo esercita in modo  diverso dagli uomini. È dono la libertà, che non può essere disgiunta dall’umiltà, ricorda il Papa nell’omelia pronunciata alla messa a Friburgo, davanti ad una folla che è stata calcolata in cento mila persone; l’esistenza cristiana è “un esserci per l’altro, un impegno umile per il prossimo e per il bene comune”. Soprattutto è un abbandonarsi nelle sue mani in tempi di pericolo e di cambiamento radicale, quando vediamo “le cose tremende” che a causa della libertà avvengono. Da parte nostra quel chinarsi del Signore verso di noi, e donarci la sua misericordia, chiede “la disponibilità di abbandonare il male, di alzarsi dall’indifferenza e di dare spazio alla sua parola. Dio rispetta la nostra libertà. Egli non ci costringe”. In definitiva si tratta di “fidarsi di Dio, il cui potere si manifesta soprattutto nella misericordia e nel perdono”.

Ecco dunque l’umiltà, la disponibilità ad aprire i nostri cuori, perché nel nostro rapporto con il Signore “non contano le parole, ma l’agire, le azioni di conversione e di fede”. No dunque a una fede tiepida, a una religiosità di routine, che non inquieta più l’uomo: “gli agnostici, che a motivo della questione su Dio non trovano pace” e le persone che “soffrono a causa dei nostri peccati” – come dire, persone colpite come vittime o semplicemente scandalizzate da casi come quello della pedofilia – e “hanno desiderio di un cuore puro, sono più vicini al Regno di Dio di quanto lo siano i fedeli ‘di routine’, che nella Chiesa vedono ormai soltanto l’apparato, senza che il loro cuore sia toccato dalla fede”.

Nelle parole del Papa, a commento della parabola dei due figli inviati dal padre a lavorare nella vigna, c’è l’invito a lasciarci inquietare, scuotere dalla fede; ad interrogarci sul rapporto personale con Dio: “il rinnovamento della chiesa può realizzarsi soltanto attraverso la disponibilità alla conversione e attraverso una fede rinnovata”. Già ai giovani, incontrati nella veglia di preghiera alla Fiera di Friburgo sabato sera, aveva spiegato che “il maggior danno per la Chiesa non viene dai suoi avversari, ma dai cristiani tiepidi”. Cristo “pur essendo nella condizione di Dio”, ha ricordato Benedetto XVI, non ha usato questo privilegio, ma ha assunto “una condizione di servo, diventando simile agli uomini”; e con la sua morte in croce “ci ha redenti dalla nostra superbia e caparbietà”.

In questa riflessione domenicale entra un terzo termine: unità. Il Papa si rivolge alla chiesa tedesca, la quale “supererà le grandi sfide del presente e del futuro e rimarrà lievito nella società, se i sacerdoti, le persone consacrate e i laici credenti in Cristo, in fedeltà alla propria vocazione specifica, collaborano in unità”. La Chiesa, ha spiegato ancora il Papa, continuerà a vivere nella società tedesca “se le parrocchie, le comunità e i movimenti si sostengono e si arricchiscono a vicenda; se i battezzati e cresimati, in unione con il Vescovo, tengono alta la fiaccola di una fede inalterata e da essa lasciano illuminare le loro ricche conoscenze e capacità”. Un messaggio chiaro, in una nazione che in questi anni sta vivendo le difficoltà degli abbandoni e la crisi delle vocazioni, la diminuzione della pratica religiosa. Certo la caduta del muro, ventidue anni fa, la riunificazione della Germania hanno messo in evidenza quanto profonda sia stata l’opera compiuta nella parte est del paese per impedire alla chiesa di essere forza viva nella società. Dalla parte occidentale è invece il secolarismo a scavare un solco profondo che ha offuscato la testimonianza dei credenti. Esiste, dunque, un bisogno di cambiamento, ma questo è soprattutto interno, personale.

Ed ecco che torna la parola umiltà, “una virtù che oggi non gode di grande stima”. Ma questa virtù, afferma ancora il Papa, “è, per così dire, l’olio che rende fecondi i processi di dialogo, facile la collaborazione e cordiale l’unità”. Le persone umili “stanno con ambedue i piedi sulla terra. Ma soprattutto ascoltano Cristo, la parola di Dio, la quale rinnova ininterrottamente la chiesa e ogni suo membro”. Con Paolo il Papa dice: non fate nulla “per rivalità o vanagloria”; con umiltà ognuno consideri l’altro superiore a se stesso. “Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri”.

Fabio Zavattaro (SIR)

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