Il seggiaro, l’ombrellaio, lo scarparo, tutti mestieri che, ormai, sono relegati a un passato che non ci appartiene più, una scatola chiusa, senza nulla di utile al suo interno.
Di queste tradizioni, andate irrimediabilmente perdute a causa del progresso, ce ne restituisce la memoria “Antichi mestieri”, l’ultima fatica editoriale di Antonio Sozzi presentata il cinque ottobre, nell’ex sala Confcommercio di Randazzo.
“Antonio Sozzi – ha illustrato la moderatrice Rita Vinciguerra – dopo gli studi di statistica, e dopo aver lavorato presso la banca nazionale del lavoro, diventa un libero professionista. Da qualche anno a questa parte si cimenta nella scrittura di libri. “Antichi mestieri” racconta un passato che non c’è più. Gli antichi mestieri siciliani, spesso, si tramandavano dal padre al figlio, c’erano i cosiddetti figli d’arte, e quando un mestiere passa da padre a figlio si crea la storia. Il libro oggi presentato, testimonia e racconta ben ottantuno antichi mestieri, dal seggiaro allo scarparo passando dall’ombrellaio, fino ad arrivare al cuntastorie e al cantastorie. “Antichi mestieri” è corredato di fotografie in bianco e nero ritraenti, per l’appunto, le antiche tradizioni della Sicilia”.
Un viaggio indietro nel tempo
“Antichi mestieri è un viaggio indietro nel tempo – ha spiegato l’autore Sozzi. Molti dei mestieri indicati nel mio libro riguardano la manualità; una manualità che è andata evolvendosi, anzi involvendosi in “gesti” stereotipati ed elementari. Esempio, fra tutti, il digitare la tastiera del computer.
La società di cui parlo nel mio libro è profondamente diversa da quella contemporanea. Fino al 1950 la maggior parte della popolazione era analfabeta, si lavava in catini con l’acqua fredda, e vi erano a disposizione solo due stanze. Chi era più fortunato aveva l’orto, grazie al quale poteva variare l’ alimentazione.
Come facevano a vivere in quel modo? Nello stesso modo in cui per millenni hanno vissuto le generazioni prima di loro”, ha chiosato l’autore del libro.
A fine presentazione, in veste di cantastorie, Iano il cantastorie ha recitato filastrocche in vernacolo, senza però accompagnarsi ad uno strumento come tradizione comanda.
Giosuè Consoli