Libri / Prezioso scrigno d’arte “La chiesa di Sant’Antonio di Padova” di Antonio Trovato

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chiesa s.antonio da Padova

Una interessante serata ‘culturale’ si è svolta  nella chiesetta di Sant’Antonio di Padova di Acireale con la presentazione del volume che il giornalista acese Antonio Trovato ha pubblicato con il titolo ‘La vecchia chiesa di San Sebastiano – La chiesa di Sant’Antonio di Padova’.
Il testo presenta la chiesetta che è un autentico prezioso scrigno d’arte per le tante meravigliose opere che racchiude nel proprio interno. In origine si intitolò il minuscolo tempio a San Sebastiano, finché l’omonima confraternita decise di costruire la nuova imponente basilica.

La presentazione del libro era inserita nel programma allestito in occasione dell’anno giubilare indetto per i cinquecento anni di culto della città di Acireale in onore di San Sebastiano.
Figurava anche nel cartellone delle manifestazioni estive organizzate dal Comune, e per la concomitante ricorrenza  del centocinquantesimo anniversario della diocesi di Acireale.

coro
Il coro diretto dal maestro Falcotti

Moderatore e conduttore della serata era il giornalista Antonio Garozzo. Relatori monsignor Giovanni Mammino, nuovo rettore del Seminario diocesano, lo studioso di arte Fabio Grippaldi e l’autore del testo.
La serata aveva inizio con un brano musicale tratto dalla colonna sonora del film “La vita è bella”, eseguito dal piccolo coro ‘Ensemble note acesi’, diretto dal maestro Carmelo Falcotti.

Le origini della chiesa di Sant’Antonio di Padova

Antonio Garozzo, introduceva i lavori prendendo spunto dalla prefazione al testo, curata dal vescovo di Acireale, monsignor Antonino Raspanti. “Una generazione narra all’altra – afferma il vescovo – per fare in modo che la memoria di quanto costruito dai nostri avi possa essere tramandata. Così da non disperdere quella che deve essere intesa come una preziosa eredità, per una chiesetta le cui origini risalgono alla notte dei tempi. Si pensi che essa era già esistente quando, nel secolo XVI, fu iniziata la costruzione della monumentale basilica, aperta al culto nel  1609”.

Dopo i saluti del sindaco, dell’assessore alla Cultura Fabio Manciagli e di un componente dell’associazione ‘Fercoli della devozione’, organizzatrice della serata, un secondo intermezzo musicale. Un inedito Inno del Giubileo di San Sebastiano, composto dal m.° Falcotti, il cui ritornello si rifà al cartiglio sovrastante la cappella di San Sebastiano nella monumentale Basilica acese.

L’intervento di monsignor Mammino

Poi l’intervento di monsignor Giovanni Mammino, il quale evidenziava come il testo di Trovato sia un’agevole opera narrativa e divulgativa. L’origine delle prime chiese nel territorio urbano acese si fa risalire addirittura ad alcune minuscole cappelle rette da Confraternite. Come è il caso della cappellina di forma triangolare dedicata alla ‘Madonna Annunziata’, divenuta in seguito chiesa Madre e, con l’istituzione della diocesi acese, Cattedrale.presentazione libro Trovato

Altro esempio, la minuscola cappella nel 1540 elevata sul luogo ove già in precedenza sorgeva un altarino dedicato all’Arcangelo San Michele. E successivamente ampliato e divenuto chiesa a tutti gli effetti.  Il vescovo di Catania monsignor Antonio Faraone elevò poi la cappella nel 1570 a ‘chiesa Sacramentale’ del Duomo di Catania.
Ciò prima che il violentissimo terremoto che nel 1693 colpì la zona acese, la radesse completamente al suolo. Tanto che il canonico Gambino commissionò all’architetto  Stefano Ittar il progetto per la costruzione dell’attuale tempio, i cui lavori furono avviati nei primi anni del secolo XVIII.

Il testo del giornalista Trovato presenta, altresì, un ricco apparato fotografico curato da Massimo Vittorio, che aiuta il lettore ad immergersi nella storia e nella cultura dell’antica chiesetta. Questa rimase gestita da rappresentanti della Confraternita di San Sebastiano finché costoro si accorsero che essa era divenuta insufficiente per il progressivo accrescersi delle attività di culto in onore del Santo compatrono della nostra città. Pertanto, essi ne fecero dono alla confraternita di Sant’Antonio di Padova, una volta completata la costruzione del nuovo monumentale tempio.

…e quello di Fabio Grippaldi

Prima del successivo intervento, affidato allo studioso di arte Fabio Grippaldi, un nuovo intermezzo musicale curato dal coro del m.° Falcotti, che eseguiva l’inno a Sant’Antonio di Padova. Seguiva un saluto da parte di don Arturo Grasso, direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della diocesi acese, e del presidente dell’associazione ‘Fercoli della devozione’.

Lo studioso Fabio Grippaldi presentava l’antica chiesetta dal punto di vista artistico, evidenziando come le tele degli altari laterali siano opera del pittore Michele Vecchio, genero di Pietro  Paolo Vasta. Mentre la volta dell’altare maggiore fu dipinta proprio dal  Vasta, il quale, comunque, non riuscì a completare l’intera opera, in quanto improvvisamente colpito da apoplessia proprio mentre vi lavorava e morì cadendo dall’impalcatura.

Continuatore dell’attività del Vasta fu il figlio Alessandro. In base agli intenti dei Vasta, l’arte doveva essere ‘catechetica’, cioè doveva riuscire a trasmettere dei valori fondamentali.
Anche se fare cultura è un compito estremamente complesso, ma che, comunque, aiuta  a conoscere la nostra identità.

Recuperare la chiesetta perchè non si perdano i suoi tesori d’arte

Due sono gli elementi essenziali dell’opera vastesca: la predicazione e l’Eucaristìa, come si evince dagli affreschi ai lati della cappella  sovrastante l’altare centrale. Affreschi che risultano in parte sbiaditi a causa delle secolari infiltrazioni di umidità. E a cui occorrerebbe porre urgentemente rimedio prima che un simile patrimonio culturale vada irrimediabilmente disperso.

Era questo il grido d’allarme lanciato da Antonio Trovato il quale auspicava con intenso fervore indispensabili interventi di recupero complessivo della struttura. Poichè la chiesetta racchiude autentici tesori d’arte. Cioè tele, affeschi e, in sagrestia, persino un grande armadio, che sembra fosse l’antica cappella che custodiva l’attuale simulacro di San Sebastiano.

Non potevano mancare i saluti del decano della Basilica di San Sebastiano, don Alessandro Di Stefano, espressi a nome personale e del comitato dei festeggiamenti. E anche quelli del parroco della Cattedrale, don Mario Fresta, nella cui giurisdizione parrocchiale ricade l’antica chiesetta. Concludeva la serata un rinfresco offerto nei locali della sagrestia della storica chiesetta.

Nando Costarelli

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