Libri / “Etna 1669 – Storie di lava a 350 anni dalla grande eruzione”

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Presentazione libro Etna 1669 a 350 anni dall'eruzione

Villa San Saverio, sede della Scuola Superiore dell’Università di Catania, è il sito prestigioso scelto per la presentazione del volume “Etna 1669 – Storie di lava a 350 anni dalla grande eruzione”.
L’opera è il compendio di celebrate conferenze e mostre susseguitesi dal 2019, per testimoniare l’evento eruttivo che sconvolse l’hinterland etneo e le popolazioni, nel 1669.
Il testo è edito dalla Regione Siciliana.

La presentazione del volume, ben partecipata, ha potuto contare su un parterre di eccezionale levatura istituzionale. Si rammenta la presenza di illustri personalità: Nello Musumeci, ministro per la Protezione Civile e le Politiche del mare; Francesco Priolo, magnifico rettore di Catania. Donatella Aprile, sovrintendente dei BB.CC.AA.;Daniele Malfitana, presidente della Scuola Superiore di Catania. Ed ancora, ha rappresentato la Regione Siciliana il dirigente generale del Dipartimento dei Beni culturali e dell’Identità siciliana Mario La Rocca. Presenti anche Carmela Maria Librizzi, prefetto di Catania; Paolo La Greca, vicesindaco di Catania e Filippo Pennisi, presidente della Corte di Appello di Catania.

Le estrinsecazioni rilevate, nei contributi propinati al consesso, sono resilienza come risorsa, riscatto sociale per le genti contadine, capacità di risorgere. Etna: nume tutelare.
In più, il volume consta di varie sfaccettature inerenti al territorio etneo.
Secondo il prefetto di Catania Librizzi, trattasi di un libro di storia, geografia, economia. Così, la “grande ruina”, ossia la colata lavica del 1669, ha cambiato la storia dei territori, anche morfologicamente, e delle popolazioni. Si sono formati, infatti, i Monti Rossi. Il Castel Ursino si è avvicinato. E stante a fattori cromatici, individuati dallo storico Giuseppe Giarrizzo: si è passati “dalla città bianca alla città nera”.Presentazione libro sull'eruzione dell' Etna 1669

Eruzione dell’etna 1669: risorgere dagli eventi nefasti

Ma, secondo il vicesindaco La Greca, dagli eventi nefasti si può risorgere, soprattutto se si pensa che nei luoghi lambiti dalla lava, oggi sussistono strade, palazzi, e compiute visioni urbanistiche. Qui, intervengono due tipi di capacità! Capacità di affrontare gli eventi, difficoltà e tragedie; e capacità del territorio di rinascere ed evolversi, stante a peculiari tratti di resilienza e adattamento; necessarie per assecondare le esigenze delle comunità locali. Capacità che, al di là delle controversie e degli eventi avversi, fa rimanere coesi e sempre figli di Mungibeddu.

Secondo la visione propinata dal dirigente generale La Rocca, l’attuale situazione, post eruttiva, non può che connotarsi positivamente, soprattutto per il comparto agro-alimentare e viti-vinicolo. Qui, per gli aspetti correlati direttamente ai territori si meditano/maturano sentori di produzioni che toccano punte di eccellenza nel mondo. Così, di pari passo ad eventi conclamati di “ruina”, non può, al contrario, non evidenziarsi un fattore di positività, legato anche ad elementi di risvolti economici e di valore del periplo attorno all’Etna.

Eruzione dell’Etna 1669: da fenomeno calamitoso a fenomeno benefico

Anche qui è possibile desumere capacità, nel quadro valoriale correlato al benessere derivante dal benevolo sfruttamento delle risorse naturali. Quale humus che arricchisce, Mungibeddu diviene risposta alle richieste di un territorio. I paesi etnei e Catania vivono e producono, tra le altre cose, grazie a quel prodotto che, da spaventoso fronte lavico, si tramuta in elemento di distinguo per l’agricoltura e il basalto etneo. In più, Mungibeddu o Mongibello contiene in sé il latino mons e l’arabo gebel, ossia ‘monte’. L’Etna è, dunque nella memoria collettiva, un monte-monte, stante l’espressione tautologica che ne rimarca l’intrinseca natura. UniCT Presentazione volume Etna 1669 , pubblico

Il presidente di Corte di Appello Pennisi ripercorre il pensiero di Leonardo Sciascia, per delineare certe sfumature storico-sociali. Così, l’Etna “non è tanto un fattore di calamità per questa terra, benché intimorisca e faccia sentire la sua voce”. A volte, dalle forme calamitose si registrano coefficienti di evoluzione sociale. Secondo l’aneddoto, dopo l’evento del 1669, i contadini si riorganizzarono. Essi diedero vita alla piccola proprietà contadina, su quei terreni che erano disdegnati dai latifondisti. Così, quei terreni abbandonati vennero coltivati dalla gente locale. In un paradosso, l’Etna è assimilabile ad un nume tutelare, soprattutto per il territorio situato alle sue pendici. In tal caso, le colate laviche si trasformano da fenomeno calamitoso a fenomeno benefico, dal punto di vista sociale.

Anche una mostra sull’eruzione dell’Etna 1669

La sovrintendente dei BB.CC.AA. di Catania Aprile ha evidenziato le fasi di realizzazione del volume, in compartecipazione della Regione Siciliana e dell’Ateneo catanese. In più, ha ricordato che, nel volume, emergono oltre agli onorevoli contributi di validi professionisti, le descrizioni certosine della mostra effettuata sempre in sede universitaria (Museo dei Saperi e delle Mirabilia siciliane, il 28 giugno 2021). Anche in quella circostanza, la mostra s’intitolava “Etna 1669. Storie di lava a 350 anni dalla grande eruzione”. L’importante esposizione comprendeva preziose opere salvate dalla popolazione in fuga al sopraggiungere della lava.

Secondo la documentazione delle cronache del tempo, si ripercorrevano i momenti del fenomeno eruttivo: stravolgimenti del territorio etneo e conseguenze sugli abitanti. La mostra, finanziata dalla Regione Siciliana, veniva curata dalla Soprintendenza per i BB.CC. AA. di Catania, in cooperazione con il SiMuA (Sistema Museale dell’ateneo catanese) e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Osservatorio Etneo. Quest’ultimo ente d’eccellenza, nel panorama vulcanologico internazionale, ha curato aspetti scientifici e storici dell’eruzione.

L’eruzione del 1669 rappresenta uno tra gli eventi di maggior rilievo nella storia della vulcanologia italiana dell’ultimo millennio” – spiega Stefano Branca, direttore dell’Osservatorio Etneo dell’INGV. In aggiunta, si ricorda che la colata lavica del 1669 distrusse ben 12 comunità raggiungendo Catania. E, a distanza di 24 anni, l’11 gennaio 1693, ecco un manifestarsi un’ulteriore catastrofe: un evento sismico di elevata entità, che provocò danni e migliaia di vittime.

In chiosa, il pensiero del ministro Musumeci. “L’Etna era meta turistica già nel tempo del Grand Tour, raggiunta mediante le sue antiche mulattiere. Oggi, occorre rivedere la gestione del sistema Etna, per un cambio di paradigma turistico. Infatti, maggiori accortezze gestionali devono creare efficienza e distinguo nelle tipologie turistiche, ad esempio: esperenziale, religioso, enogastronomico.
Si auspica poi che Catania e la Sicilia diventino centri focali per promuovere una reale cultura della prevenzione del rischio, per evitare il ripetersi di eventi funesti. E dall’altro lato, è importante lavorare per dare risposte al settore turistico e rivalutare così un bene inestimabile, Patrimonio dell’Umanità come l’Etna”. 

Luisa Trovato

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