Libri / Fra’ Vittorio Trani: “Il carcere tra giustizia, perdono e misericordia”

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libro di fra'Trani

Cappellano nel carcere di Rebibbia per oltre 50 anni, fra’ Vittorio Trani, sacerdote francescano, a 80 anni, dialoga con molta naturalezza della sua lunga esperienza con Stefano Natoli e Agnese Pellegrini, giornalisti e volontari a loro volta nelle carceri di Milano.
Il frutto di questo confronto è il volume, dal titolo “Come è in cielo, così sia in terra” seguito dal sottotitolo: “Il carcere tra giustizia, perdono e misericordia”, 216 pagine, edizioni Paoline, 16 euro.

Il testo contiene una prefazione del cardinale Pietro Parolin e una postfazione di don Antonio Rizzolo, direttore della Società San Paolo.
L’intrecciarsi di domande e risposte sviluppa un dialogo fra i tre interlocutori e manifesta contenuti particolarmente significativi di quel mondo singolare. Un mondo circoscritto da mura e divieti, regolamentato da prescrizioni e norme. Ed anche stracolmo di tanta umanità ferita e giudicata, che si cerca di curare. E, qualche volta, si riesce perfino a guarire. Ma anche spesso isolata e incompresa, aggrovigliata.

Emergono dal dialogo, insieme alla passione dell’autore per questo particolare lavoro, anche le tante contraddizioni tra la vita reale e gli obiettivi che le norme stesse intendono raggiungere. Le interpretazioni delle leggi e dei regolamenti che si accompagnano al difficile processo di recupero dei soggetti ristretti, spesso trovano barriere che i pregiudizi rendono ancora più ingombranti.

Fra’ Vittorio Trani

Anche in carcere vige il rispetto della dignità dell’uomo

La nostra legislazione, a partire dalla Carta Costituzionale, sancisce il rispetto della dignità di ogni uomo, che se pur ha sbagliato ed ha offeso e violato i diritti dei suoi pari, rimane sempre un uomo. E va trattato mantenendo intatta la sua dignità. La normativa e i regolamenti che riguardano la vita nei nostri penitenziari, prevedono il riscatto della dignità dei reclusi. Essi mirano non solo allo sconto della pena, ma alla reintegrazione sociale del soggetto nel tessuto sociale. Il soggetto negativo, da cui stare lontano deve potersi trasformare in soggetto solidale, capace di supporto a quella società da cui è stato tenuto lontano e punito.

Ci si chiede: a che serve la pena se non redime? La redenzione e l’inserimento sociale del reo è un percorso lungo e complesso, che può avvenire a condizione che il reo sia cosciente del male arrecato alla società e la società si disponga ad accoglierlo e a ridargli fiducia, sostenendolo e continuando a correggerlo come un padre fa con i propri figli.

Aiutare il recluso ad assumersi responsabilità e facilitare il suo percorso di inserimento è compito anche della società civile, che deve essere disponibile anche a reinserirlo nel mondo del lavoro, dandogli fiducia e incoraggiandolo a comportarsi onestamente e riabilitarsi agli occhi della società. Ma la società non soltanto non è preparata a questo compito ma non prevede nemmeno cammini di solidarietà e di sussidiarietà a vantaggio di tutti.
Molti sono perfino i diritti negati ai reclusi, a partire dalle relazioni familiari, affettive e  quelle che aiuterebbero i soggetti a mantenere un benessere psichico, tra cui il lavoro,  e che invece aggiungono pene alla pena.

L’impegno della società per migliorare la vita di chi è in carcere

Molti sono gli stimoli che l’autore offre al lettore sulle possibilità di rendere migliore la vita, sia nei reclusori che nella società intera. Ma anche la società tutta si deve impegnare nella rieducazione e nel compito di reinserimento sociale. Per guadagnare vite umane capaci di rendere servizi utili a tutti. E anche dal punto di vista economico, sarebbero risorse attive e non capitale a perdere.

Rimangono aperte le domande: come la società civile può interagire con il mondo carcerario? Come collaborare alla rieducazione del reo e al suo sano reinserimento sociale? Bastano le leggi o serve un cambiamento culturale che aiuti a mutare lo sguardo e far sì che i soggetti da diffidenti si rendano alleati?

Forse il primo passo verso questa direzione dovremmo farlo noi che crediamo nell’efficacia del perdono, dando fiducia a chi ha sbagliato. Offrendogli nuova opportunità per ricominciare.
I volontari sono quella primaria e piccola parte di società che entra nel mondo dei detenuti e porta un raggio di speranza e di fiducia. Possono insegnare loro a tracciare percorsi di recupero e di reinserimento sociale.

Il volume si chiude con un piccolo dizionario di parole utili a provocare moti d’animo. Ed esercizi di sillabazione per favorire l’incontro con l’altro, il diverso da noi. Sono parole  come “amore, benessere, diritto, responsabilità, volontà, umanità, zattera …”.
E, infine, i discorsi che i Papi hanno rivolto ai detenuti in occasione di visite nel reclusorio di Regina Coeli.
La lettura è attraente e offre una visione “altra” del recluso, perché mostra uno sguardo e un cuore umano, a tutti possibile.

Teresa Scaravilli

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