Francesco Failla “ I lampioni di Caltagirone. Don Luigi Sturzo e la luce elettrica in Sicilia”, edizioni Edb Lampi, Bologna 2016.
Francesco Failla, curatore di ricerche e autore di pubblicazioni sulla vita e sul pensiero di don Luigi Sturzo, nonché coordinatore della riorganizzazione e catalogazione dell’archivio e della biblioteca della casa natale della famiglia Sturzo-Boscarelli, racconta le peripezie del sacerdote calatino verso la realizzazione del difficile progetto di illuminare Caltagirone mediante l’elettricità.
Luigi Sturzo, figlio di Felice di Altobrando e di Caterina Boscarelli, nacque nella Caltagirone della seconda metà dell’Ottocento ed ereditò dal padre i “ sentimenti profondamenti cristiani” che lo condussero verso una vita dedita al sacerdozio, da principio in bilico tra l’attività pratica e la forte aspirazione per la filosofia.
Nel 1895 “ a Roma , in mezzo al fervore degli studi” don Luigi Sturzo diede una svolta alla sua vocazione sacerdotale indirizzandola verso l’attività cattolico-sociale “…quel che mi fece più impressione fu la vista di miserie inaudite in un quartiere popolare di Roma…tosto mi procurai della letteratura sociale, cercai di sapere…”
Sturzo, profeta nel suo tempo, grazie ai suoi studi, dispose di modelli a cui ispirarsi e non meno di coraggio nell’agire. Fede in Dio e fiducia nell’uomo animarono le sue azioni.
Convinto che un buon governo derivi da programmi e criteri stabiliti e non solamente dalle persone, Sturzo si presentò, alle elezioni del 1899, con un programma articolato in quattordici punti confacenti i reali bisogni della città di Caltagirone tra i quali: la necessità della realizzazione dell’impianto di illuminazione elettrica.
La narrazione scorrevole e al contempo ricca di particolari che illustrano le numerose dinamiche politico-sociali nascoste dietro la realizzazione di un progetto dal forte impatto economico, rendono l’opera del Failla, direttore della Biblioteca diocesana Pio XI di Caltagirone, attuale e spunto di riflessione per chi fa politica ma sembra ignorare la buona politica.
Vanessa Giunta