Don Salvatore Coco, che aveva dato tante valide prove di valente scrittore con quattro opere molto apprezzate, ha dato alle stampe, nel quarantesimo anniversario di ordinazione presbiterale, un nuovo libro dal titolo “Sentieri di Speranza” con sottotitolo “Ministero presbiterale nel nostro tempo” (Messina 2016). L’opera non è un insieme di dati sul suo lungo e intenso ministero perché supera la dimensione cronachistica in quanto “nasce dal bisogno di confessare ‘in mezzo all’assemblea’ le grandi cose che l’Onnipotente, Dio, il sempre Inquieto per la sua creatura ha compiuto”.
In quest’ottica gli eventi personali e comunitari si inquadrano in un intensa esperienza di vita spirituale, sempre però a confronto con la realtà concreta delle persone e degli ambienti di vita, perché al sacerdote è chiesto “di essere duttile, flessibile, fedele a Dio e fedele all’uomo”. Egli ripercorre con questo spirito la sua missione sacerdotale a Cosentini, ad Aci Sant’Antonio, Linera, Acitrezza e S. Maria La Stella. La lettura risulta molto formativa in quanto gli elementi autobiografici sono sempre orientati alla scoperta dell’ “iniziativa della mano di Dio”, dei doni ricevuti e degli “effetti che ne sono scaturiti”.
Chiarita l’impostazione, tuttavia, alla luce della sua esperienza formativa e soprattutto del servizio presbiterale svolto nelle parrocchie, egli evidenzia alcune criticità che devono essere affrontate per una migliore formazione dei giovani aspiranti al sacerdozio, quale l’apertura al mondo e la formazione teologica, le condizioni per un vero celibato evangelico, ed auspica un riordino delle competenze dei parroci con una migliore distribuzione di compiti nella vita ordinaria parrocchiale, nella quale uno solo non può svolgere tutte le incombenze organizzative e amministrative che rischiano di sovrapporsi al compito pastorale primario; bisogna assolutamente evitare che “il ruolo prevalga sulla relazione, il fare sull’essere, l’attività sulla vita dello Spirito”.
Don Coco sottolinea che “il sacerdote secondo le indicazioni del Nuovo Testamento, non è un uomo che svolge un servizio – da cui si potrebbe poi in qualche modo distaccare -, ma è una persona intera che si fa servizio”. E’ necessario – afferma – ricorrere alla “custodia del silenzio”, al “deserto” che richiama all’interiorità e che conduce al “tu” affinché la parola non diventi brusìo. Nella vita ecclesiale – scrive l’autore – è di estrema utilità “porre l’attenzione su tre elementi: l’oggi, l’ascoltare e il non indurire il cuore”.
Il libro, che si avvale della presentazione di don Sebastiano Raciti, il quale rileva che don Salvatore “ci consegna una storia di un amore che lo ha sedotto”, è corredato da tante foto che documentano alcuni dei momenti più significativi della sua vita, dall’infanzia, ai primi sacramenti, al seminario, all’ordinazione, alla prime celebrazioni eucaristiche, alla vita comunitaria, all’incontro con S.S. Giovanni Paolo II e non solo. Un libro scritto con il cuore e con la mente, una lettura sapienziale della propria storia, nel solco di una fede sempre viva, capace di dare un senso alla missione presbiterale.
Giovanni Vecchio