Presentato ad Acireale il romanzo d’esordio della giovane autrice siciliana Aurora Tamigio, ‘Il cognome delle donne” (Feltrinelli – collana I narratori).
Il cortile del Palazzo del turismo ha ospitato l’incontro con la scrittrice in dialogo con la giornalista Katia Scapellato. Un simposio letterario durante il quale le due intelletuali sono state capaci di mutare la narrazione sulle tematiche di genere in un storia di lotte per la conquista dei propri diritti. Scardinando i più comuni meccanismi di stereotipizzazione, tramandati e cristallizzati nel lungo cammino delle donne che ha attraversato il XX sec in scenari diversi, poliedrici e totalizzanti.
Presenti all’ evento letterario le autorità politiche e i rappresentanti di alcune associazioni del territorio. A fare gli onori di casa, l’assessore al Turismo e alla Cultura, avv. Enzo Di Mauro, sempre attento alle tematiche culturali e presente a tutte le iniziative. Egli, nel porgere i saluti istituzionali, ha rimarcato la rilevanza dei salotti letterari nell’incentivare dibattiti che offrono la possibilità di analizzare temi di attualità e la loro utilità nella promozione del territorio.
Il cognome delle donne: riflessioni sui diritti negati
Il romanzo, presentato in altre occasioni, è già un successo letterario che ha riscosso un notevole consenso di critica e di pubblico. I molti temi di carattere storico e sociale emersi hanno sollevato interrogativi e riflessioni su tematiche attuali quali la violenza e i diritti negati. Addentrandosi persino in un terreno psicologico delicato come quello che concerne i disturbi depressivi postpartum.
L’autrice, alla sua prima fatica letteraria, costruisce, attingendo dalla sua formazione cinematografica, il racconto delle vicissitudini di un collettivo comune che si dipana e si dirama in un excursus storico che abbraccia tre generazioni di donne.
Un libro atipico strutturato e concepito come una sceneggiatura nella quale la costruzione narrativa è tale che l’aspetto iconico acquista valore. E diviene metafora di un progetto interdisciplinare che mette in dialogo storia, letteratura e cinema.
Si riscopre così l’innamoramento dell’ autrice per le tecniche audiovisive e i sistemi di proiezione. Adoperati, questi, come sussidi nella rappresentazione grafica di sequenze che fanno idealmente di ogni capitolo una narrazione puntata a puntata, episodio a episodio. Tutto tratto fedelmente da racconti della propria terra, da ricordi e storie tramandate oralmente e scaturite dall’ incontro, spesso casuale, con oggetti e ninnoli del quotidiano.
Storie di donne e delle loro battaglie
Tra diritto all’ identità e promozione di genere, il romanzo apre dibattiti, pone critiche e dubbi. La saga familiare, ricostruita con l’ occhio vigile di uno storico, mantiene un valore di intrattenimento il cui baricentro è prossimo ad una realtà oggettiva. Ed é perciò priva delle ampollosità tipiche del romanzo da ombrellone. L’invisibilità del genere femminile nel contesto domestico, familiare e lavorativo nella Sicilia rurale diventa emblema di quella esclusione, discriminazione, subordinazione, paterna e poi maritale, delle donne.
Nel saggio la storia del Novecento è la storia individuale e collettiva di una famiglia, delle sue donne e delle loro battaglie. L’autrice tesse un racconto che attraversa quasi un secolo nel quale si manifestano i segnali di un grande cambiamento. E si assiste anche ad una profonda evoluzione.
Un romanzo di denuncia che partendo dalle microstorie dipinge un quadro della società italiana e delle lotte che contribuirono alla promulgazione di quelle leggi che resero libere le donne, le mogli, le madri, le sorelle. Oggi la riforma del diritto di famiglia riconosce alla donna una condizione di completa parità con l’uomo. Eppure la parità tra coniugi è ancora subordinata all’ obbligo di acquisire il cognome prima del padre poi del marito.
“ Lo sapevate vero, che il cognome delle donne non esiste, portiamo sempre quello di un altro maschio”- è la frase conclusiva del romanzo.
Rita Vinciguerra