L’eccellente opera di Francesco e Giuseppe Calì, con presentazione di Giuseppe Contarino, s’apre con l’introduzione sul culto dei santi Alfio, Filadelfo e Cirino, nel contesto culturale-religioso della secentesca Confraternita ad essi ispirata , nella chiesa acese di San Pietro e Paolo.
Terzo secolo, il periodo storico: patrizi cristiani,i genitori, il romano Vitale e Benedetta da Locuste, in futuro canonizzati dalla Chiesa. Analizzata la questione del luogo di nascita, – Guascogna o Vaste -, prevale la tesi del gesuita belga, Daniel Van Papenbroock del XVII secolo, pro Vaste, nell’arco di tempo 230- 233. I tre fanciulli, educati da Evodio da Bisanzio, poi da Onesimo.
Nel 249 con l’avvento di Decio, il potere imperiale calpesta tutti i diritti umani: persecuzione, protrattasi fino al 252, contro i cristiani, quali nemici di Roma.
Rigorosa documentazione della misteriosa storia dei tre Fratelli, catturati a Vaste dal prefetto Nigellione assieme al nipote Erasmo, Onesimo e tredici discepoli: tradotti a Roma, nel carcere Mamertino, visione dei Santi Pietro e Paolo, momento immortalato nella tela di Giacinto Platania, nell’altare dei tre Santi, nella Basilica acese.
Decretato il trasferimento del gruppo a Pozzuoli, presso l’implacabile Diomede, i tre Testimoni della fede assistono al martirio del precettore e dei discepoli, compreso Erasmo. Poi, incatenati e spediti in Sicilia per via mare, sbarcano a Messina il 25 agosto 252. A Taormina, il crudele Tertullo – sottoposti i tre giovani a gravi pene – impone alla scorta di condurli a Lentini, sua sede pretoria.
A Mascali, dirottamento verso il territorio etneo, per evitare una colata lavica; soste, nell’attuale comune di Sant’Alfio, a Trecastagni, una notte in carcere a Catania; prodigioso il passaggio del Simeto; il 3 settembre, Lentini. S’intercalano miracoli e conversioni. Dopo la guarigione di Tecla da Lentini, conversione dello stesso vicario pretorio, Alessandro; martire, la moglie Epifana.
Il 10 maggio 253, martirio: Alphius, strappo della lingua e decapitazione; Philadelphus, giacere su rovente graticola; Cyrinus, immerso nella pece bollente. I loro corpi ventenni, buttati in un pozzo, recuperati da Tecla e Giustina, sepolti in un luogo che diventa sacro. Articolata, la rievocazione delle reliquie, infine traslate a Lentini il 2 settembre 1517.
La portentosa storia ispira diversi autori a scrivere testi per rappresentazioni teatrali; di fondamentale importanza il testo della tragedia del gesuita Filadelfo Mauro da Lentini. Nella Biblioteca Zelantea, sono documentate le rappresentazioni in Acireale, i cui testi sono pubblicati nel volume: Vincenzo Costanzo, “Il martirio degli Atleti di Cristo A, F. e C.”, musica di P.Marcello Arcidiacono Acitano (maggio1759); Sebastiano Pulvirenti, “Tecla alla prigione dei Santi Martiri A, F. e C.”, oratorio musicato da Francesco Flavetta (1844). “Tragedia in tre atti di Anonimo”, rappresentata, secondo il relativo avviso teatrale, il 13 giugno 1824, mentre il Pitré sostiene date precedenti al 1820.
Riportati alla luce, frammenti di opere di vari autori, un inno di Salvatore Pantellaro, un’ode del poeta Giuseppe Coco, preghiere del can. Venerando Gangi; la “cantata”di P. Francesco Pelluzza, musica di P.Antonino Maugeri, tuttora in voga, nella festa cittadina.
Di rilievo, il capitolo sullo stupendo trittico statuario, rivestito in oro zecchino e argento, realizzato nel 1818 dall’argentiere Giuseppe Oliveri; e l’altro sull’artistica “vara”, ripristinata. Ricca la bibliografia; di spicco, le opere di Lionardo Vigo.
Belle foto e tavole a colori; eccezionale la tela del pittore Giuseppe Alvino della Galleria regionale della Sicilia. In copertina, suggestivo acquerello di Aldo Scaccianoce.
Anna Bella