“Eva” di Giovanni Verga, il carretto siciliano, Grazia Longo hanno tutti un comune denominatore: Aci Sant’Antonio, città della provincia di Catania a metà strada fra Acireale e Valverde.
Enzo Mancuso, santantonese da oltre quarant’anni, con una passione e una ricerca storica non facile – è giusto ricordare che sulla storia di Aci Sant’Antonio vi sono solo poche pagine, sparse qua e là nelle biblioteche delle varie Aci- ha scritto la cronistoria della sua città nel libro “La mia storia di Aci Sant’Antonio”.
Domenica 17 novembre è avvenuta la presentazione del volume nella sede della “Pro loco” di Acireale. Gli intermezzi musicali sono stati offerti da Gesuele Sciacca e Daniela Greco che ha anche curato la lettura di brani.
“Il libro che ho qui davanti non è solo la cronistoria di una città. Testimonia anche l’attaccamento affettivo ai propri luoghi – ha esordito la moderatrice Rita Vinciguerra.
Non vogliamo promuovere il concetto di patria, concetto vecchio e stantio. Però amare il proprio paese è istintivo: ci ha dato i natali e la cultura.
Il cosiddetto senso d’identità, che si assottiglia nelle grandi città, s’irrobustisce nei piccoli paesi. Le casate della zona delle Aci ebbero vari nomi, stiamo parlando di territori di miti e di leggende da Galatea a Polifemo. Aci SS. Antonii et Philippi nasce nel 1640, nel 1672 viene acquistata dalla famiglia Riggio e, nel 1826, vede la luce il comune di Aci Sant’Antonio”.
Aci Sant’Antonio non è solo la patria del carretto siciliano
“Quando si parla di Aci Sant’Antonio – spiega Mancuso – si pensa al carretto siciliano, il mezzo di trasporto inventato alla fine del XVIII secolo, con le scene dipinte sulle fiancate. Ma Aci Sant’Antonio è una città protagonista di storia e letteratura.
Pochi, ad esempio, conoscono la storia di Grazia Longo, donna talmente emancipata, che scandalizzerebbe anche le nostre menti moderni. Grazia nasce ad Aci Sant’Antonio nel 1853, a soli quindici anni segue un ragazzo inglese a Londra. Dopo una fortunata vincita a baccarat si trasferisce a Parigi.
In seguito divorzia, e s’innamora di un nababbo indiano che le ruba buona parte del patrimonio. Ritorna ad Aci Sant’Antonio, e sposa Alfio Bonario con cui va a vivere ad Aci Bonaccorsi, paese limitrofo.
Dopo qualche anno, il marito muore. Lei va a a vivere a Catania, vendendo calze e chiedendo l’elemosina. La notte fra il 6 e il 7 gennaio 1932 i suoi vestiti presero fuoco e si concluse così la sua esistenza.
Pure Giovanni Verga – ha concluso l’autore – ha intrecciato la sua parabola letteraria con Aci Sant’ Antonio: il pittore protagonista di “Eva”, infatti, proviene dalla città del carretto siciliano”.
Giosuè Consoli