L’opera di Maria Pia Risa è una testimonianza d’amore verso Dio sia da parte dell’autrice stessa, che si è impegnata strenuamente in quest’opera di ricerca certosina sotto la guida di don Santino Spartà, sia dei 58 Autori scelti, con le loro poesie- preghiere più significative, poco note nel nostro tempo, ad eccezione di alcune dei primi secoli della letteratura italiana, d’epoca medievale.
Leggendo quest’opera, si ha la sensazione d’immergerci in un lavacro di purificazione, avvolti dalla nuova luce che emana dalla coscienza e dalla parola di tali Autori in rapporto intimo con Dio: le loro poesie-preghiere inebriano mente e cuore di noi lettori, coinvolgendoci in un’atmosfera di spiritualità, di gioia, di contemplazione di Dio nelle tre Persone della Santissima Trinità, facendoci ideare l’al di là, quale mondo della perfezione cui siamo destinati. Il Duecento, con il quale s’apre l’opera: al famoso “Cantico di frate Sole” di san Francesco d’Assisi, con l’esaltazione delle creature della natura, definite con tenerezza come fratelli e sorelle – “sora Luna”, “frate Vento”, “sora Acqua”.….., -cantico ripreso da papa Francesco nella sua stupenda enciclica “Laudato sì”, – seguono lo “Stabat mater” e “Donna de Paradiso” di Iacopone da Todi, di cui la prima poesia, in latino, musicata, è tuttora cantata nelle chiese, specie nella Settimana Santa: ‘Stabat Mater dolorosa / iuxta crucem lacrimosa / dum pendebat Filius…’; la seconda, è un dramma sacro, icastico, con dialoghi emblematici, esaltanti, specie quello tra Maria e il Figlio in croce, nel solenne momento dell’affidamento della Madre a Giovanni: ‘Ioanne, esto mia mate: /agine pietate, / tollela en caritate, / ca lo cor sì ha forato.’ Molto belli i versi del dolore di Maria per la morte di Gesù: ‘Figlio, l’alma t’è ‘scita,/ figlio de la sparita, / figlio de la smarrita, /figlio attossicato!…’.
Meravigliosa, la preghiera di san Bernardo nel ‘Paradiso’ di Dante: “Vergine Madre, figlia del tuo figlio, / umile e alta più che creatura, /termine fisso d’eterno consiglio ”: è spesso citata nelle omelie, giacché racchiude in sé profondi misteri. Del Canzoniere di Dante Alighieri vengono riportati nell’ Antologia cinque dei sette ‘salmi penitenziali’; colloquiale è il quarto salmo: ‘O Signor mio, o padre di concordia, / io prego te per la tua gran pietade, / ti degni aver di me misericordia.’ Nessuno può essere salvato senza la volontà di Dio.
Il libro potrebbe essere diviso in due parti: trentacinque gli Autori dal Duecento all’Ottocento, con 127 poesie- preghiere, complessivamente; in un linguaggio lontano dal nostro, ancora legato al latino, tuttavia esse attingono all’universalità dei sentimenti e alla fede, quindi la loro parola è un segno indelebile. Ventitré poeti sono di fine Ottocento- primo Novecento, Novecento e Duemila, con 88 poesie-preghiere: a essi ci sentiamo più legati, perché, appartenendo più o meno alla cultura del nostro tempo, li conosciamo meglio e c’interessano maggiormente nel loro atteggiamento verso la divinità; riusciamo quasi a stabilire un confronto tra il loro modo di sentire e il nostro rapporto interiore con Dio. Nel caso di Autori piuttosto famosi per una concezione di vita libera, la testimonianza di poesie-preghiere assume un rilievo sensazionale, in grado di farci percepire la loro grandezza in modo completo, non soltanto nella loro dimensione di eccellenti poeti laici. Ovviamente, ho seguito il metodo della citazione di Autori e poesie- preghiere più rispondenti al mio sentire.
Della prima parte, oltre gli autori già citati, molto incisive sono le poesie- preghiere del duecentista Guittone d’Arezzo, tra le quali la “Lauda della Vergine” mi appare molto bella per la sua umanità illuminata dalla fede: “Per lo vostro grande valore, Vergine Maria,/ ci hai dato un bambino ch’è la vita mia. / Un dolce bambino voi ci avete fatto,/ grand’e picciolino da tenerlo in braccio;/ baciando e abbracciando n’averem sollazzo:/ non voglio altra gioia, nessuna che sia…..O vera umanitade, come se’ aggrandita, / colla divinitade tu se’ unita; / la Vergine Maria ne prende letizia / e a noi peccatori ne fa cortesia.”
Degli altri due grandi trecentisti, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio, sono riportate poesie-preghiere stupende; del primo, il sonetto “Padre del ciel, in modo sintetico il poeta analizza il proprio stato d’animo, “dopo i perduti giorni, / dopo le notti vaneggiando spese / con quel fero desìo ch’al cor s’accese…”, invoca il Padre del ciel d’aver misericordia di lui: “reduci i pensier vaghi a miglior luogo:/ rammenta lor come oggi fusti in croce.” Nella canzone “Vergine bella, che di sol vestita”, il poeta rappresenta la Madonna con immagini sublimi, in tutta la sua suprema bellezza, e apre a lei la sua anima: “i dì miei, più correnti che saetta/ tra miserie e peccati / son sen andati, e sol morte n’aspetta/…. Raccomandami al tuo Figliuol, verace / omo e verace Dio, / ch’accolga ‘l mio spirto ultimo in pace.”; nel sonetto “ I’ vo piangendo i miei passati tempi”, Petrarca si rivolge al ‘ Re del cielo invisibile immortale,/ soccorri a l’alma disviata …’ Boccaccio, dopo la conversione, scrive poesie-preghiere di grande effetto: “O Regina degli angioli, o Maria,/ch’adorni il ciel con i tuoi lieti sembianti,/ e stella in mar dirizzi e naviganti / a port’e segno di diritta via /per la gloria ove sei, Vergine pia, / ti prego guardi a’ mia miseri pianti….”. Nella canzone “L’Ave Maria”, articolata, confidenziale, piena di fede, Boccaccio, riconosciuti i suoi errori, messa in evidenza la sua lotta contro la “lupa delle sette branche”, ovvero dei sette peccati capitali, intreccia un cantico, “con fedele melodia”, sull’Eletta Madre pia di Gesù, un capolavoro artistico e una testimonianza schietta: ’ Tu se’ la fede dello cristian segno, / tu se’ speranza al giusto e al peccatore, / e se’ di carità perfetto ingegno. /In te è sapienza, in te prudente fiore / in te intelletto, in te magnificenza / e magnanimità con grande amore”. Il poeta continua a cantare le virtù di Maria, dichiarando d’essere un peccatore incallito, che tuttavia osa sperare nella sua pietà: chiede perdono, fiducioso nella sua protezione.
Franco Sacchetti e Caterina da Siena sono gli Autori che chiudono il Trecento; del primo singolare è la canzone”Oratio ad Matrem” con l’esaltazione della Madonna: ”Tu fosti e se’ in cielo somma allegrezza,/ del sole e luna e di stelle chiarezza;…/tra ‘l creatore e la creatura / tu fosti pace e vita sicura.” Della seconda, terziaria domenicana che s’incontrava con un gruppo di fedeli per parlare di Dio, patrona d’Italia, morta a 33 anni, Maria Pia sceglie passi molto densi di fede, di cui ne riporto qualcuno indirizzato al Padre eterno: “Tu luce, non hai guardato alle mie tenebre….”; “Questo medesimo amore ti costringa ad illuminare l’occhio del mio intelletto con la luce della fede, perché io conosca e intenda la tua verità, che hai manifestato a me”; “Come il cervo desidera la fonte dell’acqua viva, così la mia anima desidera di uscire dal carcere del corpo tenebroso per vedere te in verità…..Trinità eterna, guardando me in te, vidi che io sono tua immagine, partecipe, per tuo dono, della potenza tua…e della sapienza tua nel mio intelletto”. “O fuoco, abisso di carità, tu se’ fuoco che sempre ardi e non consumi: tu sei pieno di letizia e di soavità.”
Il Quattrocento è rappresentato nell’Antologia da sei autori. Tre li citiamo soltanto con il nome: Giovanni Dominici, Leonardo Giustiniani, Feo Belcari. Agli altri tre dedichiamo citazioni di poesie con commento. Lorenzo dei Medici , il Magnifico, (1449-1492), famoso per la canzone “Quanto è bella giovinezza/ che si fugge tuttavia”, scrive poesie –preghiere d’una intensità di fede, sorprendenti. Maria Pia ne riporta cinque; mi è piaciuta in modo particolare “Cantasi come la canzona delle cicale”, scritta dopo la sanguinosa Congiura dei Pazzi, promossa da aristocratici fiorentini, il 24 aprile 1478, alla fine di una messa solenne, contro la rivale famiglia dei Medici : l’attentato costò la vita al fratello Giuliano e mise in pericolo la sua, oltre a conseguenze contro Firenze. Il popolo fiorentino si schierò con i Medici: l’ arcivescovo Francesco Salviati di Pisa, Iacopo e Franceschino dei Pazzi, furono impiccati, la famiglia dei Pazzi messa al bando. Il Magnifico scrive: “Ero sano, puro e bello, /fui ferito a mezzo il petto: /grave doglia tal coltello / diemmi, e di morir sospetto: / ma tu, medico perfetto, /questo corpo hai ben sanato. /L’alma pura innamorata / di te, Dio, suo padre e sposo,/ poi dal diavolo accecata, / ha ucciso il suo amoroso: / non può mai trovar riposo:/ questo è, misero, il suo stato. …../Tu se’, Dio, quella dolce esca, / che ‘l disìo santo ha saziato.” In “Cantasi come tanta pietà mi tira” il Magnifico si rivolge a Gesù in modo sentimentale: ”Poi ch’io gustai, Gesù, la tua dolcezza, / l’anima più non prezza / del mondo cieco alcun altro diletto…./ Ogni altro ben mi par pena e dolore…./ né si spegne la sete, / se non solo al tuo fonte benedetto…./o Gesù mio, tu se’ infinito amore.”Di Girolamo Savanarola (1452-1498), Priore del Convento di san Marco a Firenze, difensore della morale, in contrasto con papa Alessandro VI, da cui fu scomunicato, morto sul rogo, sono riportati il sonetto ‘Ad Virginem’, alla Regina del Cielo, e due canzoni: ‘De l’amor di Iesù’ e ‘In Oratio pro Ecclesia’, da cui si evince la grande pietà: “Ben venga amore, / ben venga amore; / i’ ti sento nel cuore./ Pensando la tua grazia / di venir in me vile, / l’anima non si sazia / di te, amor gentile; / deh! Fammi cuor umile”. Singolare la passione: ”Iesù, dolce conforto e sommo bene / d’ogni affannato core, / riguarda Roma cum perfetto amore……..” Angelo Poliziano, nella lauda spirituale “Vergine santa”, invoca la Vergine, per soccorrere i “poverelli / che son fra’ lupi agnelli”. L’epoca dell’Umanesimo, tuttavia, si prolunga per circa metà del Cinquecento, nelle corti di Firenze, Ferrara, Urbino, Venezia, Roma papale. Pietro Bembo è l’umanista per eccellenza, ordinato cardinale nel 1539, vescovo di Gubbio e Bergamo. Densa di afflato spirituale la poesia “Signor, quella pietà, che ti costrinse”: “Tu, Padre, ne mandasti / in questo mar, e tu ne scorgi a porto;/ e se molto ne amasti, /alor che il mondo t’ebbe vivo e morto, / àmane a questo tempo, e ‘l nostro torto / la tua pietosa man non ne suspenda:/ ma grazia sopra noi larga discenda”. Di Ludovico Ariosto è riportato il sonetto “Come creder debbo”, in cui nelle due terzine il poeta manifesta il suo pentimento nel discernere poco il bene dal male, pregando Dio d’”aver pietà d’un cor pentito”, usandogli misericordia.
Di Michelangelo Buonarroti vengono riportate dieci poesie- preghiere, in cui il grande artista riconosce il suo fallo e la potenza di Dio: “Veggio nel tuo bel viso, Signor mio,/ quel che narrar mal puossi in questa vita: / l’anima, della carne ancor vestita, / con esso è già più volte ascesa a Dio”. Nel sonetto ‘Vorrei voler, Signor, quel ch’io non voglio’, Michelangelo apre a Dio il suo cuore con originalità: “I’ t’amo con la lingua e poi mi doglio, / ch’amor non giunge al cor; né so ben onde / apra l’uscio alla grazia, che s’infonde / nel cor, che scacci ogni spietato orgoglio/…….Manda ‘l predetto lume a noi venturo, / alla tua bella sposa, acciò ch’io arda / il cor senz’alcun dubbio, e te sol senta.”
Vittoria Colonna è una poetessa molto distinta, che, da vedova, cominciò a frequentare diversi monasteri, soprattutto quelli di Roma, cantando le lodi del Signore nei suoi mirabili sonetti: sinteticamente esprime verità teologiche a cui il suo spirito aderisce con grande fede. In “Padre del ciel, se tua mercede”, manifesta il suo supremo amore per Dio: “Purgami sì, che rimanendo i’ teco / mi cibi ognor della rugiada santa / …… verità sei! Dicesti d’esser meco!”. La terzina finale di “Deh, manda, santo Spirto al mio intelletto” è una dichiarazione d’amore a Dio: “ Dammi, ti prego, o mia viva salute, / ch’omai vestita di celesti piume / voli alla vera luce, al vero amore!” Una consonanza si riscontra nell’anelito di Luigi Alamanni, suo coetaneo, esule in Francia per motivi antimedicei, nella preghiera alla Santa Trinità: “Dammi per grazia che nell’alto polo/ sia pecorella del tuo santo ovile, / lontano dall’errante stuolo, / che, non pregiando ‘l tuo, segue altro stile”.
Della stessa epoca, il monaco benedettino Teofilo Folengo, per diversi anni frequentatore del circolo letterario di Vittoria Colonna. Nella poesia “Pendea dal legno con le aperte braccia” rappresenta Gesù Crocifisso con potenti immagini, che ne focalizzano il sacro Volto e lo sguardo rivolto ai suoi carnefici: “cade la smorta e sanguinente faccia / su l’omer dritto, e con afflitto e mesto / caduco sguardo vede chi ‘l minaccia, / chi tuttavia gli è rigido e molesto, / chi l’inconsutil vesta gli divide / chi con mordace improverar l’ancide.” Lo sguardo di Cristo è rivolto anche a chi l’ama: la madre e ‘l’altre col cor piagato e d’un color di morte’; l’amato Giovanni che piange forte; vede se stesso e invoca il Padre. “Turbasi ‘l ciel, trema la terra, e in volta / fugge l’inferno col suo ner stendardo”. E’ uccisa la Morte: l’Anima santa esce vittoriosa dal corpo, che rimane in croce. Altra personalità ha la poetessa veneziana Gaspara Stampa, che apre nella sua casa un circolo letterario e conduce una vita molto libera; anche lei, scrive un sonetto singolare, indirizzato al Crocifisso, ”Volgi a me peccatrice empia la vista”, che si conclude con una terzina suggestiva: “Dunque apparir non può la luce mia, / se il sol della tua grazia non sormonta / a squarciar questa nebbia fosca e ria.” Torquato Tasso chiude il Cinquecento con poesie-preghiere intense. ‘Nella notte di Natale’, sonetto luminoso, il poeta rappresenta la Notte Santa con tocchi appassionanti, che rivelano la partecipazione del suo ‘senso interno’ al mistero dell’Incarnazione nell’umiltà: ‘chi gli apparecchia albergo / degno di lui, che portò pace al mondo?/ gliel dia l’anima mia, ch’a lui sol tergo / fra questo e quel desir, ch’in lei si pasce, / e presepio gli sia, ma puro e mondo.’
Nel Seicento- Settecento, si riducono i poeti a sette; in questa rassegna, segnalo “L’assunta” di Gabriello Chiabrera e il sonetto di Giambattista Marino ‘Cupio dissovi et esse cum Christo‘. Intessuto di spirito critico il sonetto ‘A Cristo, nostro Signor’ di Tommaso Campanella; originale l’ultima terzina:”Se torni in terra, armato vien’, Signore,/ ch’altre croci apparecchianti i nemici, / non Turchi, non Giudei: que’ del tuo regno.” Interessanti le poesie –preghiere di Claudio Achillini e di Vincenzo Da Filicaia. Di Alfonso Maria de’ Liguori, la “Canzoncina a Gesù Bambino” è una melodia di straordinaria bellezza, in cui il santo manifesta il suo sconfinato amore per il piccolo Gesù. Tutt’oggi le prime tre strofe di ‘Tu scendi dalle stelle’ si cantano dinanzi ai presepi e commuovono il cuore degli astanti. Ne riporto una delle ultime tre strofe: ’Tu piangi per vederti da me ingrato / dopo sì grande Amor, sì poco amato./ O Diletto del mio petto, / se già un tempo fu così,/ or Te solo bramo. / Caro, non pianger più, ch’io t’amo, io t’amo.’ Giuseppe Parini è l’ultimo poeta del Settecento, di cui sono riportati un sonetto e una poesia alla Vergine Maria. In “Ohimè in quel giorno, ohimè”, è invocata ‘la Madre dell’eterna vita’per la grazia della sua assistenza nel momento della morte.
L’Ottocento romantico inizia con Alessandro Manzoni: degli ‘Inni sacri’, vengono riportati “Il nome di Maria” e il sublime inno, molto noto, ‘La Pentecoste’, con tematiche spirituali e sociali, con la proiezione di speranze che daranno agli uomini la ‘Pace, che il mondo irride, / ma che rapir non può’: “Discendi Amor; negli animi / l’ire superbe attuta: / dona i pensier che il memore /ultimo dì non muta:/ i doni tuoi benefica / nutra la tua virtude;/ siccome il sol che schiude / dal pigro germe il fior…”.
Silvio Pellico ci sorprende con le sue poesie-preghiere spontanee, che rivolge a Maria : ‘Amo, e sovra il cor mio porto col santo / Nome di Dio quel di Maria stampato!/ Quel della Donna che a Lui siede accanto! / Della Madre che il Figlio ha per me dato!’ Nella poesia ‘A Dio’, il poeta, in uno stile colloquiale, esalta Dio: ‘Con te, Signor, con te stringo alleanza:/ perdonerò a’ mortali, a me perdona; /amerò tutti, perché han tua sembianza,/ perch’io son tua fattura, amor mi dona;/ amerò tutti, ma con più esultanza/ chi tra le braccia tue più s’abbandona;/ amerò tutti, ma con più fervore/ chi più simile al tuo mi mostra il core!’
Giacomo Leopardi, nel suo poemetto, ‘Per il Santo Natale’, nella sua suprema arte poetica rivela un sentimento profondo per la nascita di Gesù; eccone alcuni simbolici passi: ‘Taccian i venti tutti, / del mar si arrestin l’acque, / Gesù, Gesù già nacque,/ già nacque il Redentor /…….L’empia, funesta colpa/ giacque da te fiaccata, / gioisci, o avventurata, / felice umanità./ Sorgi, e solleva il capo / dal sonno tuo profondo; /il Redentor del mondo/ ormai ti liberò./…/Gloria sia dunque al sommo/ onnipossente Iddio,/ guerra per sempre al rio/ d’Averno abitator./ Dia lode e cielo, e terra, / al Redentor Divino,/ al sommo Re Bambino/ di pace alto Signor.’ Simbolico il canto primo di “I re magi”: molto significativa l’invocazione alla Madonna:’Vergine bella, e Immacolata Madre / de l’incarnato Verbo, e Dio superno,/ se le tue glorie, e del tuo Figlio i vanti / arditamente a celebrare imprendo / non ti sdegnare, ma benigna arridi/ al tuo servo fedel, che umil ti adora.’ Il portento della ‘bella luce fiammeggiante’ della stella sorprende il pastorello, ma anche i sapienti re Baldassare, Gaspare e Melchiorre: ‘celeste lume a rintracciar li porta/ su le sacrate carte il ver nascosto;/ già vi passan le notti, e i gioni interi, / e ormai son certi, che di un Dio fatt’uomo / in terra sceso sia cotesto un segno. /Son pronti, uniti, e nel pensier concordi / d’affidarsi a la stella, e ricchi doni / offrir devoti al Bambinel Divino./……/ Muovono il passo insiem, l’astro fulgente /nel cammin li precede, e lor dimostra / verso di Bettelem la via felice.’
Niccolò Tommaseo e Giacomo Zanella, entrambi intellettuali e convinti cattolici, chiudono l’Ottocento. Del primo la preghiera “Dateci, o Dio, gioie pure” è commovente per la genuinità della richiesta; inoltre scultoree le immagini della poesia ‘Il fiume della creazione’: ‘Scendon, com’acqua che da fonte uscìo, / armoniosi nello spazio i mondi,/ e scintilla esultando in que’ profondi / gorghi la luce del tuo Verbo, o Dio.’ Del secondo, sacerdote, viene riportata una lunga poesia, ‘Ad un’antica immagine della Madonna’, in cui il poeta polemizza con chi nega Dio, pretendendo di assidersi quale re dell’universo, e conclude: ‘Spento il sereno fior della speranza/ che rimena la stanca anima a Dio, /quello che al mondo avanza/ è notte sconsolata e freddo oblio.’ ‘Nel Venerdì Santo’ è un canto al Crocifisso: Zanella dà un perenne valore storico al sacrificio di Cristo: ‘alla vital sorgente / di Tue ferite i popoli richiami.’
Appartenenti alla fine dell’Ottocento e primi anni del Novecento vari poeti. Di Giosuè Carducci, primo italiano a ricevere il Premio Nobel 1906, è il sonetto ‘A Dio’, un piccolo capolavoro, che mette a nudo l’anima del poeta: “Da le oscure latebre de ‘l mio core / d’indurimento pieno e di follia /elevai la mia voce a te, o Signore; / non sprezzare, o Signor, la voce mia./……./Io sempre te amerò, Bontà infinita, / incomprensibil santa Unità trina,/ fonte di verità, fiume di vita.” Una quartina e una terzina racchiudono misteri teologici e la confessione sincera del suo intimo amore per Dio . Altra bella poesia è ‘Ave Maria’. Antonio Fogazzaro, in ‘Preghiera’, invoca perdono, accettando il dolore: è molto umile l’anelito del cuore. Significativa, ‘Preghiera del marinaio’, al ‘Signore del cielo e dell’abisso, / cui obbediscono i venti e le onde’. Giovanni Pascoli, nella breve poesia,’Per noi prega o Santa Vergine’, la richiesta a Maria è una melodia del cuore. Nella poesia ‘L’Angelus’, il poeta rievoca il dramma di Cristo: ‘l’uomo ti vide…t’uccise l’uomo, o piccoletto grano;/ tu facesti la spiga e poi la messe / e poi la vita’, invocando il suo aiuto per l’umanità. Giulio Salvadori, in ‘Saluto di pentecoste’, invoca lo ‘Spirito di dolcezza’: ‘Troppo sublime/ l’Alpe! la tua carezza/ va nella valle ai fiori…../ Spirito di splendore/ dove sei tu?/…. scende al cuore voce dell’Infinito’. Lo Spirito onnipotente si scopre nella natura:‘nel paziente/ grano de campo/ t’adoran gli occhi miei’.
Gabriele D’Annunzio in un brano molto singolare ‘Voi lo sapete’, pubblicato nella “Tribuna” del 24 aprile 1886, all’età di ventitrè anni, si svela pubblicamente quale peccatore che chiede misericordia a Dio: ‘ O Gesù, tre volte caduto sotto il peso dei peccati del mondo e tre volte risollevato dalla forza di un amore invincibile, risollevate me dall’abbattimento in cui mi gettano le mie tristi esitazioni. Fate che io sia umile…Un giorno questi ondeggiamenti continui dell’animo si placheranno, ed io sentirò allora, amandovi, la felice sicurezza di amarvi sempre.’ Viene anche riportata la poesia Aligi.
Di Angiolo Silvio Novaro, originale è la poesia “Ora tintinna un monile d’oro”, in cui Maria, ‘sposa promessa a un legnaiuolo’, all’improvviso vede la stanza inondarsi di luce per la presenza di un angelo: “Ave Maria,/ il Signore /con te sia, /benedetta sii tu fra le donne”; il suo cuore è sconvolto e grida a Dio:’Come o Signore come farò io/ tua semplice ancella?’ Ancora a cavallo dei due secoli Ada Negri e Domenico Giuliotti. Della poetessa ‘Tu mi cammini a fianco’ è un’autentica poesia- preghiera, tra le più belle di questa raccolta. Il Signore è il suo compagno di viaggio, che non lascia orme a terra: ’ Non vedo Te: sento e respiro / la tua presenza in ogni filo d’erba, / in ogni atomo che mi nutre/………/ …Non abbandonarmi / più. Fino a quando l’ultima mia notte /(fosse stanotte! ) non discenda, colma/ solo di te dalle rugiade agli astri;/ e me trasmuti in goccia di rugiada / per la tua sete, e in luce / d’astro per la tua gloria’. Nell’altra poesia “Atto d’amore”, la fede della poetessa si rivela in tutta la sua straordinaria forza: ‘Non seppi dirti quant’io t’amo, Dio / nel quale credo, Dio che sei la vita/ vivente…../Ogni atto/ di vita, in me, fu amore…../Ed ora/ ….il tuo / volto rifulge di splendor più forte, / e la tua voce è cantico di gloria/……………./…ch’io ti porga, al desco / umile, il poco pane e l’acqua pura / della mia povertà. Resta tu solo / accanto a me tua serva; e, nel silenzio, / degli esseri, il mio cuore oda Te solo.’ Di Domenico Giuliotti, interessanti due poesie, ‘Rosa autunnale’, in cui la sua supplica alla Vergine è densa di afflato misticheggiante, e “Per speculum”, dove l’anima del poeta s’apre ad un’umile confessione a Dio: ‘…meno intendo più adoro./…./lento, a pie’ della Croce, / come in sogno, tremando, mi rinfoglio/…../ anche me, Cristo, salva’.
Per il Novecento e il Duemila Maria Pia Risa annovera quindici illustri autori di poesie-preghiere, che con un linguaggio contemporaneo rendono manifesta la loro fede. S’inizia con Giovanni Papini, che si converte dopo molti travagli dello spirito. Il brano, tratto dalla ‘Storia di Cristo’,‘La preghiera a Cristo’ è ricco di profonde riflessioni sugli uomini che hanno bisogno di Cristo: l’affamato, l’assetato, il malato, chi ricerca la bellezza, chi ‘persegue nei pensieri la verità’, chi cerca la pace. Nella poesia ‘Vorrei, Signore’, alcune strofe sono scultoree: ‘Vorrei, signore, che come facesti / all’esule figlio ridotto porcaro, / mi concedessi inconsutili vesti / e nella casa paterna un riparo.’ Altra personalità Clemente Rebora, che combatte nella prima guerra mondiale come sergente, poi ufficiale. In ‘Avvicinandosi il Natale’, il poeta riesce a rappresentare il grande mistero dell’Incarnazione, in una proiezione soggettiva mirabile: ‘Gesù Signore, dammi il tuo Natale / di fuoco interno nell’umano gelo, / tutta una pena in celestiale pace / che fa salva la gente e innamorata / del Cielo se nel cuore pur le parla.’ In ‘Ave Maria’, Rebora invoca la Madre del Cielo con espressioni ricche di pathos: ‘Conservami / immacolata e pura/ l’anima tra le insidie /di questa terra oscura…’ In ‘Mater clementissima’, il poeta s’ispira alla poesia del Pellico, ‘La madre degli afflitti’.
Ungaretti, Montale e Quasimodo sono i tre grandi pilastri del Novecento poetico; del primo e del terzo in ‘Poesie- preghiere’ della Risa, viene segnalata una serie di poesie, mentre per Montale, Premio Nobel, soltanto una, ‘Canto di Simeone’, in cui il poeta invoca Dio di accordare all’uomo la pace sua, di accordarla a lui in età avanzata: ’Non martirio per me – estasi di pensiero e di preghiera- / né la visione estrema./ Concedimi la pace./……/Muoio della mia morte e di quella di chi poi morrà. / Fa’ che il tuo servo partendo / veda la tua salvezza.’ Ecco, Montale va all’essenziale, senza tanti giri di parole: vedere la sua salvezza.
Giuseppe Ungaretti, nella famosa poesia, ‘La madre’, rappresenta se stesso, dopo la morte, come un bambino, che ha bisogno d’essere condotto per mano dalla madre: è lei che lo condurrà al Signore e s’inginocchierà dinanzi a Lui, per invocarne il perdono: ‘E solo quando m’avrà perdonato,/ ti verrà desiderio di guardarmi…..’Nella poesia ‘La pietà’, scritta a 40 anni, il poeta si vede ‘un uomo ferito’, ‘esiliato in mezzo agli uomini’: ha fatto ‘a pezzi cuore e mente’. Si sente discacciato da Dio dalla vita:” e’ folle e usata l’anima./ Dio guarda la nostra debolezza. /Vorremmo una certezza/…/Non ne posso più di stare murato / nel desiderio senza amore/ Una traccia mostraci di giustizia./…/La luce che ci punge/è un filo sempre più sottile’. In “Mio fiume anche tu”, ovvero il Tevere, è intrisa di spiritualità la strofe, in cui Ungaretti si rivolge a ‘Cristo, pensoso palpito/ ……fratello che t’immoli..…./Santo, Santo che soffri,/ Maestro e fratello e Dio che ci sai deboli,/……..d’un pianto solo mio non piango più,/ Ecco, Ti chiamo Santo,/ Santo, Santo che soffri.”
Salvatore Quasimodo, siciliano, Premio Nobel 59, nelle poesie segnalate da Maria Pia, molto sintetiche e pregne di spiritualità, il poeta ci comunica il suo amore per Dio con immagini bellissime. Originale, la poesia ‘Avidamente allargo la mia mano’, per ricevere dal Padre ‘dolore cibo cotidiano’, presentandosi ‘in povertà di carne…./ polvere di strada / che il vento leva appena in suo perdono’. In “Seme”, il poeta s’abbandona alla fantasia:’Un suono d’ali / di nuvola che s’apre / sul mio cuore: /nessuna cosa muore,/ che in me non viva. Tu mi vedi: così lieve son fatto, / così dentro alle cose/ che cammino coi cieli;/ che quando Tu voglia/ in seme mi getti/ già stanco del peso che dorme.’ Altro siciliano è il sacerdote saggista Antonio Corsaro. In ‘Risorta col Risorto’ rappresenta la madre del Redentore, Maria, risorta dal suo dolore dinanzi al Figlio risorto, che le rivela il suo ritorno al Padre, ma non la porta con sé: ‘Donna rimani ancora / perché la terra di troppo dolore/ ne morrebbe se anche Tu venissi’. Significativa la poesia ‘Dio, noi non sappiamo’: ‘Ma Tu non rispondi./ il grano dei nostri giorni si disperde/ sui campi battuti dalla noia/ la povertà sanguina crolla l’attesa/ lo stormo dei nostri desideri /in fuga stride per le valli addormentate.’
L’autodidatta Adriano Grande, nel sonetto ‘Innocenza’, in cui tematica centrale è la lode del Signor,le due terzine sono improntate alla luce divina ’che rende risplendenti alberi ed acque; nuvole ed animali;/ e gli occhi dei bambini fiduciosi./ Come farfalla portata dai venti / fa ch’io raggiunga con più forti ali/ il traguardo dei campi luminosi’. Il poeta Carlo Betocchi, che combattè sul fronte nella prima guerra mondiale, s’interessa molto dei poveri, della Provvidenza. Nella ‘Pasqua dei poveri’, inneggia al pane, quale alimento che soddisfa l’uomo: ‘Forse per noi, che non abbiam che pane, / forse più bella è la tua Santa Pasqua,/ o Gesù nostro, e la tua mite frasca / si spande, oliva, nelle stanze quadre./Povero il cielo e povere le stanze, /Sabato Santo, il tuo chiaror ci abbaglia/……….a noi la pace che verrà, operosa / già dentro i l cuore e sulla mano sta/ che ti prepara, o Pasqua, e che non ha / che il solo pane per farti festa.’ Interessante il poeta Angelo Barile, nelle poesie “Te per nome chiama vivo” e l’altra, misticheggiante,”A filo di cielo”.
Con il senatore a vita Mario Luzi e con il religioso David Maria Turoldo, si raggiungono le vette della poesia- preghiera, con tematiche molto profonde ed essenziali. Diversa è la loro vita, ma entrambi nella parola dello spirito sono due giganti. Di Luzi sono riportate sette poesie: eccetto la prima, le altre raffigurano un rapporto intimo di Gesù, Uomo-Dio, con il Padre, a cui sottopone dubbi, riflessioni e problematiche sull’opera della Redenzione ; dai titoli si evincono i significati: ‘Padre, nella tua prescienza conosci tutto’ –‘ Perché, padre, ti confido quanto già sai e da sempre?’- ‘Dall’orizzonte umano in cui mi trovo’- ‘Sono ora Padre in balìa degli uomini’ – ‘Rimani dove sei, ti prego’- ‘Padre siamo nell’Orto degli ulivi’ . Nella prima poesia –preghiera, in sintesi,l’ autore proietta la nuova era, iniziata con il sacrificio di Cristo: ‘l’uomo riconciliato nella nuova / alleanza sancita dal tuo sangue/ ha dinanzi a sé la via. / Difficile tenersi in quel cammino. /La porta del tuo regno è stretta./ Ora sì, o redentore, che abbiamo bisogno del tuo aiuto/……L’offesa del mondo è stata immane./ Infinitamente più grande è stato il tuo amore./ Noi con amore ti chiediamo amore./ Amen.’ David Maria Turoldo, Maria Pia Risa lo presenta come “esponente rappresentativo del cambiamento nella seconda metà del ‘900”. E’ un poeta lirico eccezionale. Molto bella la breve poesia ‘Tu navighi sul fiume’, che cito interamente, perché in un tempo, come il nostro, è senz’altro attuale, potrebbe aiutarci:’ Che attendi a riprendere in tua mano, / Signore, il governo dei giorni?/ Si aprono i tuoi occhi/ sulle vittime ignude; tu navighi / sul fiume delle nostre lacrime. / Dio della vita, padre / dei deboli, non abbiamo più ali / che ci coprono a sera. / almeno la tua casa / sia salva e libera : / in essa almeno / trovi scampo questa / disperazione.’ Anche le altre quattro poesie sono dei piccoli capolavori: ‘Liberaci, Signore’- ‘Non è possibile vivere’ –‘Infinito silenzio’. In ‘Prigionieri del tempo’, il poeta rappresenta in modo emblematico le sue ginocchia, quali ‘ cocci/ di montagne franate / nei secoli dei secoli e la terra / una stanca nave’. Cito Luca Ghiselli,per le stupende poesie”Non senti tu, o Signore” e “Ti cerco da mill’anni”. Di Giovanni Testori, autore abbastanza noto, segnaliamo ‘La nostra sfatta voce’, che è di sostegno per la vita di ogni credente: ‘Tua è / Signore, / la sola Verità. / Quella che noi / qui adesso afferra’.
Duemila: di Karol Wojtyla, san Giovanni Paolo II, promotore dell’ecumenismo e del dialogo con le altre religioni, Maria Pia sceglie sette poesie, ricche di motivi teologici, oltre che della sua grande umanità. Un compendio d’amore per quanti soffrono è la poesia, ‘Infondi la saggezza della pace’: ‘Ascolta la mia voce/ perché è la voce delle vittime /di tutte le guerre/ e della violenza tra gli individui e le nazioni./……./Ascolta la mia voce e donaci la capacità/ e la forza per poter sempre rispondere all’odio/ con l’amore, all’ingiustizia/ con una completa dedizione alla giustizia,/ al bisogno con la nostra stessa partecipazione, / alla guerra con la pace./ O Dio, ascolta la mia voce / e concedi al mondo per sempre/ la Tua pace.’ Di don Santino Spartà, definito ‘prete dei vip’, di Randazzo, la concittadina Maria Pia sceglie cinque misticheggianti poesie, di cui riporto qualche verso di ‘Ti allontanasti verso il mare’:’ Hai sigillato d’eternità / il mio attimo fuggente/ e poi ti allontanasti verso il mare/……/ scoprii per incanto/ le tue orme sul pavimento/ ancora intatte./ …Mi fermerò solamente quando / le tue tracce/ sfumeranno nel mistero.’
In conclusione, questa relazione sulle poesie- preghiere della letteratura italiana, a cura della ricercatrice valorosa, Maria Pia Risa, dà una pallida idea della complessità dell’insieme dell’opera, che è senza dubbio una miniera a cui attingere, per vivere la vita cristiana con maggiore impegno, tenendo presenti i fari luminosi di Gesù e Maria.
Anna Bella