Elia Torrisi, giovane giarrese, nella mattina di sabato 20 febbraio ha presentato il suo libro presso la struttura “Opera Cardinal Ferrari” a Milano. Il suo testo, dal titolo “La politica come vocazione. Il bene comune e l’impegno della Chiesa” pone l’intento di parlare della politica non come un mestiere improvvisato, ma come una profonda vocazione. Lui stesso lo chiarisce: “Perché questo libro? Perché non sappiamo più a cosa serva la politica. La politica non richiede una specializzazione ma è un attività profondamente umana che richiede saggezza. Sono convinto che la politica non sia finita. Sono convinto che la politica buona esista e debba esser coltivata. Sono convinto che anche una fede laica possa aiutare un impegno civile. La politica non è un terreno conflittuale, ma un terreno di confronto. Il sottotitolo di quest’opera vuole esplicitare ed indicare l’impegno laico – appunto – in favore del bene comune”.
Gli ospiti, l’on. Pietro Ichino, l’on. Paolo Cova, Filippo Barberis, Santo Minniti ed il giovane Alessio Alberti, hanno cercato di cogliere e riflettere su qualche aspetto del testo in modo da presentarlo alla platea. I loro interventi si possono sintetizzare in tre parole chiave: cambiamento, etica e bene comune. Cambiamento: oggi ci vogliono cambiamenti profondi e radicali. “Un partito che è debole sarà un partito incoerente per l’azione politica” ritiene Federico Barberis. Per lui “ogni verità va oltre la demagogia, ovvero all’utile politico, ed ogni testimonianza in politica consiste nella fermezza di andare contro corrente”. Dovremmo tener presente che ogni cambiamento positivo che la politica possa fare richiede tempo, non sarà rapido e istantaneo. Etica: questi anni politici, secondo Paolo Cova, dovrebbero esser caratterizzati dall’etica della responsabilità: render conto delle proprie attività con la massima trasparenza. Bene comune: significa riconoscere che nella società non ci sono caste o gruppi a cui dare la priorità, secondo Santo Minniti.
Tutti gli ospiti si sono mostrati ottimisti circa la possibilità di superare ogni accezione negativa corrente sulla politica, cosi come ricorda l’etimologia della parola politica: nasce dal greco polis (città) e indica l’attività per la città o il reggere il governo di uno Stato. Il suo fine non è quello di assoggettare l’uomo ma ha un fine più alto: “La politica è l’obiettivo dell’uomo, che organizza le relazioni tra gli uomini [ed] il suo principio di azione è il bene maggiore della città” (Coatenèa).
Riccardo Naty