Nella biblioteca parrocchiale di Guardia dedicata al professore Riccardo Di Maggio è stato presentato “Mettiti la giacca buona”, l’ultimo libro della professoressa Mariella Di Mauro.
Relatore il dottore Alessandro Cristaldi che ha presentato al numeroso pubblico presente in sala l’ultima fatica letteraria della scrittrice acese.
La professoressa Di Mauro ha sempre nel cuore la sua città e la sua Sicilia e questo viene prepotentemente fuori in quello che scrive. “Mettiti la giacca buona” racconta oltre alla vicenda dei protagonisti, quattro giovani che vivranno le loro emozioni e i loro nascenti sentimenti d’amore, un mondo che la giovane età celava ancora ai loro cuori, ma anche i fatti del 1860 che avvennero a Bronte. L’8 agosto la città fu teatro dei cosiddetti “fatti di Bronte”. Alcuni brontesi del popolo uccisero 16 “cappelli” cioè notabili e borghesi della città per il lungo malcontento e lo stato di oppressione in cui erano costrette a vivere le fasce più deboli della popolazione locale. La rivolta fu soppressa da Nino Bixio e, dopo un sommario processo, vennero condannati a morte 5 presunti colpevoli. La storia successiva riabiliterà alcuni di questi condannati che furono uccisi pur essendo stati estranei alla rivolta.
Dopo i saluti da parte della dottoressa Antonella Di Maggio, figlia del professore Riccardo a cui è dedicata la biblioteca, ha preso la parola il preside Giuseppe Massimino che ha curato la parte storica.
Al termine della serata il professore Massimino ha fatto ascoltare ai presenti anche la famosa canzone “malarazza”, scritta da Domenico Modugno nel 1976, prendendo spunto da una poesia di un anonimo siciliano, pubblicata nel 1857 da Lionardo Vigo Calanna marchese di Gallodoro. Il testo parla di un uomo che maltrattato ingiustamente dal suo crudele padrone chiede aiuto a Dio che gli risponde di farsi giustizia da sè tirando fuori i denti e combattendo, perché nessuno lo farà al posto suo. La platea l’ha ascoltata nell’interpretazione di Ginevra Di Marco.
La professoressa Di Mauro, nel suo intervento, ha voluto raccontare ai presenti il motivo della scelta del titolo. La “giacca buona”, per un uomo alla fine dell’800, rappresentava un capo importante, da conservare sempre con cura e da indossare nei momenti più significativi come il fidanzamento e il matrimonio. Spesso era anche la giacca che i parenti avrebbero scelto per lui per l’ultimo viaggio della vita. Alla fine della presentazione, un interessante dibattito ha dato prova di quanto siano stati apprezzati l’argomento e i fatti narrati dalla scrittrice acese, che da poco ha pubblicato anche un libro per l’infanzia e in futuro darà ancora ai suoi lettori il piacere di leggere altre sue pubblicazioni.
Gabriella Puleo