“Non emana forse da Gesù un raggio di luce che cresce lungo i secoli, un raggio che non poteva provenire da nessun semplice essere umano, un raggio mediante il quale entra veramente nel mondo lo splendore della luce di Dio?”.
Sono parole di Benedetto XVI, scritte verso la fine del secondo volume della sua opera “Gesù di Nazaret” (pag. 306-307) – apparsa nei giorni scorsi – che indicano la finalità vera dell’opera: scoprire, ritrovare oggi, in una lettura attenta e scrupolosa dei quattro evangeli, guidata dalla fede, quel raggio di luce che è cresciuto e che continua a crescere lungo i secoli. Ritrovare quella fede che, nata in pienezza al momento della risurrezione, ha guidato la vita dei credente nel corso di due millenni.
Ed è questo raggio di luce che i lettori devono cercare e scoprire attraverso l’attenta analisi dello scritto. L’informazione, in generale, più che a questo si è dedicata a cercare e trovare, nell’opera, le eventuali “novità” di interpretazione, i mutamenti di prospettiva nei confronti della storia recente o remota della Chiesa. A vedere, ad esempio, come lo scritto di Ratzinger parla degli ebrei, soprattutto in rapporto alla condanna di Gesù. E così ha sottolineato soprattutto, a grandi titoli, il fatto che Benedetto XVI non incolpa il popolo ebraico in quanto tale della condanna a morte di Gesù. Un dato che, a chi conosce qualcosa della storia della Chiesa, era già ben noto, perlomeno a partire dal Concilio Vaticano II.
Ma non sono le “novità” che il lettore non prevenuto deve cercare nell’opera di Benedetto XVI, bensì l’anelito profondo dello scrittore di fronte alla verità di Cristo. Benedetto XVI lo precisa fin dall’inizio: “Non ho voluto scrivere una vita di Gesù” (pag. 7), “Non ho tentato di scrivere una cristologia… Il mio desiderio era di illustrare “figura e messaggio di Gesù”… Io volevo trovare il Gesù reale” (pag.8). “Ho cercato di sviluppare uno sguardo sul Gesù dei Vangeli e un ascolto di lui che potesse diventare un incontro… L’obiettivo cioè di comprendere la figura di Gesù, la sua parola e il suo agire”, e questo “in un modo che possa essere utile a tutti i lettori che vogliono incontrare Gesù e credergli” (pag.9).
Il metodo di lavoro è stato, quindi, “guidato dall’ermeneutica della fede, ma al contempo tenendo conto responsabilmente della ragione storica” (pag. 9). Una sottolineatura importante: è stata la fede a guidare l’autore, come è la fede a dover guidare i lettori; senza dimenticare l’interpretazione storico-critica, certo, ma senza fermarsi ad essa. Come già nel primo volume, così anche ora Ratzinger sottolinea il valore della ricerca storico-critica circa la formazione dei Vangeli, sottolineandone però anche sempre l’insufficienza per giungere a una conoscenza piena della persona e del messaggio di Gesù. Queste non si possono trovare se non accostandosi ai Vangeli con spirito di fede, con l’attenzione a leggere, nelle parole scritte, la fede di chi le ha messe nel testo e la fede di chi, lungo i secoli, le ha fatte diventare vita, a livello personale ed ecclesiale.
Un libro quindi di teologia, quest’opera del Papa, di una teologia non arida, bensì vitale, credente, ecclesiale, e anche storicamente pensata. Benedetto XVI è un papa che non ha mai smesso di sentirsi teologo; in virtù di questa sua esperienza vitale, egli sa distinguere il suo ruolo di docente di teologia da quello di maestro della fede in quanto pastore universale della Chiesa. In questo libro egli infatti non si propone come autore istituzionalmente “magisteriale”, ma come teologo che si confronta con gli altri teologi, per approfondire la crescita di una conoscenza del Redentore, che possa aiutare il maturare della fede nella vita delle persone e della Chiesa, nel loro percorso storico.
Leggendo con attenzione le pagine di quest’opera non si può non sentire l’animo con cui l’autore ha affrontato ogni parola, fatto di amore, di ascolto attento, che si trasforma in esame minuzioso delle parole dell’uno e dell’altro evangelista, in un confronto positivamente pignolo, umilmente dedicato al servizio della verità. Esempio stupendo ne sono i capitoli sulle date dell’ultima cena e della passione e morte; come pure l’analisi delle parole usate per raccontare la risurrezione e per comprendere l’ascensione al cielo.
Per arrivare così a conoscere sempre meglio il Cristo di ieri, di oggi e di sempre. Per giungere a scoprire che “anche oggi la barca della Chiesa, col vento contrario della storia, naviga attraverso l’oceano agitato del tempo. Spesso si ha l’impressione che debba affondare. Ma il Signore è presente e viene nel momento opportuno”.
Vincenzo Rini