L’idea di due ragazze catanesi: “Orange fiber”, dalle arance a un tessuto biosensoriale che rilascia vitamine

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Innovazione, riciclo e benessere di pari passo… che sia il futuro?

imagesCosì dovrebbe essere secondo Adriana Santonocito ed Enrica Arena, due ragazze catanesi che da anni studiano e lavorano a Milano, la prima come fashion designer e la seconda professionista della comunicazione.
Secondo il loro progetto “Orange Fiber” ha creato un tessuto biosensoriale che sfruttando le nanotecnologie arriva dagli scarti agrumicoli ad una fibra di ultima generazione in grado di rilasciare una volta a contatto con la pelle vitamina A,C ed E con benefici reali e visibili.
Così la moda diventerebbe ecosostenibile e potrebbe supportare il settore agroalimentare e sperimentare quello cosmetico…
Un progetto tanto convincente da ricevere la menzione speciale Working Capital, vincere l’Alimenta2talent –progetto cofinanziato dal Comune di Milano e sviluppato dalla Fondazione Parco Tecnologico Padano- e ottenere la medaglia alla finale italiana della Creative Business Cup 2013 alla finale internazionale del 18 novembre a Copenaghen.
“Dal momento che ogni anno il 30% della produzione di arance va al macero: insomma questa è una biomassa rinnovabile da utilizzare… perché non creare abiti o magliette da tali scarti?” – osserva Adriana – Orange Fiber crea un forte legame tra ricerca e design combinando conoscenze esistenti, infatti all’inizio il progetto si è avvalso della collaborazione del Politecnico di Milano per sperimentare l’estrazione della cellulosa atta alla filtratura di fibre cellulosiche , con l’obiettivo di proporre soluzioni nuove che ci allontanassero sempre più dalla dipendenza dal petrolio. La collezione “prototipo è stata progettata con materiali come Alcantara e Newlife, nanotecnologie per il tessile e tecnologie innovative, come termosaldatura unita alla tradizione sartoriale, partendo da prodotti di recupero dell’industria agroalimentare.
“Le proprietà delle arance, resistenti fino a quaranta lavaggi, vengono immagazzinate in microcapsule da fissare sul tessuto che una volta indossato rilasciano sul nostro corpo oli essenziali che contengono le proprietà antiossidanti degli agrumi, ammorbidendo la pelle senza ungerla.
“Ora serve solo un partner industriale per implementare la fase produttiva, anche la fondazione Svpf (sicilian venture philanthropy foundation), l’impresa ha infatti un alto valore sociale ed ambientale e continua a destare l’attenzione di investitori pronti a scommettere su un’idea di business originale, hi tech e attenta al benessere del consumatore e soprattutto ‘green’ …”.
Insomma arance e cervelli siciliani per questa storia che speriamo abbia davvero un lieto fine.

 

Alessandra Distefano