Sulla famiglia si “avventano” in tanti: chi per sostenerla e difenderla, chi per demolirla, chi per farne nascere di “nuove”… Che famiglie non sono, ma appena appena tentano di assomigliarle. E ora arrivano anche i notai italiani. Con grande evidenza il Consiglio nazionale del notariato ha lanciato un’apposita giornata definita “open day” (30 novembre) in cui, in tutta Italia, i Consigli notarili rimarranno aperti per presentare la loro proposta dei “contratti di convivenza”. Un rapido sguardo al sito internet www.notariato.it permette d’imbattersi nel testo dal titolo “Famiglie di fatto: i notai presentano i contratti di convivenza”. Si tratta d’incontri informativi sul tema della convivenza e di come si possa regolamentarla sotto il profilo patrimoniale. In sostanza, i notai partono dal dato statistico della crescita numerica delle cosiddette “famiglie di fatto”: erano circa mezzo milione nel 2007 e sono arrivate a 972mila nel 2010-11, in pratica raddoppiando in cinque anni. In particolare le convivenze “more uxorio” tra partner celibi e nubili sono arrivate al numero di 578mila, oltre la metà del totale.
Un curioso “open day”. Cosa propongono i notai? Di offrire i loro servigi professionali per disciplinare contrattualmente diversi aspetti: abitazione, vita domestica, mantenimento in caso di bisogno del convivente, affitto, proprietà dei beni, persino la scelta del regime di comunione o di separazione dei beni. In aggiunta, tali contratti possono prevedere clausole testamentarie in favore del convivente more uxorio o l’assistenza in caso di malattia. Sin qui la proposta che verrà ufficializzata con il suddetto “open day” del 30 novembre. Ma come valutare questa “novità”, se tale è? Abbiamo sentito Simone Pillon, che fa parte del Consiglio direttivo del Forum delle associazioni familiari. Il suo è un parere molto deciso: “Mi pare che il notariato stia facendo questa operazione semplicemente per portare lavoro agli studi notarili, che sono esclusi dal diritto di famiglia perché la consulenza legale è stata riservata per legge all’avvocatura – afferma -. Così, usciti dalla porta cercano di rientrare dalla finestra con questa operazione sulla quale nutro diverse riserve dal punto di vista deontologico”.
Diritti che sono “già disponibili”. Chiediamo, perciò, a Pillon se la sua posizione polemica non risenta del confronto con un’altra categoria professionale notoriamente molto “potente”. “Il mio intento è di portare chiarezza. Mi pare che si tratti di un’operazione dal sapore chiaramente economico, che per molti aspetti va contro la legge che, come ho detto, prevede la competenza esclusiva dell’avvocatura per questo genere di pattuizioni”. Aggiunge che, “trattandosi di contratti atipici, addirittura essi già oggi potrebbero essere stipulati tra le parti in maniera diretta e molto semplice: basta scrivere su un foglio controfirmato dai due il destino delle proprietà immobiliari oppure come dividersi lo stipendio ecc., perché si tratta di quei diritti ‘disponibili’ che la legge mette appunto nelle mani del singolo”. E allora chiediamo dove starebbe il problema? “Direi – afferma – che il problema si pone quando si va a regolamentare, per contratto, diritti che disponibili non sono, come ad esempio quelli legati al matrimonio. Se si va a toccare questi diritti, ci sarà anzitutto da fare una riflessione sull’art. 29 della Costituzione”.
Una brutta copia del matrimonio. Ma se così fosse – obiettiamo – saremmo sempre nell’ambito della libertà di “impresa”, cioè i notai giocano la carta di cui dispongono e si offrono sul “mercato delle nuove famiglie”, come si usa oggi pensare. La risposta di Pillon è chiara: “I contenuti della proposta in sé sono raffazzonati. Con l’idea di banalizzare e fare una brutta copia dell’istituto del matrimonio, istituendo un legame interpersonale molto leggero, facile da sciogliere e che non tutela certamente i diritti del contraente più debole. Infatti, spiega, non è prevista nessuna forma di solidarietà o di contribuzione successiva allo scioglimento della convivenza, mentre ciò avviene in maniera sostanziale con il matrimonio quando subentra un divorzio”. Di obiezione in obiezione chiediamo se si può ravvisare nella proposta un “trucchetto” per andare altrove… La risposta: “Questa proposta strizza l’occhio alla volontà di sdoganare l’ideologia di genere e di equiparare le convivenze omosessuali con quelle eterosessuali, per una finalità ideologica”. Questa la lettura di un avvocato impegnato sul versante familiare, presso il Forum nazionale, che in chiusura della conversazione puntualizza: “Le donne dovrebbero essere le prime a gridare allo scandalo per questo tipo di proposta, perché se c’è una normativa che tutela le donne e le madri è proprio il matrimonio. Qui in realtà si vuole illudere per prime le donne, che però poi rimangono senza tutela”.
Luigi Crimella