Lionardo Vigo / Il poeta di Acireale tra ironia e patriottismo

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Lionardo Vigo poeta Acireale

Se c’è una figura che ha contribuito a plasmare l’identità di Acireale, è proprio il poeta e scrittore Lionardo Vigo. L’amore profondo per la Sicilia è stata la stella polare che lo ha guidato in tutte le sue opere. Fu uno dei primi sostenitori dell’autonomia siciliana, nonché protagonista della cultura dell’epoca. Entrò in contatto con i protagonisti dell’Unità d’Italia e fu lui stesso militante nelle rivoluzioni. È stato un uomo di ideali, pronto a dire la sua a tutti, sempre con l’ironia tipica dei siciliani.

Lionardo Vigo / L’infanzia del poeta di Acireale

La storia di Lionardo Vigo inizia il 24 settembre 1799 ad Acireale. Orfano di madre, a tre anni si ritrova a vivere con gli zii che lo trattano in maniera ostile. Lo considerano un ragazzo bugiardo e insubordinato, preferendo a lui il cugino Leonardo Vigo Fuccio. A soli nove anni, i parenti lo mandano all’oratorio dei padri Filippini di Acireale. Vigo si rifiuta di obbedire alle regole di un ordine che per lui è “tirannico”. Il suo carattere si indurisce, diventa irruento e sdegnoso.

L’età d’oro

A quattordici anni, nel 1813, entra nel collegio “Calasanzio” di Messina. Da quel momento la sua vita “diventa d’oro”, come scriverà più tardi. Amava rifugiarsi giorno e notte nella fornita biblioteca. Come molti letterati prima di lui “sprofonda nello studio come un palombaro”. Per lui leggere era “dialogare col passato, con i pensieri che i morti avevano lasciato nei loro libri”. Il Calasanzio gli aprì il mondo del sapere e fece di lui il letterato e lo storico.

La laurea e il viaggio in Italia

Ormai adulto, il poeta Lionardo Vigo torna ad Acireale, si laurea in Giurisprudenza con il massimo dei voti e i complimenti del presidente di facoltà. Subito riparte alla volta della penisola italiana, avido di conoscenza. Continua nella sua passione per la scrittura e la storia, stringe amicizia con alcuni esponenti della letteratura italiana. Intrattiene rapporti con gli uomini più rappresentativi del suo tempo: i fratelli Amari, Crispi, D’Azeglio. Spesso però, sente la nostalgia della sua terra, come tutti giovani che sono costretti a lasciare la Sicilia per studio o lavoro. Nelle sue lettere di viaggio scrisse Nessuno somiglia a noi siciliani: sono uomini da caffè! e ancora “Lontano da chi amo sono un pesce fuor d’acqua”.

Acireale “paese imbarbarito”

lionardo vigo pittore acireale
Piazza Duomo Acireale

Dopo aver respirato a pieni polmoni l’atmosfera illuminista che regnava in Europa, Vigo si stabilisce ad Acireale. Il suo occhio ormai adulto e colto, trova la città molto diversa da come la ricordava da ragazzo. Il paese della sua infanzia era dominato da un “clero ignorantissimo e fanatico”. Nasce in lui il desiderio di mutare il volto di Acireale e renderla la capitale siciliana del pensiero e del progresso.

Maestro dei maestri

Nonostante le resistenze culturali della città, Vigo riuscì nel suo intento. A lui si deve l’istituzione del Tribunale di Acireale, del pubblico ginnasio e delle scuole tecniche. Senza contare il suo attivo impegno nella rifondazione delle due accademie di Acireale: la Dafnica e la Zelantea. Diede l’avvio ad alcuni concorsi pubblici, per stimolare gli animi al sapere. Molti giovani ragazzi desiderosi di apprendere decisero così di diventare i suoi discepoli. Due nomi li ricordiamo ancora oggi: Macherione e Capuana, tra gli altri, lo chiamavano “Papà Vigo”.

“La mia patria è la Sicilia”

Per tutta la durata della sua vita, Vigo dedicò la sua anima alla Sicilia. Ogni riga e ogni pagina dei suoi studi e componimenti furono in funzione della sua terra. Amava celebrarne i paesaggi e la storia. Passa le sue giornate indirizzando liriche alla sua Acireale e sfogliando documenti d’archivio. Si propone di scrivere una storia minuziosa su Acireale e sui suoi personaggi più noti, come Paolo Vasta. Anche nei momenti più difficili della sua esistenza, quando vede svanire tutte le sue speranze, il suo rifugio è la scrittura. In particolare amava rifugiarsi nella sua campagna di Ballo (frazione di Zafferana Etnea) per ritrovare sempre la forza per continuare a lottare per la sua terra.

“Corna ai Borbone”

Vigo si appassiona presto alla politica. Inizialmente è un sostenitore della corona borbonica. Poi gradualmente inizia ad agitarsi nel suo animo qualcosa di nuovo. Inizia la sua battaglia per una Sicilia libera e padrona di sé stessa. I siciliani erano per lui una “nazione” con origini, lingua, tradizioni e sentimento comuni. Tanto era forte il suo convincimento che quando venne invitato a scrivere un discorso per l’arrivo del principe ereditario ad Acireale scrisse sul retro dell’invito un ermetico e significativo “CORNA!”.

Vigo nella “primavera dei popoli”

lionardo vigo pittore acireale
Moti di Palermo 1848

Il 1848 è stato l’anno dei grandi moti rivoluzionari contro i regimi assolutisti europei. Questi presero avvio proprio in Sicilia, a Palermo, stanca dell’oppressore straniero. L’isola, infatti, viveva da anni in una condizione di profonda insoddisfazione politica e sociale nei confronti dell’amministrazione borbonica. Alla vigilia della rivoluzione Vigo, entusiasta, è in prima linea. Tiene un caloroso discorso in Piazza Duomo inneggiando all’autonomia siciliana.

La sconfitta

La Sicilia fu teatro di feroci combattimenti e assedi, vittima del nemico straniero e di sé stessa. Vigo entra a far parte del neo Parlamento Siciliano insieme allo zio e al cugino. Le prime sedute gli “riempiono il cuore”. Presto però vede deluse le sue aspettative. Molti deputati erano per lui dei “Don Chisciotti politici” che volevano affrancare la Sicilia dal dominio borbonico per farla “serva” di Torino o Roma. Anche dopo la disfatta dell’indipendenza e la riconquista prima borbonica e poi italica, rimase delle sue posizioni “Ogni corpo ha un’anima. Quella della Sicilia è l’indipendenza. Ancorché colonizzate la Sicilia non estirperete quel pensiero”.

L’uomo oltre l’intellettuale

Vigo accetta con rassegnazione la sconfitta. Si ritira in campagna dove continuerà a scrivere fino alla fine della sua vita. Amava descriversi come un uomo tenace, “fiamma che ardea la vita”. Amava la cultura e i suoi cari. Nelle sue opere, oltre ad un forte sentimento di sicilianità è impossibile non notare la sua passione integrale per la vita, in tutte le sue sfaccettature. Messaggio attuale soprattutto in questi secoli di rancore. “Abbracciamoci tutti che la vita è un sogno e non v’è di solido che il reciproco affetto” (Lionardo Vigo).

Cristina Di Mauro