“O divina bellezza o sogno o meraviglia” è stata definita la bella ma glaciale Turandot da Calaf, il giovane che ha messo a repentaglio la sua vita per ottenerla in sposa. Un amore descritto attraverso l’opera lirica con le voci dei protagonisti che si sono diffuse nel cielo serale di Taormina.
La “Turandot” di Giacomo Puccini è stata rappresentata al Teatro Antico, nella serata organizzata da Yap (Atelier Young Artist Plus), in collaborazione con il Festival Pucciniano di Torre del Lago, con l’Opera Carolina di Charlotte e patrocinata dalla Regione Siciliana, dall’assessorato Turismo Sport Spettacolo, dall’assessorato ai Beni Culturali e dal Comune di Taormina.
Sul palco un connubio di canto, scenografie, curate da Paola Avallato, e costumi, realizzati da Franca Squarciapino, che hanno riportato gli spettatori nel mondo delle favole dell’antica Cina. Le luci proiettate, che riflettevano arricchimenti a tema, creavano l’atmosfera singolare delle rappresentazioni eseguite a cielo aperto. L’orchestra sotto il palco, diretta dal maestro concertatore James Meena, posta a ridosso degli spettatori, accompagnava il canto lirico dei personaggi. Non uno ma tanti ne erano presenti sul palco per rappresentare il popolo che assisteva alla decapitazione del giovane re di Persia, mentre il ritmo incalzava, con il suono dei tamburi, al suo arrivo in scena. Una sola colpa: non aver saputo risolvere gli enigmi proposti da Turandot, il soprano georgiano Elina Ratiani.
Lei, imponente e rilucente, compare per la prima volta su un podio, in alto, a sovrastare il palco e basta quella per folgorare Calaf, il tenore Marcello Giordani. Voci dal diverso timbro che hanno, ognuna, impreziosito la rappresentazione, come quella dolce ma penetrante della fedele schiava Liu’, proposta da Maria Luisa Lattante, in sostituzione di Sharon Azriel. Anche l’amore paterno è stato valorizzato nel ritrovarsi di Calaf con il padre, il vecchio re tartaro Timur, privato del suo regno, di cui ha vestito i panni Angelo Sapienza. “E bacio queste mani sante”, canta Calaf nel ritrovarlo.
I tre ministri, che suscitavano già il sorriso al pronunciare i loro nomi, Ping, Pong e Pang, rappresentati rispettivamente da Giovanni Guagliardo, Enrico Terrone e Riccardo Palazzo, erano le sapienti figure di raccordo, con la maestria, la musicalità delle voci ed anche l’alternanza dei colori delle vesti: rosso, dorato e vinaccio. Questo il resto del cast: Marco Zarbano nel ruolo del Mandarino, Francesco Ruggeri in quello dell’imperatore Altoum, Franco Frisenna in quello del Principe di Persia, Letizia Seminara e Claudia Ceraulo in quello delle ancelle, con la regia di Enrico Stinchelli e Mariarita Zappalà, l’aiuto regista. Il Coro interscolastico “Vincenzo Bellini” è stato diretto dal M° Daniela Giambra, mentre quello lirico siciliano dal M° Francesco Costa, con Maestri collaboratori Gaetano Costa e Ivan Manzella. Ad occuparsi del trucco Alfredo Danese e Massimo Leotta. Nel finale, completato da Franco Alfano, è l’amore a trionfare sui capricci della bella Turandot, avviata dallo stesso.
Rita Messina