Liturgia / Da domenica 29 si applicano le modifiche alla santa Messa “per far crescere la vita cristiana dei fedeli”

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Con la prima domenica d’Avvento, la prossima, anche la diocesi di Acireale, insieme a tutte le diocesi di Sicilia, adotterà l’uso della terza edizione in lingua italiana del Messale Romano, ossia il libro liturgico che contiene i testi e le indicazioni per il rito della celebrazione eucaristica. Non è un “nuovo messale”, come è stato definito alcune volte: il rito della Messa, infatti, è quello nato dalla riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II, secondo le indicazioni scaturite dalla costituzione Sacrosanctum Concilium (abbrevieremo il titolo con la sigla SC). Obbiettivo primario dei padri conciliari era quello di «far crescere ogni giorno di più la vita cristiana dei fedeli», perciò si ritenne necessaria «la riforma e la promozione della liturgia» (SC 1). Questa aspirazione del Concilio ha bisogno di una continua ricezione ed attuazione.

Dopo la terza edizione del Messale Romano nella sua editio typica, ossia il testo latino di riferimento, promulgata nel 2002 (ed emendata nel 2008), è sorta la necessità di provvedere alla riedizione della versione italiana del libro, la cui seconda edizione era in vigore dal 1983. Un lavoro, quello della traduzione dei testi liturgici, svolto con cura e competenza dagli organi preposti secondo le indicazioni dell’istruzione Liturgiam authenticam (28 marzo 2001), la quale richiedeva una maggiore fedeltà al latino, e del Motu proprio di Papa Francesco Magnum principium (3 settembre 2017), che affida alle Conferenze Episcopali la responsabilità delle traduzioni.

Roma 14-9-2020Conferenza Episcopale Nuovo Messale Ph: Cristian Gennari/Siciliani

A partire da questi principi sono state rivedute le formule eucologiche delle diverse parti del rito che perciò possono risultare “nuove”, quali ad esempio alcune espressioni delle preghiere eucaristiche. Caratteristica, in tal senso, è la versione della seconda preghiera eucaristica, la quale riprende nell’epìclesi, a partire dal testo latino, la figura biblica della «rugiada» come espressione dell’azione dello Spirito che consacra; un’immagine certamente densa di significato. La riedizione del Messale, dunque, non può essere ricondotta ad un lavoro di semplice trasposizione letterale da una lingua ad un altra, a motivo della natura stessa dei testi liturgici, ed anche in vista dell’utilizzo di essi nell’ambito celebrativo.

Sono più note, invece, le modifiche relative alle acclamazioni dell’assemblea, riscontrabili nell’inno del Gloria e nella preghiera del Padre nostro. In questi ultimi due casi – come anche in alcuni saluti dei riti d’ingresso o nelle antifone – il testo liturgico recepisce i brani biblici corrispondenti, secondo l’ultima traduzione italiana della Bibbia (2008). Altre acclamazioni sono rimaste inalterate, poiché ormai patrimonio della preghiera comune nel dialogo tra presidente ed assemblea. L’invito a rivisitare con attenzione ed intelligenza le espressioni contenute nelle acclamazioni passa anche attraverso l’invito a riscoprire l’invcazione Kyrie/Christe, elèison, così antica e caratterizzante la liturgia cristiana.

L’introduzione di questa terza edizione del Messale non deve limitarci ad una mera disamina di ciò che è cambiato nel libro o delle forme stilistiche con le quali ci è giunto. La nuova edizione del Messale diventa l’occasione per rifondare un nuovo stile celebrativo delle nostre comunità. Seguendo ciò che propone la Presentazione al Messale fatta dalla Conferenza Episcopale Italiana, si comprende, infatti, che lo scopo dell’intera opera di revisione del Messale è quello di proporre, con maggior vigore, l’eucarestia come il momento più alto della comunità, essendo il culmine e la fonte della vita della Chiesa (SC 10). A ciò è dovuto il richiamo ad un’attenta realizzazione del modello rituale mediante la cura dei vari sistemi di linguaggio presenti nel rito: il canto dei testi, i gesti del corpo, gli spazi liturgici, il silenzio orante. «Il principio conciliare della “nobile semplicità” invoca “una liturgia insieme seria, semplice e bella, che sia veicolo del mistero», scrivono i vescovi al numero otto della Presentazione. Infatti solo tramite un’autentica “arte del celebrare” si può ottenere quella partecipazione attiva e consapevole dei fedeli che «per ritus et preces», cioè attraverso i riti e le preghiere (SC 48), renda consapevoli della storia della salvezza che si attua nell’hic et nunc dell’azione rituale. L’accoglienza del Messale, con tutto ciò che essa comporta, potrà essere allora un buon mezzo per ripensare la pastorale delle nostre concrete realtà ecclesiali e sorgente di una catechesi mistagogica più profonda, che a partire l’azione sacra del rito educhi alle verità della fede per viverle da figli di Dio nelle vicende del mondo. Si realizza, così, la forza evangelizzante dell’eucarestia, manifestata in massimo modo nella celebrazione domenicale.

Nonostante il difficile momento che attraversiamo, possiamo cogliere nella nuova edizione del Messale un segno di ripartenza, proprio da ciò che è il nucleo costitutivo della Chiesa: il ritrovarsi insieme attorno all’altare del Signore per celebrare il mistero del Cristo morto e risorto che vive per sempre.

Don Raffaele Stagnitta

vicedirettore dell’Ufficio liturgico diocesano

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