La lingua siciliana, da non confondere con i vari dialetti siciliani, ha da sempre dato lo spunto a diversi autori di raccontare fatti e misfatti della nostra terra avvalendosi di aneddoti, racconti, detti e leggende. Mancava soltanto l’autore che si avvalesse delle espressioni verbali in uso nella nostra lingua.
A questo ci ha pensato Carmelo Sapienza che con la pignoleria del bancario, qual egli è stato nel passato, spinto dall’amore per la cultura siciliana ha messo insieme una raccolta di proverbi e modi di dire con una ricognizione analitica, appassionata e certosina, sulle origini, le etimologie e i nessi sottostanti di ciascuna di queste espressioni verbali.
Raccogliere e studiare le origini e i modi di dire del popolo siciliano, quello catanese in particolare, significa riflettere non solo sulla loro rappresentatività in quanto manifestazione schietta e spontanea della nazione-popolo, ma anche in quanto proiezione di storie locali come storie diverse e autonome. Noi, oggi, viviamo in un tempo di crescente deficit di memoria storica, per cui il passato ci affascina con i colori più vivi; e il ricordare e narrare è uno dei generali e costanti piaceri dell’uomo, scrive Fernando Mainenti nella prefazione del libro.
A presentare l’autore nell’aula magna del Liceo Scientifico Archimede di Acireale ci ha pensato magistralmente il prof. Giovanni Vecchio che così ce lo fa conoscere: “Carmelo Sapienza, meglio noto al pubblico come musicista componente del Duo Triquetra, che recupera e valorizza l’immenso patrimonio poetico e musicale siciliano. L’autore, che nei suoi spettacoli ha sempre illustrato i brani proposti, stavolta, spinto dall’amore per la cultura siciliana e desideroso di darsi ragione (e nello stendo tempo volendo farne partecipi i potenziali lettori) dei “modi di dire” che vengono ripetuti ancora oggi, ci propone il frutto di un paziente lavoro di ricerca.
Il libro”Torna parrinu e ciuscia” è costituto da un gran numero di “schede”, una per ciascun “modo di dire”; di volta in volta l’autore richiama una storiella, un racconto, un mito, un’usanza, un costume, un modo di vivere, un aneddoto, o persino un fatto o una situazione di tipo storico e quant’altro serve a dare conto di quell’espressione di uso comune.
La chiave di volta dell’intera opera sta nella volontà di valorizzare le tradizioni siciliane nelle quali sono rintracciabili “le nostre più autentiche essenziali radici culturali in termini di identità storica e antropologica” e nell’intento lodevole di non tradire o abbandonare il patrimonio culturale che ci appartiene”.
Nel risvolto della prima di copertina si trova la spiegazione delle motivazioni interiori che hanno spinto l’autore a scrivere il libro. “Con questo volume Carmelo Sapienza desidera realizzare un concreto e amorevole tributo alla causa della cultura di Sicilia, anche per esaltare il valore di quell’idioma che così rilevante significato assume nel panorama storico della nostra lingua nazionale..”
È lo stesso autore a non esimersi dal fornire una motivazione alla pubblicazione del libro. “L’interesse di chi scrive o di chi legge un libro come questo rappresenta, da solo, la voglia di “credere” nel valore delle nostre tradizioni. E di amarle. Al di là di ogni vana retorica, è solo in esse che possiamo cercare e trovare le nostre più autentiche essenziali radici culturali in termini di identità storica e antropologica; per non commettere, infine, quello che è da considerare come uno dei peggiori delitti intellettuali di cui l’uomo possa macchiarsi: tradire o abbandonare il patrimonio della “propria” cultura”.
Pippo Sorrentino