L’omaggio ai missionari / A 200 anni dalla nascita di don Bosco la “Croce dei Mari” issata da un salesiano in Patagonia

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A Buenos Aires il ricordo, in occasione del bicentenario della nascita di Don Bosco, del ruolo svolto dai missionari salesiani in Patagonia. Proiettato un lungometraggio che narra il viaggio di due italiani, rispettivamente sulle orme di Darwin e di don Salaberry, il missionario che piantò la prima croce a Capo Froward (Cile) nel lontano 1913.

In occasione del bicentenario della nascita di Don Bosco e dell’Anno dell’Italia in America Latina, è stato presentato a Buenos Aires il film “A Sud del Sud” in omaggio a tutti i missionari salesiani giunti nella Patagonia sin dal 1875. La proiezione del lungometraggio finanziato dal Cuia (Consorzio universitario italo argentino) ha avuto luogo all’Istituto italiano di cultura di Buenos Aires che dirige Maria Mazza, in presenza dell’autore del copione, Nicola Bottiglieri, docente di letteratura spagnola e americana all’Università di Cassino, del presidente locale della Congregazione Salesiana, padre Juan Pico, e di suor Ana Maria Fernandez, in rappresentanza delle Figlie di Maria Ausiliatrice.292502p

Don Bosco e Darwin. “Don Bosco e Darwin sono le persone più importanti della Terra del Fuoco”, si sente dire a uno dei protagonisti. Infatti, nel film si racconta la storia di due italiani che viaggiano verso la lontana Terra del Fuoco, uno per girare una pellicola sui luoghi visitati da Darwin (nel suo viaggio intorno al mondo del 1832) e ripercorsi da suo padre, prima di scrivere un libro dal titolo “A Sud del Sud”, e l’altro per vedere la cosiddetta “Croce dei Mari” a Capo Froward, proprio alla fine del continente americano. Desiderio, quest’ultimo, che nasce da un ricordo infantile di quando – all’oratorio salesiano di Torino – ascoltava i racconti di don Bosco su don Salaberry: il missionario che aveva piantato questa croce a Capo Froward per realizzare le profezie bibliche nelle quali si diceva che la Parola di Dio sarebbe arrivata fino alla fine del mondo.

Con l’infinito nel cuore.
È l’amicizia che nasce tra i due personaggi a far proseguire il viaggio insieme, un po’ in moto un po’ a piedi, fino alla croce che il salesiano uruguayano Hector Luis Salaberry collocò nel 1913 in memoria dei 1600 anni del cristianesimo nel mondo (dall’Editto di Costantino). È durante questo viaggio epico, iniziato all’imboccatura dello Stretto di Magellano, che ognuno dei personaggi si confesserà. Il giovane ha in mente di fare un film sul rapporto che ebbe Darwin con gli indios “yaganes”, in particolare con Jeremy Botton, rapito e portato in Inghilterra da Fitz Roy nel 1830 e riportato indietro nel 1832 insieme a Darwin. Ha grande fiducia nella ragione e nella scienza, capaci di dare – secondo lui – un senso compiuto all’esistenza umana. L’altro, più avanti negli anni e malato di cancro, vuole riflettere sul significato della Croce, vista non tanto come simbolo religioso ma piuttosto quale segno di un contatto tra cielo e terra. “L’infinito non lo vedi se nel cuore non lo hai”, arriva a dire quest’ultimo durante la lunga marcia verso la fine del mondo. “Viaggiare – ha scritto Nicola Bottiglieri, autore del film – non significa andare incontro all’orizzonte, ma sorpassarlo, andare oltre il nostro sguardo e vedere quanto grande è il nostro cuore prima di partire”. A Capo Froward (Cile), la “Croce dei Mari” non è quella di ferro, di dieci metri, del 1913. I fortissimi venti e le piogge della fine del mondo hanno distrutto anche la Croce innalzata una seconda volta, nel 1943. Dal 1987 resiste all’ostilità del clima australe la “Cruz de los Mares”, di 24 metri di altezza, costruita dai cileni in omaggio alla visita di San Giovanni Paolo II.

Maribé Ruscica
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