L’opinione di mons. Viganò, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, sul Festival del cinema di Venezia

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Nei territori dell’umano

 Il Festival lascia forti messaggi e provocazioni alla nostra società

 “Pietà” di Kim Ki-duk ha vinto il Leone d’Oro alla 69ª Mostra del cinema di Venezia. La Giuria internazionale ha deciso poi di assegnare il Leone d’Argento per la migliore regia a “The Master” di Paul Thomas Anderson, il Premio Speciale della Giuria a “Paradies: Glaube” di Ulrich Seidl, la Coppa Volpi per il miglior attore a Philip Seymour Hoffman e Joaquin Phoenix nel film “The Master” di Anderson, la Coppa Volpi per la migliore attrice a Hadas Yaron nel film “Lemale Et Ha’Chalal” di Rama Bursthein. Fabrizio Falco, nel film “Bella Addormentata” di Marco Bellocchio e nel film “È stato il figlio” di Daniele Ciprì, ha ottenuto il “Premio Marcello Mastroianni”, assegnato ogni anno all’attore o all’attrice emergente. Delusione, dunque, per il cinema italiano che è rimasto fuori dai premi principali. Il Sir ha chiesto un commento a mons. Dario Edoardo Viganò, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo (Eds).

Mons. Viganò, qual è il suo commento per questa edizione della Mostra del cinema?

“Mai un’edizione, come quella di quest’anno guidata dal ritorno di Alberto Barbera, si è presentata come sismografo della società italiana: sobrietà nella gestione e grande ricerca nella qualità delle proposte. Da segnalare l’innovazione tecnologica legata alla Rete che, creando una sala virtuale, ha permesso a molte persone la visione dei film della ‘Sezione Orizzonti’. Inoltre l’avvio di altri due progetti qualificanti: anzitutto la ‘Biennale College – Cinema’, laboratorio di alta formazione aperto ai giovani filmmakers di tutto il mondo, per la produzione di film a basso costo. Secondo aspetto di novità: il nuovo ‘Light Market’, ovvero il ritorno del mercato al Lido che permette a Venezia di essere competitiva con realtà come Cannes o Toronto”.

 Cosa ne pensa dei film in concorso? E del vincitore, in particolare?

“Certamente il concorso ha saputo selezionare una serie di opere di qualità, con una significativa presenza di maestri del cinema. Penso, ad esempio, a Malick, Redford, De Palma, Ki-duk, Bellocchio, senza dimenticare i territori della ricerca e del documentario e, quello più difficile, della scoperta di nuovi autori. Per quanto riguarda il film vincitore: l’opera di Kim Ki-duk, “Pietà”, è stata la più applaudita tra quelle in concorso. Il messaggio, seppure molto forte e positivo, che si snoda in un racconto di pentimento e di riconciliazione, non eguaglia però le vette poetiche cui ci aveva abituati in precedenza, come ad esempio in ‘Ferro 3’”.

 Qual è il suo giudizio sugli altri premi assegnati?

“Oltre al già citato e meritato Leone d’Oro a ‘Pietà’ di Kim Ki-duk, dispiace non vedere alcun film nostrano tra i premi maggiori così come l’esclusione di talentuosi autori come Mendoza. Comunque sia, il verdetto della Giuria ha meritatamente riconosciuto anche la qualità di ‘The Master’ di Paul Thomas Anderson e del film di Daniele Ciprì ‘È stato il figlio’”.

 L’Italia, come lei notava, è rimasta a mani vuote. Un brutto segnale per il nostro cinema?

“Andrei oltre l’equazione premio uguale qualità. Certamente una Giuria individua opere facendo leva su criteri formali e, soprattutto, sulla forza comunicativa di valori e di idee sovranazionali. I nostri film, di ottima qualità, patiscono probabilmente di un ancoraggio marcato alla piccola penisola italiana”.

 La Fondazione Eds, come ogni anno, era presente a Venezia con un cartellone ricco di appuntamenti. Quale lo spirito che anima le diverse iniziative?

 “Tra i moltissimi appuntamenti, due sono stati particolarmente intensi. Anzitutto il ricordo all’Hotel Excelsior, cuore della Mostra, del cardinale Carlo Maria Martini. Alla presenza del presidente e del direttore della Mostra, l’evento ha coinvolto le comunità protestanti e numerosi attori, attrici e registi. L’altro appuntamento è stata la consegna del Premio Robert Bresson al maestro del cinema britannico Ken Loach. Per il regista, e per noi, il cinema può ancora cambiare il mondo: può entrare in fabbrica e nelle periferie, nella marginalità e nella disperazione, per uscirne più forte e consapevole. Un Premio, come ha sottolineato il patriarca Francesco Moraglia, che mostra come ‘in una società e in una cultura che fatica sempre di più ad allargare gli spazi della ragione il potente mezzo del cinema può aiutarci a riflettere’”.

 Quali saranno le prossime iniziative della Fondazione?

“Partiranno a breve delle proposte per riflettere sull’Anno della fede. Il lavoro, poi, già ferve per la prossima edizione del ‘Tertio Millennio Film Fest’, che si svolgerà a Roma dal 4 al 9 dicembre. L’interesse di questo Festival sta nel dare parola (e visione) a quel cinema che abita con passione i territori dell’umano; a quel cinema che sa non chiudere le storie, ma aprirle alla dimensione spirituale”.

A cura di Vincenzo Corrado

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