Matteo Renzi, che è stato sindaco di Firenze fino a ieri, ma che ora si trova dalla parte opposta – e cioè a capo del governo – ha minacciato di farlo, senza però farlo ancora: mettere le mani dentro la giungla di enti locali e municipalizzate che in questi anni sono spuntati come funghi in tutt’Italia. Migliaia di realtà – storiche o nuove di zecca – che fanno riferimento a Regioni, Province, Comuni, enti intermedi e che fanno di tutto, di più.
La stampa nazionale ha recentemente scoperto un’avanguardia locale di questa tendenza: il Comune benzinaio. A Verona – in verità da un paio d’anni – la locale Agsm (energia, gas, rifiuti) ha creato una partnership con dei privati per gestire alcune pompe di benzina. Scandalo. Ma dipende dalla parte dalla quale si guarda la questione: se le municipalizzate oggi producono elettricità, bruciano rifiuti, erogano gas, perché non dovrebbero fare affari nel campo della distribuzione di carburanti? Perché non dovrebbero fare affari ovunque questi si prospettino?
Giusto. E consideriamo pure la motivazione che sorregge siffatte attività imprenditoriali: gli utili finiscono alla collettività e non nelle tasche di pochi; c’è la possibilità di calmierare le tariffe e di aiutare chi è più debole. C’è un forte legame con la politica quand’essa disegna il futuro di una comunità. Allora, qual è il problema?
Che siamo in Italia, che la teoria è sempre una cosa, la realtà un’altra. E la fotografia di questo vasto mondo è scoraggiante: sono attività gestite spesso in regime di monopolio; il fatto che le tariffe siano più basse è molto discutibile; che gli utili finiscano alla collettività anche: spesso corroborano i bilanci comunali, quindi le politiche (o gli sprechi) di questo o quel sindaco. Discutibilissima la qualità del servizio, soprattutto per le aziende monopolistiche che raramente brillano per efficienza e, appunto, qualità. Discutibile che gli enti locali s’immischino nella creazione e/o gestione di autostrade, aeroporti, porti, metropolitane e quant’altro. Ancor più discutibile che poi gli stessi enti locali si svenino per coprire i buchi di bilancio che spesso queste aziende creano, dai trasporti pubblici in giù.
Il caso di Roma è esemplare: un Comune in dissesto finanziario cronico a causa proprio delle sue avventure imprenditoriali, a volte mascherate da “servizi” da erogare. E i cittadini romani sono costretti a pagare le più alte tasse comunali d’Italia, di conseguenza.
Ma vogliamo parlare dei poltronifici? Della pletora di consigli di amministrazione, di presidenti e direttori, di revisori dei conti con gettone allegato? Delle assunzioni fatte per colore politico? Per sistemare cognati e cugine? Delle consulenze esterne che beneficano legioni di persone o con motivazioni assurde o fittizie, o per far sì che qualcuno, al di fuori, faccia quello che chi è assunto non ha particolare voglia di fare all’interno?
Alla fine paga Pantalone, come al solito. Forse un po’ stufo di farlo, visto che capisce sempre meno le motivazioni. E si irrita quando poi vede i sindaci piangere miseria in diretta televisiva, allungando la mano per ottenere fondi statali mentre non si sognano manco morti di dismettere queste proprietà o di lasciare spazio ai privati. Che se falliscono o lavorano male, pagano in prima persona e non si fanno confezionare decreti legge ad hoc per chiudere l’ennesimo occhio.
Nicola Salvagnin