“Una folla sterminata, meravigliosa, stranamente festante”. “Non un addio né un arrivederci. Ma una compresenza diversa e profonda”. “Abbiamo assistito a un fatto al tempo stesso straordinario e paradossale anche per la mentalità laica e non credente. Abbiamo assistito allo splendore della sconfitta apparente, la virtù della rinuncia. Un messaggio dirompente”. Sono emozioni a caldo quelle che il sociologo Franco Ferrarotti esprime, “da laico e agnostico”, al Sir subito dopo aver seguito in tv l’ultima udienza di papa Benedetto XVI. Maria Chiara Biagioni lo ha intervistato.
– Che impressione le ha fatto oggi piazza San Pietro?
“Una folla sterminata, meravigliosa e stranamente festante visto che tanti potevano attendersi una folla piuttosto mogia. E invece abbiamo visto una folla gioiosa che ha dato uno spettacolo edificante. Una folla numerosa che ha riempito letteralmente piazza San Pietro, e poi tutta via della Conciliazione, le vie laterali di Borgo Pio fino a Castel Sant’Angelo”.
– Come si spiega questa partecipazione?
“Tutto il mondo si è reso conto che questo Papa, con la sua decisione, ha dato corpo a un fenomeno di portata storica. Credo anche che non possa lasciare indifferenti. A che cosa abbiamo assistito? Abbiamo assistito a un fatto al tempo stesso straordinario e paradossale anche per la mentalità laica e non credente. Abbiamo assistito allo splendore della sconfitta apparente, la virtù della rinuncia. Un messaggio dirompente per i nostri uomini e le nostre donne di potere: il Papa ha mostrato che cosa è il potere come servizio. Non un potere solitario di colui che comanda, ma un’autorità autorevole che fa crescere. Il potere schiaccia, l’autorità fa crescere. E poi c’è una seconda lezione, ancora più importante”.
– Quale?
“La rivalutazione della preghiera. Che oggi sembra estranea persino ai credenti. La preghiera non è solo una richiesta. È un colloquio con Dio ma anche con se stessi. E quindi la preghiera come un richiamo dell’interiorità. Debbo dire che papa Benedetto XVI con la sua natura di professore, di studioso, con il suo bisogno di privacy che è venuto fuori anche da quello che ha detto stamane, richiama all’interiorità: mentre oggi tutto sembra esteriorizzato, ci rivela la preghiera come un momento umile che non si esaurisce nella richiesta del favore a Dio, ai Santi, ai Padroni, ma diventa un dialogo con le realtà trascendenti e con se stessi. Trovo in questo richiamo alla riservatezza, al momento del dialogo con se stessi per poter dialogare con gli altri, una lezione di straordinaria importanza”. – Quale ricaduta ha questo messaggio al mondo di oggi?
“Mi riempie di ammirazione e mi tocca personalmente: più nessuno oggi si vuole dimettere, tutti sono abbarbicati al potere anche quando non hanno nulla da dare e da dire. Si ricerca la visibilità a tutti costi: è straordinario invece che un uomo che è anche vicario di Dio, decida di nascondersi al mondo. Che cosa vuol dire, qual è il messaggio? Che ci sono realtà che non si esauriscono nello spettacolo, che ci sono valori finali e strumentali che non si esauriscono nella chiacchiera o nella presenza. Ci sono delle assenze più importanti di molte presenze”.
– Oggi, in piazza San Pietro, abbiamo visto una folla sterminata. Eppure Benedetto XVI è un uomo di studio e lancia messaggi talvolta anche esigenti, difficilmente popolari. Lei che lettura dà invece a questo fenomeno delle piazze che si riempiono per lui?
“C’è nella folla di oggi un estremo bisogno di valori finali e di trascendenza. Questo è un mondo che muore perché è mosso da uno spasimo di successo, che in fondo non risolve alcun problema se non la piccola vanità di anime minime. E la lezione, credo, di questo Papa è che ciò che vale non si vede. I mezzi di comunicazione, seppur meravigliosi, schiacciano sull’immediato e sul presente ed esteriorizzano la capacità introspettiva”.
– Dunque anche la folla oggi ha lanciato un messaggio. Quale?
“Una folla meravigliosa che mi ha sorpreso. Mi ha fatto capire che, al di là delle frequenze e dei sacramenti, al di là a dei comportamenti rituali esterni, c’è un enorme bisogno di sacro e di religioso. Viviamo nel paradosso secondo cui proprio nelle società più tecnicizzate, in quelle che si pensano e si autodefiniscono del tutto razionali, in cui si crede che il sacro sia eclissato, proprio queste società sono sensibili al richiamo del sacro. E questa folla lo esprimeva: non macerazione o tristezza. Bensì un nuovo misticismo che è quello di colui che predica sui tetti e si riconosce nell’offrire il proprio sforzo a servizio degli altri, del prossimo”.
– Perché la folla era festante? In fin dei conti doveva essere il giorno dell’addio, della nostalgia.
“Perché non è stato un addio o un arrivederci. Ma una compresenza diversa e profonda. Questo Papa ci riporta ai principi fondamentali del cristianesimo che non sono la trattativa commerciale, il successo, la ricchezza materiale. Ma l’apertura alla grande esperienza del Divino nel quotidiano”.
– Come vede il futuro della Chiesa?
“Sono certo di un fatto: che il risultato di questo Conclave sarà il risultato migliore che la Chiesa come istituzione, nelle circostanze determinate, potrà dare. Forse in pochi hanno capito che l’elezione del Papa è certamente frutto di una democrazia, ma integrata e compensata dalla conoscenza e dall’esperienza”.