Lutto / A Palermo i funerali di Rita Borsellino. Mons. Lorefice: “Aveva un cuore limpido non avvezzo al compromesso”

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L’arcivescovo ritrae il profilo di Rita Borsellino sulla tela dell’impegno sociale e civile. Fissa le caratteristiche del suo cuore marcando l’inchiostro su quattro qualità: “un cuore limpido, non doppio, non avvezzo al compromesso né all’idolatria del denaro”. Ecco la sorella del magistrato Paolo, ucciso dalla mafia nella strage di via d’Amelio, il 19 luglio 1992. Eccola nel giorno dell’ultimo saluto nella chiesa gremita del Don Orione, nel capoluogo siciliano.
La messa esequiale è presieduta da mons. Corrado Lorefice. Al suo fianco, il fondatore e presidente di Libera, don Luigi Ciotti. A rendere omaggio all’ex europarlamentare, stretti attorno ai figli Claudio, Cecilia e Marta, al fratello Salvatore, ai nipoti Lucia, Manfredi e Fiammetta, figli del magistrato ucciso, c’erano il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, l’ex presidente della commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi, l’ex presidente del Senato Piero Grasso, il prefetto Antonella De Miro, il sindaco Leoluca Orlando, diversi rappresentanti delle forze dell’ordine.
In chiesa anche Maria Falcone, sorella di Giovani. Poi, tanti palermitani, gli scout, i giovani che negli anni Rita Borsellino ha incontrato nelle scuole. E al centro il feretro della donna, sopra la sua foto e il fazzoletto scout, cui lei era molto legata.
Il “filo rosso” della famiglia Borsellino. Nell’omelia l’arcivescovo Lorefice ha ripercorso i momenti in cui ha appreso la notizia della morte di Rita Borsellino. “Quando mi è giunta la notizia ho provato un sentimento interiore, una sorta di solitudine e mi sono detto: ora a Palermo siamo più soli”. Un momento al quale mons. Lorefice ha contrapposto il ricordo dello sguardo della donna (“I suoi occhi conducevano nella sua integrità e nella profonda spiritualità”). Il presule ha ricordato che “Rita ha fatto suo il testamento morale di Paolo Borsellino. Lotta alla mafia non deve essere solo distaccata opera di repressione ma movimento culturale che coinvolga le giovani generazioni”, ha ribadito l’arcivescovo citando il magistrato ucciso dalla mafia. Poi, “il filo rosso” della famiglia Borsellino, cioè le beatitudini “cui Rita attingeva e attinge ogni cristiano”. “Rendono la logica di Dio così diversa da quella degli uomini – ha detto il presule -. Rita è stata una donna che guarda la storia con gli occhi di Dio, alla luce delle beatitudini. Da lei possiamo imparare qualcosa dell’umilità e dell’audacia della fede”, ha ribadito il presule ricordando anche i “mille dubbi che porta con sé, le mille domande e le attese di giustizia”.
Il ricordo dei familiari. Prima dell’ultimo saluto, i familiari hanno presentato il volto più intimo della donna protagonista dell’impegno civile basato sulla cultura, “testimone autorevole e autentica dell’antimafia”, come l’ha ricordata nel suo messaggio di cordoglio il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Lo ha fatto la nipote, Chiara Corrao, spiegando che “ci avrebbe dato una carezza sul viso e ci avrebbe detto: ‘Che cosa dobbiamo fare?’”. “Lei trasformava in amore ogni cosa e ciò la portava a perdonare. Ci ha regalato una famiglia che va oltre a quella di sangue”. Il figlio Claudio, invece, ha ricordato che “lo zio Paolo ci ha detto che ognuno deve fare qualcosa per quello che può. Lei ci ha voluto insegnare come si può fare ciò”.
In rappresentanza degli scout, la parola a Giulio Campo, che ha segnalato come “con il tuo agire ci hai indicato una strada praticabile di azione politica. La tua memoria è richiamo ad agire costantemente”.
A margine, anche il ricordo di don Luigi Ciotti, presidente e fondatore di Libera, che rievoca nei giorni scorsi l’ultimo incontro con Rita Borsellino. “La sua è stata una vita che abbracciava la vita. Una vita che apriva il suo orizzonte agli altri. Una memoria viva che si traduce in responsabilità e impegno civile. Ha pensato la politica come servizio per il bene comune. A volte anche lei denunciava il divorzio della politica dall’etica – ha evidenziato don Ciotti -. Però, ha messo la sua faccia e si è messa in gioco per amore verso la sua terra e per portare in Europa la testimonianza di un impegno, per dire che è possibile unire le forze nella lotta alla criminalità e alla mafia”.

Filippo Passantino

 

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