Gesù sembra divertirsi, a volte, a rendersi quasi irraggiungibile, inafferrabile, maestro esigente. È sempre oltre tutte le nostre resistenze e paure, i nostri blocchi e le nostre titubanze. Oltre le nostre acquisizioni, oltre ogni meta raggiunta. Quando ci sembra di essere arrivati, di poterci fermare e riposare, Lui è lì a dirci: avete inteso … fu pure detto … ma io vi dico (Mt 5, 17 – 37). Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare. (Lc 17, 10)
Con Lui non si arriva mai, fino alla fine, le nostre orecchie sentiranno quella parola che ci sprona verso mete sempre più alte: Ma io vi dico … Nulla in noi può essere statico ma tutto è dinamico, in movimento e in progresso: la fede, la preghiera, la coscienza, la morale. Il credente vive una lievitazione interiore, una fermentazione continua. Nessuno può considerarsi un prodotto finito, godere dell’autocompiacenza, essere soddisfatti di sé. Siamo sempre in fieri, in cammino verso la Terra Promessa. Ognuno ha una meta da raggiungere che ci sembra prossima a noi ma che si allontana sempre più, come nella scalata di una montagna. Dio è più grande del nostro cuore (1Gv 3, 20).
Tutto ciò che ha riferimento a Lui è infinito: la fede, la speranza, la carità, la preghiera, i valori, la giustizia, la coscienza, la spiritualità, la morale. Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli (Mt 5, 20). Non ci è indicata una meta intermedia da raggiungere ma la meta ultima, finale: Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.(Mt 5, 47) Neanche una mezza misura ma una buona misura, pigiata, scossa e traboccante (Lc 6, 38): la perfezione.
E non una qualsiasi perfezione ma la perfezione di Dio, del Padre celeste. E la santità stessa di Dio: Siate santi perché Io, il Signore, vostro Dio, sono santo (Lv 19, 21). Perché siete di Cristo e Cristo è di Dio (1Cor 3, 23). Siamo chiamati a un superamento continuo, ad un salto, ad andare oltre noi stessi, per aprirci alla luce, alla verità e a Dio. Siamo sempre all’alba della fede, della spiritualità, all’alba della moralità, sempre alla scoperta della bellezza della vita. Come bambini che si spalancano con entusiasmo alla conoscenza che ci supera, ci precede e ci sovrasta. Desideriamo sapere, conoscere, vedere, udire cosa c’è dall’altra parte, avanti a noi, oltre noi, sopra di noi.
Siamo sempre all’abc della spiritualità, dell’amore e della morale, come Mosé sul monte Nebo, a spingere lo sguardo lontano, oltre l’orizzonte, oltre il visibile, per abbracciare con lo sguardo la Terra Promessa, per anticipare l’incontro e il contatto nel cuore, per abbracciare il sogno della nostra vita, per il quale le nostre braccia non sono mai sufficienti, per abbracciare la sua grandezza e la sua immensità. È un sogno che si svolge nel tempo, come un gomitolo che si dipana gradualmente, che ci riempie, pian piano, ci fa sperimentare la pienezza ma è una pienezza parziale che avanza e cresce ma non raggiunge mai la totalità. Rincorriamo la pienezza che si dà a noi a frammenti e ci attira ad essa in maniera sempre crescente.
Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio? (Sl 42, 2 – 3). È una sete che cresce aumenta, non si riesce mai a spegnerla. Siamo sempre nelle doglie del parto, per generare la bellezza e la grandezza del vivere: Ma io vi dico …