Una folla oceanica ha riscaldato il cuore ferito di Parigi e ha gridato il proprio “no” alla barbarie del terrorismo. Dopo tre giorni di fuoco e di sangue, alimentati dall’odio di “figli” nati e cresciuti in questa terra. Capi di Stato e di Governo hanno sfilato accanto a Hollande e con il popolo: la Francia non è sola. Presenti anche i leader religiosi: cristiani, ebrei e musulmani.
Un milione e mezzo di persone. Alcuni dicono addirittura due. Mai Parigi ha visto così tanta gente scendere per le strade. Giovani, famiglie con bambini, anziani. Hanno “marciato” con ordine, in silenzio, con dignità. La Francia risponde così, con un grande senso di umanità e partecipazione cittadina agli attacchi omicidi che per tre giorni hanno messo a sangue e a fuoco la città. Una violenza inaudita compiuta in nome di un radicalismo odioso, dispiegata da “figli” nati e cresciuti in questa terra.
È un Paese ferito nel profondo. Ma la risposta è nelle migliaia di persone che con palloncini, slogan colorati e cartelli sono scese per strada, a dire “no” alla barbarie. Una folla talmente immensa che la Prefettura di Parigi non riesce a fare una stima e rimanda in serata l’annuncio ufficiale sulle cifre della partecipazione. Ai bordi delle strade, qualcuno si ferma in silenzio, quasi in raccoglimento, davanti a piccoli angoli di fiori e candele accese in omaggio alle 17 vittime. Si lasciano penne e matite in segno di una libertà di espressione che non si è spezzata nonostante il sangue e la violenza. Ci sono anche messaggi scritti a mano e le foto dei redattori della redazione di “Charlie Hebdo”. Qualcuno su un biglietto scrive: “Je suis Charlie, policier, juif et musulmane”, per dire che no, la Francia non ci sta a dividersi e vuole affrontare questa sfida unita. La città ha sfilato nonostante le allerte attentati della vigilia e la notizia diffusa dalla Cnn, secondo la quale sono attive in città cellule terroristiche dormienti. Qualcuno chiede di annullare la manifestazione. Nasce addirittura un hashtag in questo senso. Ma Parigi non risponde: è intenzionata ad andare avanti. Oltre 3mila i poliziotti impiegati per la sicurezza della manifestazione. Dicono di essere arrivati qui da tutte le città del Paese e anche la loro presenza è discreta. “Nous n’avons pas peur”, si legge in un cartello scritto a mano da un manifestante. Un ragazzo preferisce invece ricordare una citazione di Voltaire: “Non sono d’accordo con ciò che dite… ma sono pronto a dare la vita perché lo possiate dire”. Ad un certo punto, l’accesso alle piazze dai boulevard si è bloccato. La gente, non riuscendo ad andare né avanti né indietro, è rimasta ferma, in piedi, per ore. Ogni tanto partiva qualche applauso. Perché non era importante arrivare chissà dove. Era importante esserci.
Alla Francia, in segno di amicizia, si è unito praticamente il mondo intero. Erano presenti a Parigi il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu e il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen). Fra i leader europei il premier Matteo Renzi, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy e il collega britannico David Cameron. E Parigi ha accolto con gratitudine questa presenza ed ha salutato con applausi e grida di gioia il passaggio delle macchine e dei pullman che portavano le delegazioni diplomatiche in Place de la République. Poche ore prima che cominciasse la “Marche Républicaine”, si è tenuto qui a Parigi il vertice dei ministri dell’Interno e della Giustizia per discutere di misure per la lotta al terrorismo. Segno evidente che si tratta di una sfida che si può vincere solo se insieme e a livello europeo.
Alla Marche c’erano anche i leader religiosi, cristiani, musulmani ed ebrei. Presenti anche i vescovi francesi con due delegati, monsignor Stanislas Lalanne e monsignor Pascal Dellanoy. “Siamo presenti anche noi a questa Marche – spiega al Sir Lalanne – per manifestare la nostra solidarietà con tutti coloro che hanno vissuto questo dramma orribile. Siamo venuti come cittadini per dire che vogliamo contribuire a costruire una società fondata sulla democrazia e la pace”. La parola d’ordine è “non cedere alla paura” ma al contrario “andare incontro all’altro per conoscerlo e mettere in atto ora più che mai un sussulto di fraternità”. Tra i leader, c’è anche il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi. “Parigi – dice – è una grande città che ha saputo reagire in modo eccezionale. Stando in mezzo a questa folla, composta da rappresentanti delle istituzioni e autorità religiose insieme a migliaia di comuni cittadini, si sente l’espressione di un umanesimo popolare che è alle radici dell’Europa e che ci impegna a lavorare per l’unità e l’integrazione”. C’è una pagina bianca tutta da scrivere nella storia della Francia e dell’Europa. Gli attentati parigini hanno colpito nel cuore gli Stati della laicità e della democrazia. Ora i loro popoli, così diversi tra loro, accolgono la sfida e affermano che è possibile vivere insieme, che la strada del rifiuto e della paura dell’altro non porta a nulla e rende tutti più poveri e che la diversità può essere vissuta come una ricchezza, non come il lato oscuro da temere e combattere.
dall’inviata Sir a Parigi, Maria Chiara Biagioni