Nel gioco politico scatenato dalla seconda ondata di arresti dell’operazione Mafia Capitale, giustamente c’è chi vanta di non essere stato lambito dall’inchiesta che ha scoperchiato il pozzo nauseabondo delle tangenti pagate per accaparrarsi i finanziamenti comunali destinati agli immigrati e ai rom. Un servizio sociale divenuto una greppia con la quale si sono abbuffati uomini senza scrupoli che hanno lucrato sulla pelle dei poveri. Reato gravissimo, peccato intollerabile.
È giusto che chi non è stato coinvolto nell’indagine vanti il proprio quarto di nobiltà ed evochi, come nel caso di un politico nazionale pentastellato, lo slogan “zero indagati e zero condannati”. Giusto, sino a prova contraria. In questo senso, la triste parabola della Lega bossiana che pure sull’onda giustizialista di Mani Pulite aveva costruito le sue fortune politiche per poi finire travolta dalle inchieste giudiziarie, dovrebbe insegnare qualcosa. Dovrebbe comunque indurre tutte le forze politiche, quelle nascenti, quelle emerse e quelle storiche, a seminare le proprie reti interne di anticorpi legalitari.
Dal nostro punto di vista, possiamo dire solo che “zero indagati e zero condannati” è il minimo sindacale che i partiti moderni devono garantire a noi semplici cittadini. Poi dovrebbero anche esercitare il buon governo e la buona amministrazione. Chiediamo troppo? Almeno provateci.