Mario Draghi è il nuovo presidente incaricato da Sergio Mattarella di formare un nuovo governo che ottenga la fiducia del Parlamento. Tre, in particolare, le sfide cruciali prioritarie illustrate dal Presidente della Repubblica, per le quali il nostro Paese non può concedersi nuove elezioni a breve termine. In agenda, ineludibili, vi sono la risoluzione della pandemia, la presentazione dei progetti per il Recovery plan e la ripartenza economica. Da qui, la decisione di puntare su Draghi, presidente uscente della Banca Centrale Europea, su uno degli italiani attualmente più noti e apprezzati al mondo. Mentre proseguono consultazioni e sondaggi per vagliare la fiducia dei partiti nei suoi confronti, vediamo chi è il nuovo profilo indicato dal Quirinale.
Mario Draghi: formazione del nuovo presidente incaricato
Nato a Roma nel 1947, frequenta il liceo gesuita quando, a 15 anni, rimane orfano di entrambi i genitori. A prendersi cura di lui e dei fratelli, è una zia, che si prodiga per consentirgli di andare avanti negli studi. Si laurea in economia negli atenei della capitale con l’illustre Federico Caffè, uno dei più illuminati economisti italiani la cui morte stessa, avvenuta nell’aprile ’87, resta un mistero. Si tratta infatti di uno dei principali diffusori della dottrina keynesiana in Italia, macroeconomista, studioso del benessere collettivo. Al centro delle sue riflessioni, vi fu sempre la necessità di assicurare piena occupazione e protezione sociale, soprattutto per i ceti più deboli.
Mario Draghi: titoli e curriculum
Si specializza nel 1977 al Massachusetts Institute of Technology di Boston, con docenti come il Premio Nobel per l’economia, Franco Modigliani, Stanley Fischer, e Robert Solow. Arrivano subito per lui numerosi incarichi: sarà docente nelle università italiane di Trento, Padova, Venezia e Firenze, ma anche in America. Consigliere per il Ministero del Tesoro nel 1983, tra l’84 e il ’90 diventa Direttore Esecutivo della Banca Mondiale. Quindi, dal 1991 al 2001, Direttore Generale dello stesso Ministero del tesoro, dove viene chiamato dal ministro Guido Carli. A suggerirlo, Carlo Azeglio Ciampi, all’epoca governatore della Banca d’Italia, poi Presidente della Repubblica.
Gli alti incarichi manageriali di Draghi per lo Stato italiano
Confermato da tutti i governi successivi, lavorò anche alla privatizzazione di società come IRI, Telecom, Eni, Enel, Comit, Credit. Dalla stime, lo Stato italiano ricavò da esse circa 182.000 miliardi di vecchie lire. Intanto, il rapporto tra il debito e il PIL scese dal 125 per cento del ’91 al 115 del 2001. Alla guida della commissione governativa che scrisse la nuova normativa in materia di mercati e finanza, vide l’apposito Decreto legislativo 58 del 1998 prendere il nome di legge Draghi. Nel ’91 presiede inoltre il comitato di gestione della SACE, avviandone la riforma dopo la stagione di mani pulite. Tornerà a presiederla tra il ’98 e il 2001, preparandone la successiva privatizzazione.
L’esperienza in Goldman Sachs e Banca d’Italia
Il 28 gennaio 2002 è stato nominato Vice Chairman e Managing Director di Goldman Sachs per guidare le strategie europee dell’istituto dalla sede di Londra e, dal 2004 al 2005, membro del Comitato esecutivo del gruppo. Nel 2001 dunque, quando furono venduti derivati alla Grecia che le permisero di entrare nell’Euro nonostante conti non in regola, Draghi non era ancora entrato nella banca d’affari statunitense. Per questo motivo, non poteva essere al corrente né responsabile di quella vicenda. Nel 2005 è chiamato a dirigere Bankitalia, “ferita” dagli scandali che avevano segnato l’uscita di scena del predecessore Antonio Fazio.
Mario Draghi presidente incaricato: l’italiano delle grandi sfide (vinte) internazionali
Nel 2008 arrivano i primi richiami al governo italiano guidato da Silvio Berlusconi, appoggiato da Lega Nord e Alleanza Nazionale e, nello specifico, a Giulio Tremonti, ministro del Tesoro. Le manovre finanziarie del governo sembrano infatti manchevoli e spregiudicate fino a quando, nel 2011, lo stesso governo, tra i ministri del quale siede anche Giorgia Meloni, si dimette lasciando l’Italia nella tempesta finanziaria con lo spread ad oltre 500. Alcuni mesi prima intanto, Draghi viene scelto dai ministri della zona UE per la guida della Banca Centrale Europea. Chiede subito ai paesi dell’UE di “recuperare la propria affidabilità, dichiarando che serve un segnale forte per i mercati e, se necessario, anche una revisione dei trattati”.
“Whatever it takes”: Draghi uomo dell’anno
Il 2012 è l’anno della celebre massima Whatever it takes, con la quale Draghi si prodiga per salvare l’unità monetaria e l’euro “a qualunque costo” per la stabilità dell’UE. E’ lì che viene nominato “uomo dell’anno” dal Financial Times, per aver saputo gestire la crisi del debito sovrano europeo ed essere stato in grado di evitare il “rischio contagio” in Paesi in sofferenza come la Spagna e l’Italia. Tre anni dopo, lancia il Quantitative Easing che permette alla BCE di acquistare titoli di Stato dei paesi dell’Eurozona per 60 miliardi di euro fino al settembre 2016. In questo modo, consente di sostenere il debito dei paesi in difficoltà, sollecitandone riforme strutturali e investimenti. Le sue politiche non piacciono al parlamento tedesco e alla Bundesbank, ma intanto la fiducia nell’Euro a livello mondiale cresce. La stessa strategia, permette a Spagna e Italia di uscire dalle enormi difficoltà in cui versavano.
Mario Draghi: la quotidianità del presidente incaricato
Concluso il suo mandato alla BCE nel 2019, Draghi resta un appassionato di calcio (tifoso romanista) e di scacchi. Sposato e padre di due figli, risiede da una decina d’anni a Città della Pieve, frazione di Moiano, in Umbria. Non di rado lo si vede lì spesso con la moglie Serena, in fila al mercato o a fare una passeggiata. Nelle sue uscite internazionali, Draghi ha sempre esibito portamento e carattere sobrio. Poco appariscente, ma fermo e determinato, è incline al dialogo e al costante lavoro di cooperazione. Esprime un taglio comportamentale simile a quello del Presidente Sergio Mattarella, con il quale condivide la formazione cattolica ed il temperamento mite.
La preghiera di Draghi per il cambiamento…
“Dobbiamo accettare l’inevitabilità del cambiamento con realismo e, almeno finché non sarà trovato un rimedio, dobbiamo adattare i nostri comportamenti e le nostre politiche. Ma non dobbiamo rinnegare i nostri principii. Dalla politica economica ci si aspetta che non aggiunga incertezza a quella provocata dalla pandemia e dal cambiamento – ha affermato al meeting online di Rimini 2020. – Altrimenti finiremo per essere controllati dall’incertezza invece di esser noi a controllarla. Perderemmo la strada. Vengono in mente le parole della ‘preghiera per la serenità’ di Reinhold Niebuhr. In essa, chiede al Signore: ‘Dammi la serenità per accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare, e la saggezza di capire la differenza’.
…e il suo appello per i giovani
“Non vorrei fare una lezione di economia ma darvi un messaggio di natura etica. Per affrontare insieme le sfide che ci pone la ricostruzione e insieme affermare i valori e gli obiettivi su cui vogliamo ricostruire le nostre società, le nostre economie in Italia e in Europa” – aveva affermato nella stessa occasione. “Livelli molto più alti di debito pubblico diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie. Lo shock che ci troviamo ad affrontare non è ciclico. La perdita di reddito non è colpa di chi la soffre.
Il costo dell’esitazione invece potrebbe essere irreversibile. La memoria delle sofferenze degli europei negli anni 1920 sono un ammonimento. I sussidi servono a sopravvivere, a ripartire. Ai giovani bisogna però dare di più: i sussidi finiranno e resterà la mancanza di una qualificazione professionale, che potrà sacrificare la loro libertà di scelta e il loro reddito futuri”. L’Italia si affida ora a lui, per rimettere in moto il Paese dilaniato, “a qualunque costo”.
Mario Agostino