Vendere l’anima dell’informazione all’intrattenimento? Io non ci sto. Se alla vendita dell’anima non c’è rimedio, quanto meno a noi è consentito scegliere. Dibattere è connaturato all’uomo, da sempre. Il confronto, la dissertazione, la confutazione, rendono da secoli possibili anche il superamento di analisi talvolta desuete, servendo scienze sempre in evoluzione quali, ad esempio, l’ingegneria o la medicina.
Vi è però un’educazione basilare che sancisce una condizione funzionale al dialogo imbastito al fine di trovare una sintesi traducibile in progresso. Questa consta prima di tutto, di silenzio e ascolto, di espressione lineare argomentata di posizioni frutto di studio, esperienza e controanalisi. E’ parte di quel Metodo Scientifico che rischia di essere ormai troppo poco sottoposto ai nostri piccoli a scuola. Eppure, è chiave di libertà anche mediatica.
Media / Vendere l’anima dell’informazione all’intrattenimento? Diciamo no
Perché se la critica costruttiva sottende opportunità di crescita, la polemica e la lamentela fini a sé stessa rappresentano invece un’altrettanta antica propensione umana, cui è incline la maggioranza delle persone, perché è più semplice la semplificazione superficiale resa battuta che l’applicazione allo studio. Queste “battute” rese oggi ad esempio slogan social, sono tese a destabilizzare la costruzione di processi.
Il punto è che, come il SANGUE e il SESSO da sempre già in letteratura come al cinema, ad esempio, questi stimolano ancestrali picchi di attenzione in cui i MEDIA, e qui con dolore potrei citare molti miei insigni colleghi, tendono a sguazzare, monetizzando i più bassi istinti umani spiattellati in studio o su pellicola in nome di uno share che porta pubblicità, introiti, popolarità e il mitico e intramontabile approdo di DENARO. Quel dio in nome del quale si uccide la madre e la proprio anima. Per molti nello specifico, l’anima dell’informazione, così come della politica stessa, che è efficace invece solo quando alza il tiro del compromesso tra visione e tecnica.
Media / Vendere l’anima dell’informazione all’intrattenimento
Per capire la gravità e la diffusione di questa allarmante bassezza morale, basta notare come, al bar come su watsupp, ma purtroppo anche in noti studi televisivi, si tenda a interrompere subito. A non ascoltare, a polemizzare senza argomentare. Se non addirittura ad aggredire senza badare alle gravi parole pronunciate e scritte. L’eleganza e la gentilezza poi, risultano merce tanto rara quasi quanto, per taluni, sconveniente. L’obiettivo è protrarre il dibattuto tra teatrali sparate, urlacci e turpiloquio, così da “allungare” la brodaglia di denaro anziché trovare sintesi o quanto meno consentire un’esposizione esauriente che arricchisca pur non concordando necessariamente. Si veda il dibattito sul clima, sui termovalorizzatori, sul ponte sullo stretto di Messina, sui vaccini ecc.
IL RIMEDIO C’E’. Basta in primis non scordare che l’anima può non essere in vendita. Rifiutare certi canali social, certe trasmissioni e anche certi atteggiamenti di chi ci sta intorno. Certo, l’educazione al dialogo si impara in famiglia, a scuola e in associazionismo e poi si sperimenta sul lavoro, migliorandosi sempre, certo.
Ma se per bramosia di denaro l’intento è polarizzare lo SCONTRO PER LO SHARE, affinché il dibattito si protragga senza mai trovare sintesi, l’anima dell’informazione, soprattutto se scientifica, è persa. Se alla vendita dell’anima non c’è rimedio, quanto meno a noi è consentito scegliere quali modi gentili usare, quanto stare in silenzio per ascoltare, quanto digiunare da certi canali e, soprattutto, quale integrità morale mantenere preferendo la libertà di azione etica rispetto al compromesso morale per denaro.
Come disse un gigante che ho amato, Oscar Luigi Scalfaro, A QUESTO GIOCO AL MASSACRO IO NON CI STO!
Mario Agostino