Memoria anti mafia / Michele Reina, politico DC ucciso da Cosa Nostra

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Michele Reina vittima mafia

Michele Reina nacque a Palermo il 15 agosto 1930 e fu un politico italiano, purtroppo passato alla memoria quale vittima di mafia. Fu segretario provinciale della DC (Democrazia Cristiana) e morì per mano di Cosa Nostra il 9 marzo 1979. Il suo rivale storico era Vito Ciancimino: Michele Reina aveva creato la corrente interna alla DC fortemente aperta nei confronti del Partito Comunista. Ciancimino era un componente della criminalità organizzata di Cosa Nostra. Lui e tutti gli altri componenti vedevano quest’apertura al comunismo come qualcosa di pericoloso e minaccioso. Potremmo dire che una delle cause che portarono alla morte di Reina fu proprio questa.

Memoria anti mafia / Michele Reina, politico DC ucciso da Cosa Nostra

Il 9 marzo del 1979 Reina decise di uscire insieme alla moglie Marina Pipitone e due amici, ovvero Mario Leto, direttore amministrativo della “Corvo” e amico di infanzia, e la moglie di quest’ultimo. Le due coppie si trovavano in via Principe di Paternò quando, improvvisamente, una macchina ambigua e sconosciuta si pone al lato della macchina di Michele Reina. Da questa macchina scendono due ragazzi a volto scoperto che tenevano in mano una calibro 38 e spararono a Reina che morì sul colpo. Michele Reina fu colpito da tre colpi: uno al collo, uno alla testa e l’ultimo al torace.

Mario Leto e la moglie si trovavano ancora con Michele e Marina, e Leto, che era ferito alla gamba, estrasse una pistola e sparò ai due assassini. “Non abbiamo capito niente. Uno dei due killer mentre sparava ghignava tanto che m’è parso ridesse”. Queste sono le parole che Leto racconta ai cronisti. La macchina da cui scesero i ragazzi era una Fiat Ritmo. Questa risultava rubata poche ore prima dell’omicidio e che la targa non apparteneva a quella macchina ma ad una Fiat 128, rubata intorno alle 19.

Michele Reina / Omicidio mafioso o terroristico 

Le forze dell’ordine individuano due piste. Da un lato si pensa ad un atto di terrorismo, in quanto siamo negli anni Settanta. Dall’altro lato invece l’omicidio si considerava di matrice mafiosa, dato che ci troviamo pur sempre a Palermo, considerato il centro della mafia siciliana. Viene fatta una telefonata anonima, prima di mezzanotte dello stesso giorno dell’omicidio, al centralino del Giornale di Sicilia. Una voce afferma “Abbiamo giustiziato il mafioso Michele Reina”.

“Prima Linea” rivendicò l’omicidio. Questo era un gruppo armato del tempo, uno dei più attivi per quanto riguarda il Terrorismo Rosso. Il giorno dopo dell’omicidio, di mattina, arriva un’altra telefonata al centralino de L’Ora, firmata a nome delle “Brigate Rosse”. In questa chiamata venivano dette le seguenti parole: “Faremo una strage se non sarà scarcerato il capo delle Brigate Rosse, Renato Curcio”. Chi chiama sostiene di parlare a nome delle Brigate Rosse. Ma gli inquirenti non credono alla pista terroristica. E infatti giorni dopo da Prima Linea sottolineano la totale estraneità all’omicidio. Nel 1984 Buscetta si pente e rivela: “Anche l’onorevole Reina è stato ucciso su mandato di Salvatore Riina”.

Michele Reina / La svolta nelle indagini 

La pista dell’omicidio terroristico sembrava inverosimile agli investigatori. Si pensava che fosse una mossa della mafia per sviare le indagini. Le indagine andarono avanti a lungo. Solo il 16 luglio del 1984 si ebbe qualche cambiamento. In questa data Tommaso Buscetta fece un lungo racconto sull’organizzazione criminale di Cosa Nostra, davanti a Giovanni Falcone e Giovanni De Gennaro (dirigente Criminalpol. Buscetta affermò che era stato Riina ad ordinare l’omicidio di Reina. Per Cosa Nostra un avvicinamento della Dc ai comunisti rappresentava un pericolo enorme e fu sicuramente questo uno dei motivi che spinse Totò Riina e i suoi a dare il via ad un altro eccellente delitto.

Michele Reina / La dichiarazione di Mannoia e l’accusa di Marina Pipitone

Francesco Marino Mannoia, dichiarò davanti al giudice Falcone che la causa dell’omicidio era la vicinanza di Reina all’Onorevole Mattarella. Aggiunse anche che l’omicidio aveva indubbie caratteristiche politiche. Mannoia decise di non rivelare i rapporti di Cosa Nostra con la politica perché lo Stato non era pronto a tali rivelazioni. Marina Pipitone, nel luglio del 1989, decise di presentarsi davanti al giudice Falcone. La donna aveva visto le foto di Valerio Fioravanti sui giornali e affermava di notare una certa somiglianza con il killer del marito. L’uomo non venne, però, messo in carcere perché nei giorni dell’omicidio non si trovava a Palermo ma a Roma per compiere una rapina.

Michele Reina / Rinvio a giudizio per i membri della Cupola

Il giudice Natoli decise di rinviare a giudizio per il delitto Reina i membri della “Cupola” di Cosa Nostra sulla base delle dichiarazioni di Buscetta. Egli infatti dichiarava che omicidi di un certo rilievo non potevano avvenire senza l’assenso del vertice mafioso. Tra questi vi erano: Michele Greco, Salvatore Riina, Bernardo Brusca, Francesco Madonia e Antonino Geraci.

               Clara Bonvissuto