“Talvolta si tende a circoscrivere il termine ‘carità’ alla solidarietà o al semplice aiuto umanitario. È importante, invece, ricordare che massima opera di carità è proprio l’evangelizzazione, ossia il ‘servizio della Parola’. Non v’è azione più benefica, e quindi caritatevole, verso il prossimo che spezzare il pane della Parola di Dio, renderlo partecipe della Buona Notizia del Vangelo, introdurlo nel rapporto con Dio: l’evangelizzazione è la più alta e integrale promozione della persona umana”: lo afferma papa Benedetto XVI nel messaggio per la Quaresima 2013 sul tema: “Credere nella carità suscita carità – ‘Abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi’ (1 Gv 4,16)”, presentato il 1° febbraio nella sala stampa vaticana. Il rapporto “fede-carità” viene sviluppato dal Papa su un duplice binario: il primo, teologico, nel quale analizza come la fede costituisca “una risposta all’amore di Dio” e la carità, a sua volta, una manifestazione concreta della “vita nella fede”. E il secondo, invece, più pratico ed esperienziale, nel quale il credente è chiamato a mostrare, tramite le “concrete opere di carità”, quanto la sua vita sia cambiata dopo aver sperimentato “l’amore di Dio”.
Una personale adesione. “All’inizio dell’essere cristiano – scrive il Papa, richiamando l’Enciclica ‘Deus caritas est’ – non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva… Siccome Dio ci ha amati per primo, l’amore adesso non è più solo un ‘comandamento’, ma è la risposta al dono dell’amore, col quale Dio ci viene incontro”. La fede, così, “costituisce quella personale adesione – che include tutte le nostre facoltà – alla rivelazione dell’amore gratuito e ‘appassionato’, che Dio ha per noi”. Benedetto XVI sottolinea, tuttavia, che “questo è un processo che rimane continuamente in cammino: l’amore non è mai concluso e completato” e, anzi, il cristiano “è aperto in modo profondo e concreto all’amore per il prossimo” in una disposizione profonda alla carità. Quest’ultima, poi, viene presentata come un “camminare nella verità”, cioè un dinamismo interiore ed esteriore che, mentre avvicina progressivamente all’“amore di Dio”, muove il credente a “mettere in pratica” questo amore ricevuto, beneficiando gli altri, specie i più bisognosi.
Tra fideismo e attivismo moralista. Il Papa ammonisce, a questo punto del messaggio per la Quaresima, su un rischio che oggi si può facilmente correre. Scrive infatti che “risulta chiaro che non possiamo mai separare o, addirittura, opporre fede e carità. Queste due virtù teologali sono intimamente unite ed è fuorviante vedere tra di esse un contrasto o una “dialettica”. Da un lato, infatti, spiega, “è limitante l’atteggiamento di chi mette in modo così forte l’accento sulla priorità e la decisività della fede da sottovalutare e quasi disprezzare le concrete opere della carità e ridurre questa a generico umanitarismo”. Ma, “dall’altro, è altrettanto limitante sostenere un’esagerata supremazia della carità e della sua operosità, pensando che le opere sostituiscano la fede. Per una sana vita spirituale è necessario rifuggire sia dal fideismo che dall’attivismo moralista”. È a questo punto che Benedetto XVI approfondisce il significato di “carità”, collegandolo alla sua forma più alta, che consiste nell’evangelizzazione. Citando Paolo VI, afferma infatti che “l’annuncio di Cristo è il primo e principale fattore di sviluppo”. E per spiegare questa verità aggiunge che “le opere della carità non sono frutto principalmente dello sforzo umano, da cui trarre vanto ma nascono dalla stessa fede”, di fatto testimoniando Cristo.
Guardare al futuro con speranza. Nella parte finale del messaggio, il Papa ritorna sui contenuti teologali del rapporto fede-carità. Ricorda che “la fede, dono e risposta, ci fa conoscere la verità di Cristo come Amore incarnato e crocifisso, piena e perfetta adesione alla volontà del Padre e infinita misericordia divina verso il prossimo”. Questa stessa fede “ci invita a guardare al futuro con la virtù della speranza, nell’attesa fiduciosa che la vittoria dell’amore di Cristo giunga alla sua pienezza”. E, sull’altro versante, “la carità ci fa entrare nell’amore di Dio manifestato in Cristo, ci fa aderire in modo personale ed esistenziale al donarsi totale e senza riserve di Gesù al Padre e ai fratelli”. Il messaggio quindi richiama ogni credente a interrogarsi se la propria fede sia davvero “orientata alla carità” e se “si rivela genuina”, cioè se si traduce in opere concrete. In questo senso Benedetto XVI definisce la carità “compimento di tutte le virtù”.