Metodo scientifico / La medicina nella storia del processo sperimentale

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Galileo Galilei

Durante il seminario Comunicare il metodo scientifico oggi, avvenuto lo scorso 11 novembre, i relatori hanno posto particolare attenzione nella descrizione della storia della ricerca sperimentale. Enza Maria Magnasco, docente laureata in filosofia, si è soffermata sull’analisi dei paradigmi della scienza a partire dal XVI secolo fino ad arrivare all’età contemporanea. Rosario Brischetto, medico specialista in medicina interna, ha invece illustrato alcuni specifici momenti storici che hanno contribuito all’arricchimento della ricerca in campo clinico.

Galileo Galilei (1564-1642), matematico e filosofo italiano, è una importante figura che ha introdotto in maniera formale il metodo scientifico e ha contribuito, insieme a nomi quali Niccolò Copernico e Giordano Bruno, alla rivoluzione geocentrica. Nel campo della ricerca ha formalizzato quello che chiamiamo “metodo sperimentale”, descritto così dalla dottoressa Magnasco: “Il sistema galileiano parte dall’osservazione e in base a essa procede all’ipotesi. L’ipotesi è un tentativo di spiegazione dei fenomeni, [inizialmente] non provata e non documentata. Subito dopo si procede alla raccolta dei dati e alla loro matematizzazione. Significa che questi dati grezzi devono essere tradotti in termini matematici”. Il passo successivo è quindi quello di fornire non più dati qualitativi ma quantitativi attraverso il processo di matematizzazione:

 galileo galilei
Galileo Galilei

“[il processo avviene] scindendo le proprietà dell’oggetto in due proprietà fondamentali: le primarie, tipiche dell’oggetto, inamovibili: le dimensioni, la forma, la posizione nello spazio, il movimento. Le secondarie [sono] proprietà soggettive che dipendono dai sensi, colori, suoni e sapori. Le proprietà primarie possono essere tradotte in quantità”. Ciò mette a disposizione dei ricercatori dei dati univoci che possono essere condivisi tra vari soggetti senza ambiguità di sorta. Il modello così descritto non appartiene però esclusivamente al periodo storico di Galilei. In epoca classica, medici e filosofi aveno già intuito l’importanza della raccolta di prove in maniera sistematica e inequivocabile.

Metodo scientifico / Le origini della sperimentazione

Oltre a delineare le caratteristiche del sistema sperimentale, Rosario Brischetto ha parlato di come il grande medico Ippocrate (460-377 a.C.) avesse già cercato di formalizzare un sistema basato sulla razionalità. Analizzando alcune malattie del suo periodo, specialmente la peste di Tebe, propose di procedere al loro studio secondo un processo sequenziale. Osservazione, ipotesi e sperimentazione erano i passaggi obbligati per ottenere delle informazioni che potessero smentire o confermare una certa teoria. Il dottor Brischetto precisa che anche la medicina egiziana dei secoli precedenti a Ippocrate sosteneva, parafrasando, di “osservare la realtà e ignorare le interpretazioni trascendentali”. La storia in campo clinico del metodo scientifico può essere raccontata partendo da un particolare episodio che vede protagonista l’ufficiale medico James Lind (1716-1794):

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James Lind

La prima sperimentazione clinica fu quella praticata da James Lind, ufficiale medico della nave inglese Salisbury. Le navi che allora facevano lunghi viaggi erano flagellate da una malattia, lo scorbuto. Oggi sappiamo che è dovuto alla mancanza di vitamina C, perché gli equipaggi non mangiavano né agrumi né frutta fresca. Lind divise i malati in sei gruppi da due, trattando ogni gruppo con una cura diversa, di quelle che si proponevano allora per lo scorbuto. […] si accorse che i due malati trattati con succo di limone e arancia guarirono velocemente.

Senza tale raccolta di informazioni alcune delle errate pratiche mediche sarebbero forse state usate per molto tempo. Questo perché si ricorreva a soluzioni suggerite da un’osservazione sommaria dei fatti, guidata da una concezione della realtà in balia di forze inafferrabili. Il drammaturgo Sofocle proponeva che la già citata peste di Tebe fosse dovuta all'”ira degli dei”. Oppure, basti citare le gesta di François Broussais (1772-1838), medico fisiologo francese, che ricorreva spessissimo ai salassi come cura omnia; di lui si dice che “aveva fatto scorrere più sangue di Napoleone”.

Metodo scientifico / Il Metodo in età moderna

Non bisogna pensare però che le soluzioni adottate a partire dal XVI secolo siano rimaste invariate in virtù della correttezza intellettuale di chi le ha proposte o della loro integrità concettuale. Sappiamo che il modello meccanicistico dell’universo proposto da Galileo venne poi messo in discussione dagli studi del XIX secolo, a causa delle scoperte nel campo dell’elettricità e del magnetismo. Come spiega la dottoressa Magnasco: [il modello meccanicistico] alla fine dell’800 ha cominciato a entrare in crisi. Allora l’epistemologia ha tentato di far quadrare i conti provando dei sistemi che potessero far rientrare in questo modello anche i nuovi fenomeni.

Ciò non successe, infatti nessuna scoperta rimane perennemente invariata di fronte alle prove evidenti dell’esistenza di nuovi fenomeni. L’epistemologia contemporanea, grazie soprattutto all’azione di alcuni studiosi del ‘900, ha messo in evidenza che non esistono paradigmi stabili […], le teorie scientifiche non devono essere necessariamente confermate […], è necessario provare a smentirle. Il tentativo di smentita diventa il percorso più efficace per raggiungere la verità.

La natura della scienza non è dogmatica, in opposizione a quella delle religioni, eppure entrambe ambiscono a raggiungere quella che noi chiamiamo verità. Nella storia del metodo scientifico bisogna attentamente distunguere tra le verità che possono essere raggiunte tramite questi particolari costrutti umani. Galilei diceva che il futuro della scienza è quello di essere esposta agli occhi di tutti e che le religioni dovessero fare i conti con le nuove leggi che la ricerca avrebbe scovato. Il prezzo da pagare sarebbe stato quello di marchiare la religione come un sapere da ignoranti e superstiziosi. Come conclude la dottoressa Magnasco, citando le parole del fisico italiano: Dio ha scritto due libri; il grande libro della natura e i libri delle scritture e li ha posti entrambi davanti i nostri occhi perché noi li leggessimo, studiassimo e conoscessimo.

Simone Corsaro