Lo diceva il poeta Eliot negli anni ’20: non crediate che, eliminando certe premesse proprie delle esperienze religiose, restino poi in vita i valori che ne conseguivano. Se si toglie il senso della fratellanza fondata propriamente in una esperienza religiosa, difficilmente rimane in vigore il trattarsi bene, con rispetto. Sembra ovvio, ma non lo è.
Spesso si mormorava così. Un tempo, e anche ora. Si diceva, magari a denti stretti: “non c’è più religione…”. Lo si diceva quando le cose che ti si paravano dinanzi erano troppo brutte, o strane. E in questi giorni con le stazioni stipate di disperati in transito, i colpi di machete sui controllori, i poveri cristi sugli scogli, forse l’espressione sarà tornata alle labbra di qualcuno. Come se qualcosa di profondo, di radicale fosse mutato. Non c’è più religione, come dire non c’è più quella cosa che permette all’uomo di essere uomo. Che lo lega al cielo e agli altri uomini. Religione, re-ligo, che lega le cose fondamentali, che tiene insieme, che mette in relazione quel che se si slega trascina nella malora le cose.
Quando qualcosa sembra impazzire, diventare oscuramente sfuggente, quando – come accade in certi fatti di cronaca o in certe tragedie – c’è qualcosa di troppo feroce, di troppo confuso, qualcosa di troppo violento, ecco sembra perso quel che invece almeno, in fondo, dovrebbe tenere. Dovrebbe legare, far reggere almeno le cose più importanti, ultime. E invece no, non c’è più religione, ti viene da dire quando vedi certi fatti, o ascolti certi discorsi violenti, certe cose fintamente intelligenti che semplicemente se ne fregano della realtà vera e dolente. Perché se viene meno la religione, la forza che tiene insieme le cose fondamentali della vita con il loro senso, allora succede che le cose vanno in malora. Che vanno in malora prima di tutto gli occhi, i cuori. Gli occhi con cui guardi e i cuori che sentono la vita, e che invece quasi non si commuovono più, nemmeno se la stazione della Milano dell’Expo diventa un accampamento profughi.
Senza religione, quella cosa che ha motivato tanti cuori e tante mani a prendersi cura di tante cose, bambini, poveri, prendersi carico di cose situazioni sofferenze, senza quella cosa che ha insegnato – in vari modi – che un uomo è un figlio di Dio come te, un fratello, una realtà sacra, allora hanno più facilmente corso gesti orrendi, reazioni tanto stupide quanto crudeli. Naturalmente, si tratta di una diseducazione quotidiana, annuale, secolare che ha tentato di cancellare il segno della religio, del senso religioso nel cuore degli uomini. Diseducando, diminuendo, avvilendo quel sentimento religioso che per secoli – specialmente nel nostro paese – ha motivato un sacco di gente a prendersi cura delle cose, a cercar di far bene un mestiere, a far bene anche un dovere, e a trattare bene le persone, i fratelli.
Non mi stupisco che questa generale diseducazione del senso religioso coincida con un aumento della malora, del trattar male le persone, le cose. Non c’è più religione, ma non si tratta di rimpiangere tempi andati. Non sono mai migliori i tempi andati, non è detto lo siano. Ma se in questo tempo viene mortificato il senso religioso allora vengono meno le conseguenze di una educazione che tende a trattare bene le cose, con realismo e passione. Lo diceva il poeta Eliot negli anni ’20: non crediate che eliminando certe premesse proprie delle esperienze religiose, restino poi in vita i valori che ne conseguivano. Se si toglie il senso della fratellanza fondata propriamente in una esperienza religiosa, difficilmente rimane in vigore il trattarsi bene, con rispetto. Sembra ovvio, ma non lo è.
A furia di negare principi religiosi da cui discendevano – in vario modo, spesso con fantasia, e con tutti i passaggi della cultura temporale che quei principi venivano incarnando – ora se ne sono smarrite le conseguenze. Quando si sente qualcuno dire che non ci sono più valori, bisogna avere il coraggio di chiedere: quali? E cosa rende quelle idee “valori” ? Si vedrebbe, se si avesse quel coraggio, che senza un principio religioso, senza un senso di legame tra l’uomo, l’altro uomo e il destino, tali idee che vengono chiamate valori perdono di mordente, di persuasività, di forza. E di efficacia. In questi mesi dove la marea montante di una malora in molti campi sale, lo sgomento e il senso di non sapere dove appigliarsi, da dove prendere forze e energie per rispondere, è diffuso. Come se non ci fosse più rimedio. Come se la malora, se la tamponi da un lato, uscisse dall’altro. E viene da dire: non c’è più religione, e forse non si sa che si sta dicendo una cosa giusta. Una cosa esatta.
Davide Rondoni