Mind wandering: fenomeno naturale della mente vagante

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mente vagante

Il fenomeno del mind wandering è una condizione per cui la nostra mente diventa vagante, rendendoci disattenti e sovrappensiero. Vi sono diversi studi neuroscientifici a riguardo, che ne analizzano gli aspetti positivi e quelli più disfunzionali.

Mind wandering: la mente vagante / Cos’è?

Fantasticare sul nostro futuro, rivivere momenti passati, parlare con sé stessi, perderci nei nostri pensieri distaccandoci dal momento presente, sono solo alcuni esempi della complessità e fluidità della nostra attività mentale. La “mente vagabonda” viene trattata dalla letteratura internazionale nei termini di mind-wandering, daydreaming, stimulus-indipendent thought,task-unrelated thought, zoning-out. Un fenomeno universale e comune, che riguarda ogni essere umano. Occupa sorprendentemente quasi il 50% della nostra vita mentale durante lo stato di veglia, portandoci a distrarci da ciò che si sta facendo e dalla realtà circostante.

Capita a tutti di guidare, sostenere una conversazione, svolgere dei compiti quotidiani e sperimentare il fenomeno del “perceptual decoupling“, ovvero “disaccoppiamento percettivo.”  E’ quella condizione che ci porta a fare qualcosa mentre la nostra attenzione è direzionata altrove, su qualcosa della quale non si ha piena coscienza.
Le neuroscienze hanno studiato i meccanismi neurali coinvolti nel mind wandering, scoprendo il Default Mode Network (DMN). Si tratta di una rete neurale che comprende la corteccia prefrontale mediale, la corteccia cingolata posteriore e le cortecce infero-parietale e temporale. L’attività corticale di questo network si riduce in modo significativo durante compiti cognitivi, mentre incrementa la sua attivazione quando il cervello è a riposo.

Lo stress, gli stati emotivi negativi, oltre a fattori come la mancanza di sonno, possono causare un aumento eccessivo del mind wandering. In questo caso, il soggetto può avere più difficoltà nelle sue attività quotidiane.

Mind wandering / La mente vagante: effetti negativi

Un vagabondaggio mentale troppo frequente può portare a confusione, stress, ansia, stanchezza mentale. Ma anche incapacità di mettere a fuoco i pensieri, difficoltà nel prendere decisioni per la mancata chiarezza, incapacità di riconoscere e di comprendere le situazioni. Possono manifestarsi difficoltà nella comprensione durante la lettura e nel mantenere l’attenzione per periodi prolungati di tempo.

Un’altra conseguenza piuttosto frequente è un allentamento delle nostre capacità di memoria di lavoro, un sistema che è strettamente correlato alle nostre stesse facoltà intellettive, causando performance più scadenti a livello cognitivo. Ne verrebbero influenzate anche le nostre emozioni, portandoci ad essere meno felici e amplificando disturbi di tipo ansioso e/o depressivo. Il mind wandering in esubero causa un consumo più elevato di risorse cognitive. Può quindi generare più probabili fallimenti professionali e scolastici, errori medici, incidenti domestici ma anche stradali. Si stima infatti quanto la disattenzione dei conducenti sia una variabile molto rilevante nella dinamica degli incidenti stradali. Capita che le fonti di distrazione siano esterne (come i cellulari), ma spesso l’attenzione si sposta semplicemente dalla guida del veicolo ai propri pensieri.

Mind wandering / La mente vagante: massimizzare gli effetti positivi riducendone i danni

Porsi delle domande, mettendo in moto la propria capacità di pensiero e confrontandosi con gli altri, può certamente aiutare ad attivare la curiosità e porre degli argini al mind wandering. Vi sono anche numerosi esercizi di attenzione e tra i diversi training mentali implementati negli anni, la mindfulness sembra essere uno degli strumenti più validi per il rafforzamento della concentrazione.

Si tratta di regolare questo fenomeno che comunque è naturale e proprio dell’essere umano e racchiude in sé diverse proprietà positive, funzionali e adattive. Infatti sembrerebbe connesso alle nostre capacità di pianificazione futura e ad un incremento della creatività. Migliorerebbero anche le prestazioni in un tipo di problem-solving in cui la soluzione non si raggiunge tramite strategie analitiche quanto piuttosto attraverso un insight creativo. La nostra tendenza al zoning-out può inoltre fornirci forme di “autostimolazione” vantaggiose poichè riescono ad alleviare la noia provata durante lo svolgimento di compiti lunghi e ripetitivi.  Come ha mostrato anche Ben Stiller (nella foto accanto) nel suo I sogni segreti di Walter Mitty, il divagare della mente è anche un’opportunità e una fonte di ricchezza per la nostra vita.

                                                                                       Maria Maddalena La Ferla